Strana sorte quella toccata al folignate Domenico Roncalli Benedetti (1843 – 1910), patriota garibaldino di seconda generazione, di quelli cioè che a causa della giovane età combatterono per l’Unità d’Italia dopo la spedizione dei Mille, fino a Porta Pia (20 settembre 1870), ma anche insigne uomo politico e pubblico amministratore, vissuto tra la seconda metà dell’800 e il primo decennio del ‘900. Volontario garibaldino nel 1866, partecipò alla battaglia di Bezzecca e nel 1867 alla campagna di Mentana.
Docente e direttore della storica Scuola di Arte e Mestieri, divenuta poi il Regio Istituto Industriale, Domenico Benedetti Roncalli, di grande fede repubblicana, fu eletto più volte consigliere comunale ed assessore, distinguendosi, come unanimemente riconosciuto, per assiduità, impegno e competenza.
Ricoprì anche la carica di Presidente della Congregazione di Carità, riformando in senso laico l’orfanotrofio maschile e quello femminile.
Di grande rilevanza il suo archivio privato, donato dalla moglie, Aleandra Bartolomei, al Comune e attualmente conservato all’Archivio di Stato di Foligno.
Si tratta di un’importante documentazione che conserva preziose testimonianze relative alle attività amministrative e politiche, alle manifestazioni culturali e alle iniziative laiche svoltesi a Foligno tra Ottocento e Novecento.
Il valore di Roncalli è ampiamente riconosciuto, ma sul versante della memoria gli è toccata al tempo stesso: la rimozione, la valorizzazione e la dimenticanza.
Cominciamo con la rimozione: c’è una grande lapide (vedi foto) collocata sulla facciata del Palazzo municipale, fatta apporre dalla massoneria umbra nel 1911, un anno dopo la sua morte, che ne svela il valore “Fede repubblicana, onestà intemerata, sapienza civile”. Ebbene, pochi sanno che quella lapide fu fatta rimuovere nel 1923 dall’assessore alla cultura del tempo, mons. Michele Faloci Pulignani, esponente di spicco della Giunta fascista di quel periodo, che avversò sempre il pensiero risorgimentale di Roncalli, o forse perché memore di un sonoro ceffone da lui ricevuto dopo un’accesa disputa politica.
Se la lapide è tornata, come giusto, al suo posto, lo si deve all’intervento del primo sindaco di Foligno dopo l’avvento della Repubblica, cioè all’avv. Italo Fittajoli che nel 1946 la fece ricollocare sulla facciata del Palazzo municipale, cancellando così quell’insensata rimozione.
Ad un altro sindaco, a Manlio Marini, si deve invece l’opportuno intervento di restauro che consente oggi ad ognuno di leggere agevolmente l’epigrafe deteriorata dal tempo.
Ad illustrare alla comunità folignate e agli appassionati di storia civica la figura dell’insigne cittadino ci ha pensato il prof. Fabio Bettoni, storico e docente universitario, che ne ha curato la biografia, nel libro “Domenico Roncalli Benedetti. Una Vita”, (edizione ‘Il Formichiere’), tratta dagli appunti della moglie, Aleandra Bartolomei.
Pensato per i 150 anni dell’Unità d’Italia, il libro è stato presentato domenica scorsa nella corte della taverna del Rione Pugilli, alla presenza di un pubblico numeroso e attento. Nonostante la fredda mattinata, gli interventi dei vari relatori (vedi foto) hanno reso piacevole ed interessante l’iniziativa.
La pubblicazione del libro e la sua presentazione, sono dovute all’Officina della Memoria, al Comune di Foligno, e alla Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno, che cancellano così oltre un secolo di amnesia storica, ridando a Domenico Roncalli Benedetti ciò che gli era dovuto. Non resta quindi che immergersi nella lettura del libro curato da Bettoni. Ma nei confronti dell’emerito cittadino Roncalli Benedetti c’è tuttora un’inspiegabile dimenticanza che ha dell’incredibile.
Al suo nome, infatti, il primo sindaco della Liberazione, Italo Fittajoli, decise di intitolare l’attuale Piazza del Grano, con delibera unanime n° 195 datata 30 dicembre 1944, (vedi foto) con la seguente motivazione ‘all’illustre capo della democrazia umbra’. Quell’atto non ha avuto mai esecuzione, ne è stato mai revocato. Sono passati quasi 70 anni.
Dopo Fittajoli si sono succeduti a Foligno altri 10 sindaci, i quali potevano anche non sapere di quella delibera, che è rintracciabile da chiunque alla sezione folignate dell’Archivio di Stato, con ingresso in Piazza del Grano (o forse dovremo dire in Piazza Domenico Roncalli?).
Una dimenticanza durata 70 anni è troppo lunga per qualsiasi regime, figuriamoci per quello democratico!