Guardi Troilo VS Cressida e osservi l’inganno della messa in scena. Non più la consapevolezza del teatro di scrittura ma la costruzione di un microcosmo molto prossimo al nirvana. E gli autori (traduzione e adattamento) Ricci-Forte, al secolo Stefano Ricci e Gianni Forte, conoscono alla perfezione l’effetto che le loro operazioni producono sullo spettatore. Dal disorientamento, al coinvolgimento sensoriale, dalla voglia di curiosare dal buco della chiave, alla passione sfrenata per testi e drammaturgia che mescolano, come in questo caso, elettronica, Rosa Balistreri e testi dall’Isola che non c’è di Edoardo Bennato ed infine, dalla sola enorme e inesauribile curiosità di vedere come va a finire. Il tempismo delle loro citazioni è di un fascino sublime e molto prossimo alla innocenza infantile. In una loro recente intervista avevano del resto già detto di avere avuto proprio Peter Pan come ispirazione per questo lavoro.
Ricci-Forte tornano a Spoleto e questa volta al Festival dei Due Mondi. In città non è la prima volta che il duo sulfureo del teatro contemporaneo italiano lascia traccia. Nel settembre del 2015 misero in scena per il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto l’opera Christmas Eve del giovane compositore Andrea Cera. Ricci-Forte si occuparono della drammaturgia e regia ed anche in quella occasione fu un tripudio di “panettoni di fango” e “pastarelle di cemento armato” con citazioni musicali di Bruno Martino.
Al Lirico Sperimentale in scena il rito tribale di “Christmas Eve”
Alla fine della fiera il duo è di quel genere che si ama o si odia. Non ci sono mezze misure.
Prendere Shakespeare, in special modo una sua opera (forse un falso medievale ndr.) che nella “perfida Albione” fu definita senza troppe smancerie, “Un cumulo di spazzatura” anche per i sui espliciti riferimenti di natura sessuale (la storia tumultuosa della relazione tra Troilo e Cressida nel contesto del dramma troiano) e riscriverla in modo tale che il voyerismo dello spettatore sia solleticato da tutto meno che dal corpo umano in “frecola” impegnato, ha del genio.
“Fate l’amore con il sapore”, direbbe un famoso claim pubblicitario, per cui diventa feticismo puro addentare uno scarpone con l’intenzione più o meno palese di mordere la vita materiale per succhiarne via il senso spirituale, mentre diventa erotico oltre misura osservare il coro strillacchiare a più non posso in dialetto siciliano le gesta di corna tra greci e troiani. Il corpo è scenografia e la scenografia si fa corpo, al bisogno. E’ seduzione pura lo sforzo, una volta indossati i famosi scarponi che hanno il potere di tenere tutti incollati al pavimento, di fare anche un solo passo, spesso al prezzo di movimenti blasfemi.
A tratti la scrittura di Ricci-Forte diventa odorosa come il famoso e turpe saggio di Antonin Artaud su Eliogabalo. Un fatto esplicito, storico appunto, e senza mediazioni, asservito alla urgenza catartica di chi legge. Il potere che da umano si fa deistico e fideistico. Il Dio in terra.
E se il corpo materiale impiccia, allora Ricci-Forte lo destruttura. Spogliarlo è il minimo. È dissezionarlo il difficile. Meglio farlo sudare nella speranza che evapori completamente e tolga allo spettatore la voglia di sangue e carne che da sempre condiziona il gran ballo della società umana. Allora invece di un abbraccio stretto e seducente diventa utile simulare una faticosissima attrazione, fatta di sforzi sovrumani. E per finire dipingersi di bianco, nella speranza che un giorno tutto cambi e si possa fare altro del tipo, “mi dipingevo le mani e la faccia di blu, poi d’improvviso venivo dal vento rapito e incominciavo … a volare nel cielo infinito…”. Mimmo Modugno la sapeva lunga in fatto di sogni.
Come sempre straordinari i ragazzi del Teatro Biondo di Palermo, “figli” di Emma Dante e intatti e belli nella loro condizione di attori feticcio per Ricci-Forte, Anna Gualdo, Giuseppe Sartori e Piersten Leirom.
Se non vi fidate di Shakespeare, almeno assaggiate la succulenta tentazione di Ricci-Forte e “Fate l’amore con il sapore”.
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Foto: profilo Fb ufficiale Ricci-Forte