di Antonio Cappelletti (*)
Il nostro Festival, è noto, va difeso comunque è sempre per il fatto che costituisce un occasione che continua a qualificare nel mondo la nostra città.
In questo senso occorre a volte far buon viso a cattivo gioco poiché può accadere che la critica, in determinate circostanze, possa rischiare di distruggere anziché migliorare.
Il dibattito sui finanziamenti al settore artistico di questi ultimi tempi, ha sempre posto l’accento sul fatto che la crisi economica ed i tagli che si rendono indispensabili, non debbano penalizzare i fondi destinati all’arte , perché si tratterebbe di penalizzare quel superiore anelito al quale ogni società deve aspirare per progredire. E questo è giusto , giustissimo.
Occorre tuttavia chiedersi se nel momento storico nel quale viviamo l’arte debba sapere anche creare e formare una cultura. Mi domando quindi quale effetto possa creare sentire le parole di Ferrara che sostiene che per far bene questo Festival occorrerebbero almeno 14 milioni di euro, circa un milione di euro al giorno, mentre i telegiornali passano le notizie sul possibile rischio di crisi del paese Italia.
La società occidentale si trova in questo momento a dover riconsiderare un proprio modo di pensare , si trova a dover imparare che la disperazione che deriva dalla crisi, può essere tramutata nella speranza, speranza di capire che la felicità non deriva da quanto si consuma , da quello che si ha , ma da quello che si è da quello che si impara ad essere. E’ un momento, ritengo, di svolta epocale nel modo di pensiero del nostro mondo.
In questo l’arte deve contribuire con idee che segnino un esempio, che offrano un aiuto a questo cambiamento, che , è bene precisare, non costituisce rassegnazione ad avere di meno, ma nuova educazione sul fatto che se si ha di meno si può essere comunque felici se ciò che ci anima è, anche, la nostra cultura.
Ecco perché trovo le parole di Ferrara immorali nel momento storico che attraversa la nostra società, non perché semplicemente chiedono, ma perché concorrono ad alimentare quel concetto secondo il quale si è solo se si ha.
L’arte dovrebbe oggi offrire qualcosa di diverso idee, speranze, non fermarsi allo strato superficiale al quale siamo ancora tutti ancorati. Credo che questo sia il limite attuale del nostro Festival, la mancanza di un respiro più ampio , che certo non può arrivare solo dall’incremento dei finanziamenti. Questo tipo di mancanze concorrono poi a far si che, chi quelle idee mette in campo, ricercando prima di tutto emozioni , magari organizzando ed eseguendo magistralmente un concerto con pochi soldi, venga emarginato perché portatore di concetti e cultura foriera di mettere in crisi dogmi esattamente contrari.
(*) Consigliere comunale Lista Rinnovamento