Il Festival dei 2Mondi di Spoleto donerà alla città un magnifico concerto di Neri Marcorè & Band, Regalo riciclato come capita tra parenti
La prima impressione che si ha, nell’apprendere la notiziona che – come regalo post-Natale – il Festival dei Due Mondi di Spoleto donerà alla città un magnifico concerto di Neri Marcorè & Band, è esattamente come quella di quando ricevi un pacchetto natalizio tardivo, frutto di riciclaggio senza ritegno, da parte di un parente scomodo.
Sull’argomento ce ne potevamo stare in silenzio del resto, perchè a caval donato non si guarda in bocca, ma ultimamente sembra che il Festival e i suoi condottieri, come si dice a Spoleto, “ce mettono l’ali” per fare cose, definiamole, suggestive.
Qualche birbaccione impudente ora si sperticherà a dire che il “qui presente assente” non ama Neri Marcorè o ce l’ha a prescindere con i condottieri festivalieri, tentando di spostare l’argomento sulla conseguenza finale di un fatto, mentre a noi piace andare alle radici della causa scatenante il fenomeno.
Neri Marcorè è molto bravo
Cominciamo con il dire che Neri Marcorè è uno splendido attore, forse anche più della sua innata comicità, innegabilmente legata al prototipo dello spilungone allampanato e maldestro. Tante sue caricature sono dei must (vedi quella su Alberto Angela) e molte sue prove d’attore (vedi il protagonista principale de “Il cuore altrove” di Pupi Avati) sono state premiate anche con il prestigioso David di Donatello.
Marcorè è senza dubbio uno straordinario protagonista del mainstream catodico-spettacolare e basta fare un salto nella sua pagina di Wikipedia per vedere quanto è presente in tutti i settori possibili dello show.
Da più di un paio d’anni sta anche girando l’Italia con il progetto musicale Le mie canzoni altrui nel quale, da ottimo cantante con vocione baritonale intonato, da onesto chitarrista di strumento classico e con alle spalle una band salvifica- di quei maestri insuperabili di studio che sanno suonare tutto perché in possesso dell’orecchio assoluto- ripropone le cover di cantautori e altri brani famosi in una scaletta da intrattenitore di lusso per un pubblico molto più che adulto.
Parliamo ovviamente senza lingua biforcuta, perché appartenenti alla categoria dei 60enni che nella metà degli anni ’70, da poco meno che adolescenti, si affacciavano curiosi per osservare le prime avvisaglie concrete, trasmesse dalle Radio libere, del successo cantautorale: De Andrè, Gaber, De Gregori, Guccini, Finardi, Dalla etc etc.
Avanti Pop…
La domanda sorge spontanea: perché il Festival dei Due Mondi punta su uno spettacolo di puro intrattenimento popolare per la sua offerta invernale, che lo ricordiamo fu fortemente voluta e istituzionalizzata dal compianto sindaco Fabrizio Cardarelli? E proseguendo, quale può essere lo scopo o la ratio di una manifestazione internazionale legata alla formula della interdisciplinarietà, nel comprare un comunissimo spettacolo musicale di giro, su cui mettere un marchio prestigioso come quello del Festival? Ed infine, questa scelta non potrebbe sembrare una sorta di profferta con scarsa considerazione del pubblico a cui rivolgersi, al punto di somministrare la cosa più semplice e facilmente reperibile, comprata da qualche agenzia di spettacolo magari all’ultimo minuto tanto per…e spacciandola per un “evento”? E siccome siamo giornalisti e non mercanti nel tempio, lo spettacolo costa a listino, ufficialmente, 12mila euro tutto incluso.
Non stiamo teorizzando l’elitarismo festivaliero che invece era una nota di sottofondo in molti discorsi sentiti dagli orfanelli menottiani degli anni scorsi. Stiamo invece semplicemente cercando di capire come sia possibile, per una manifestazione internazionale come quella spoletina, ritrovarsi a comprare il primo scampolo disponibile sulla bancarella quando invece, per il blasone appuntato al bavero e la consolidata rete di relazioni internazionali, si aveva tutto il tempo di poter programmare uno spettacolo di vaglia da tenersi in teatro.
Il “gigante” Giorgio e la sua ombra
In tutto questo si staglia l’ombra dei precedenti analoghi andati in scena nell’era di Giorgio Ferrara. Ma l’ombra in questione appare a questo punto, decisamente quella di un gigante poiché mai, almeno nei cadeau invernali, si è pensato a intrattenimenti furbetti o di piccolo cabotaggio. Ricordiamo un meraviglioso concerto del grande fisarmonicista Richard Galliano nel 2017, o il Cabaret Yiddish di Moni Ovadia nel 2019, sempre e comunque prodotti originali, anche se in tournée teatrale, ma sempre autenticamente scritti.
E quando invece si decise di mettere in programma in teatro il fenomeno pop-mediatico, come Mahmood, fresco vincitore di Sanremo, lo si fece con l’intento di sparigliare il tavolo puntando su una iperbole cronologica: basta parrucconi al Festival e largo all’Avanguardia. E non vi citiamo volutamente la strofa successiva della famosa invettiva musicale a marchio Skiantos del compianto Roberto Freak Antoni, di cui al link soprastante troverete adeguata spiegazione.
Insomma se la botta la devi fare, allora falla grossa!
L’esperienza del bravo cantante tradizionale del resto la si era già fatta nel 2017 con Fiorella Mannoia e nonostante tutto, fu un successo da 2.500 presenze di cui almeno l’80% paganti. E non biglietti emessi…
Una onesta band di professionisti che esegue cover d’antan da quasi 3 anni, guidata dal personaggione pubblico di turno, che tutti verranno a vedere confidando più sulle battute tra una canzone e l’altra, alla Pippo Chennedy Show, che non invece sui brani musicali che saranno eseguiti fedelmente rispetto alla copia originale magari per fare qualche coro, e infilata di soppiatto al 29 dicembre, rende tutto molto felpato. Un po’ come la lingua del Rag. Ugo Fantozzi quando si trovava in forte difficoltà.
La solita zuppa…con i ceci
Quello che vi mostriamo di seguito è uno dei post di lancio su Facebook dell’appuntamento del 29 dicembre nel quale, manco a dirlo, si osanna il concertone dove per altro il Festival ci aspetta per farci gli auguri.
Magari ricordatevi di portare anche il vischio perchè crediamo si possa puntare anche ad un bacetto benaugurale. Tra le cucchiaiate della solita zuppa ben calda si scorge la magica frasetta “partecipazione esclusiva”, che tutto trasforma in oro, incenso e mirra.
Ora qualcuno di nutriti mezzi intellettivi ci spieghi cosa si intende per “esclusiva” di uno spettacolo che gira l’Italia da 3 anni nella stessa identica formula. E tornando al concetto del regalo post-natalizio col fiocco, l’unica esclusiva possibile la intravediamo solo se Neri, in uno slancio di grande spirito, come solo lui sa fare, si esibisse in una versione techno di Arrizzete Cumpà. Ecco in quel caso siamo pronti a mangiarci un piatto di pasta e ceci, perchè in ginocchio sugli stessi per espiazione non ci è più possibile praticare da tempo.
Ma la punizione minestrata, ci piace lo stesso!