Il pacco alimentare con la droga nascosta inviata ad un nordafricano ma in realtà era destinata ad un italiano: denunciata pure la moglie
Due detenuti e la moglie di uno dei due denunciati per tentativo di spaccio di droga all’interno del carcere di Orvieto. I tre pensavano di farla franca visto che lo stupefacente era nascosto all’interno di alcuni involtini di bresaola, ma così non è stato.
E’ stata infatti la cooperazione tra polizia di Stato e polizia penitenziaria, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Terni, a permettere di individuare i tre presunti responsabili dell’attività di spaccio dentro il penitenziario orvietano.
L’indagine è iniziata diversi mesi fa con la consegna, tramite corriere, di un pacco contenente generi alimentari e destinato a un detenuto di origini nordafricane, recluso presso la locale Casa Circondariale. Agli agenti della Polizia Penitenziaria il pacco ha fatto nascere subito dei sospetti, in quanto il detenuto non risultava avere parenti in Italia; hanno proceduto al controllo dell’involucro ed è emerso che, avvolti in un’abbondante quantità di involtini di bresaola, si celavano quasi 130 grammi di sostanza stupefacente del tipo hashish e marijuana.
La Polizia Penitenziaria ha quindi messo a parte di quanto accaduto il personale della Squadra Anticrimine del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Orvieto, che ha immediatamente informato la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Terni, che ha assunto la direzione delle indagini. E’ iniziata una serie di accertamenti, che hanno consentito di individuare la persona che aveva spedito il pacco. Si trattava della moglie di un altro detenuto nel carcere di Orvieto, un italiano.
L’attività di indagine, lunga e laboriosa, è proseguita per diversi mesi ed ha portato al deferimento di tre persone per traffico di sostanze stupefacenti. I tre presunti autori del reato sono il detenuto di origini nordafricane che ha fatto da tramite, il detenuto italiano reale destinatario del pacco e la consorte di quest’ultimo, per averlo spedito. A carico dell’italiano vi è anche l’accusa di “Accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti” in quanto è emerso anche l’utilizzo all’interno del carcere di un telefono cellulare, poi sequestrato.