«Si poteva fare l’unità d’Italia senza togliere i beni alla Chiesa, non si poteva fare l’unità d’Italia senza togliere alla Chiesa il potere temporale». Questo è solo un passaggio del qualificato intervento che l’On. Prof. Giuliano Amato, Presidente del comitato dei garanti per le celebrazioni del 150° anniversario delle celebrazioni per l’unità d’Italia, ha tenuto martedì 13 dicembre nell’auditorium della Scuola di Polizia di Spoleto, nel corso dell’ultimo incontro di questo 2011 dei “Dialoghi in città”, iniziativa culturale dell’archidiocesi di Spoleto-Norcia.
Dopo il saluto iniziale dell’arcivescovo Renato Boccardo, che ha sottolineato come l’Italia non può fare a meno dei cattolici che sempre hanno contribuito alla costruzione del tessuto sociale nazionale, Amato è entrato nel vivo del tema dell’incontro: “Religione e Stato nell’Italia unita”. L’ex Presidente del Consiglio ha iniziato l’esposizione partendo dai moti rivoluzionari del 1848-49, prologo dell’unità nazionale raggiunta nel 1861, e dall’idea di Vincenzo Gioberti che, proprio in quegli anni, proponeva di confederare i sette Stati che componevano parte dell’attuale territorio italiano, mettendo il Papa – era Pio IX – a capo di questa Italia federata. «In tutte le persone, e quindi anche nei cattolici, c’era – ha detto Amato – adesione al moto di indipendenza e di unificazione. Questo processo, considerato il basso tasso di alfabetizzazione e l’enorme differenza economica e sociale tra ricchi e poveri, era necessario. Ciò, però, portò alla rottura dei rapporti col Papa non felice di abbandonare il potere temporale (vicenda nota come Breccia di Porta Pia, 20 settembre 1870), tant’è che scomunicò i fautori di questo progetto. L’effetto della decisione papale per un Paese cattolico fu pesante e molta gente reagì con distacco alla nascita dello Stato italiano». La situazione si fece ancora più critica con il famoso Non expedit (Non è il caso, ndr) del 1868 col quale Pio IX vietò ai cattolici di essere eletti membri del Parlamento. Solo con Leone XIII e la sua celeberrima Rerum novarum (1891) le cose cambiarono: con questo documento la Chiesa si rese conto che la società italiana aveva bisogno di un Governo in grado di capire le esigenze della gente. Nacque allora l’idea di lanciare il mondo cattolico nell’area sociale. «In quello stesso periodo – ha sottolineato Amato – lo stesso fece il Partito Socialista. Cattolici e socialisti, dunque, lavorarono insieme per consolidare le radici sociali dello Stato e arrivano ai vertici delle amministrazioni locali», per le quali non valeva il Non expedit sopra citato.
Parlando, poi, del ruolo della religione in uno Stato, il Prof. Amato ha sottolineato come la separazione tra la sfera civile e quella religiosa consente ad un credente di professare la sua fede in quanto cittadino. «Purtroppo questa visione in Italia è stata contaminata dal pensiero illuminista che preferiva togliere la religione dalla sfera civile, colpevole di inquinare la mente delle persone. Oggi – ha proseguito il noto costituzionalista – non si può considerare il pensiero dei cattolici o di appartenenti ad altre religioni come interferenza nelle questioni pubbliche. Purtroppo qualcuno è ancora di questa opinione, che è discriminatoria e dalla quale dobbiamo uscire. La religione non esiste solo per dire cosa accadrà dopo la morte; c’è anche per fornirci chiavi di lettura sulla società nella quale viviamo; la dobbiamo considerare un serbatoio prezioso di tutti quei valori, soprattutto morali, che stanno venendo a mancare. Una religione è un problema solo quando pensa che la forza coercitiva di uno Stato possa servire per i suoi fedeli». Giuliano Amato, condividendo con i presenti il suo non essere credente, nel rispondere ad alcune domande ha affermato che «i cattolici, quelli però che non sono nostalgici del potere temporale della Chiesa, in questa società che ha perso motivazioni ideali, hanno parecchio vantaggio rispetto agli altri: hanno, cioè, una religione aperta ad accettare la diversità. Penso sia straordinario essere parte di una religione dove l’amore per l’altro è il fondamento di ogni azione».
Insomma, dall’incontro con Giuliano Amato è emerso come sia stato fondamentale il ruolo dei cattolici nella formazione dell’Italia e come sia stata cosa buona la fine del potere temporale della Chiesa cosicché, come scrisse Giovanni Battista Montini molto prima di diventare un grande Papa (Paolo VI), «tutto ciò che circonda il successore di Pietro manifesti con chiarezza il carattere religioso della sua missione, sempre più sinceramente ispirata a una linea di schietta semplicità evangelica».
All’incontro erano presenti autorità civili e militari, tra cui i Sindaci di Spoleto e Norcia, Daniele Benedetti e Giampaolo Stefanelli.