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Coronavirus, l’impatto sull’agricoltura | L’analisi di agronomi e forestali umbri

Redazione

Coronavirus, l’impatto sull’agricoltura | L’analisi di agronomi e forestali umbri

In videoconferenza circa 200 tecnici per il primo dei quattro seminari in programma | Investiti i settori vitivinicolo, olivicolo, agrituristico, del latte, della carne, vivaistico, e della selvicoltura
Gio, 16/04/2020 - 11:58

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La pandemia generata dalla diffusione di Covid-19 sta avendo e avrà un impatto importante su interi settori dell’economia.

Per analizzare le ripercussioni dell’emergenza sanitaria nel comparto agricolo e agroalimentare dell’Umbria, la Federazione degli Ordini dei dottori agronomi e dottori forestali dell’Umbria (Fodaf) ha organizzato un ciclo di quattro seminari, il primo dei quali ha visto collegati in videoconferenza oltre 200 tecnici, anche da fuori regione, per approfondire gli effetti dell’emergenza nei settori vitivinicolo, olivicolo, agrituristico, del latte, della carne, vivaistico e della selvicoltura.

Tra i partecipanti anche Roberto Morroni, assessore a politiche agricole e sviluppo rurale della Regione Umbria, il professore Angelo Frascarelli, docente di economia e politica agraria all’Università degli studi di Perugia e direttore del Centro per lo sviluppo agricolo e rurale (Cesar) e Stefano Serra, esperto di mercati internazionali dei cereali, che hanno tenuto le relazioni introduttive.

“L’iniziativa si è resa necessaria – ha commentato Francesco Martella, presidente Fodaf Umbria – per fare il punto della situazione ed evidenzia come questa emergenza porti un cambiamento anche nel modo di svolgere la nostra professione. Dovremmo essere sempre più ‘smart’ e abili con le tecnologie digitali per gestire i clienti e comunicare nonostante le distanze fisiche”.

“Dall’analisi fatta emerge come, nel campo dei cereali – ha spiegato Martella – ci sono rallentamenti nelle esecuzioni dei contratti di fornitura, contratti che se che prima si stipulavano per sei o dodici mesi, adesso si fanno di mese in mese. C’è una depressione di prezzi per alcuni prodotti quali mais e soia, perché sono crollati i consumi di bioenergie in parallelo al prezzo del petrolio. Inoltre, si registra una forte contrazione dei consumi di grani cosiddetti ‘di forza’ mentre sono aumentati la produzione e il consumo di farine di uso alimentare ‘casalingo’.

Alcuni Paesi sono tornati a fare le scorte governative e assistiamo così a fenomeni di accaparramento di alcune merci. I prodotti ci sono, ma se i Paesi decideranno di avviare politiche protezionistiche ci troveremo in difficoltà. Anche la mobilità cambierà: si va verso un uso più intenso della navi e minore di treni o camion”.

“Dal lato dei consumi alimentare emerge con nettezza l’azzeramento del canale horeca – ha continuato Martella –mentre la distribuzione organizzata, il commercio alimentare a dettaglio e l’e-commerce sono cresciuti. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno si può notare come aumentano gli uomini che vanno a fare la spesa, diminuiscono le visite al supermercato ma cresce lo scontino medio, intorno ai 40 euro (+45%), il numero dei prodotti (68%), soprattutto quelli da dispensa con crescite impressionanti (burro + 85%, farina + 212%, uova + 55%); l’e-commerce impenna (266%) così come le consegne a domicilio (160%)”.

Ma cosa resterà di questi comportamenti? Martella ha spiegato che, secondo dati Nielsen, “si stima che dopo l’emergenza almeno la metà delle persone seguirà ancora queste tendenze. Il consumatore guarderà più ai negozi sotto casa, farà spese meno frequenti ma più consistenti, usufruirà della consegna a domicilio e non diminuirà il consumo di prodotti da agricoltura biologica”.

“L’agricoltura – ha aggiunto Martella – è un settore anticiclico, non ha crisi di domanda ma solo di alcuni prodotti. Riguardo il turismo, quello di massa si affievolirà a vantaggio di agriturismi o strutture ricettive con pochi posti e questa è sicuramente un’occasione da sfruttare”.

“Nel mercato delle carni – ha detto Martella –, dei bovini in particolare –, che in Umbria vengono allevati da oltre tremila aziende, il rapporto di Ismea ci dice che sono crollati i prezzi dei bovini adulti, che andavano principalmente a rifornire l’horeca, le scuole e le mense aziendali.

Se si vuole tornare a livelli di produzione pre-Coronavirus occorre riorganizzare tutta la logistica dei piccoli allevamenti, magari costituendo dei piccoli hub nella regione, e gli agronomi in questo potrebbero essere d’aiuto, anche perché all’orizzonte si prospetta una riduzione degli acquisti per la minore liquidità delle famiglie e un aumento delle carni provenienti da nord ed estero a prezzi competitivi”.

“Non vogliamo stare alla finestra – ha concluso Martella – ma essere protagonisti. Presto avanzeremo le nostre idee e proposte all’assessore regionale Morroni che ci ha già rassicurato su alcuni punti durante il suo intervento, riguardo le risorse messe in campo dal Programma di sviluppo rurale ma anche sui benefici che con il decreto Cura Italia arriveranno per la pesca, gli agriturismi e il settore del latte”.

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