Dieci persone rinviate a giudizio dalla Procura di Urbino per i reati di combattimento, uccisione e maltrattamento di animali, tra cui tre allevatori residenti nelle province di Perugia e Milano, sei proprietari di cani di razza Dogo Argentino residenti in Lombardia, Umbria e Campania, alcuni dei quali registravano con telecamere e cellulari il combattimento. Rinviato a giudizio anche il gestore di un allevamento di cinghiali di Cagli (PU) dove il 3 maggio 2014 è avvenuto uno dei combattimenti, per il quale, grazie ad un video e a testimonianze oculari, è stato possibile accertare l’identità dei partecipanti ed il loro modus operandi.
Questo il risultato di una lunga indagine durata due anni, coordinata dalla Procura di Urbino e condotta dal personale del Corpo forestale dello Stato dai Nuclei Investigativi di Polizia Ambientale e Forestale di Perugia, Pesaro Urbino, Milano, Lecco, Pavia e dagli uomini del Nucleo Investigativo per i Reati in Danno agli animali (NIRDA) di Roma.
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L’operazione ha portato inizialmente ad una serie di perquisizioni a carico di alcuni allevatori, ripresi mentre addestravano cani che dilaniavano a morsi una femmina adulta di cinghiale. Nel video sono stati identificati dalla Forestale tre noti allevatori della razza da combattimento mentre incitavano i cani ad attaccare la preda sfinita e sanguinante che veniva bloccata e sorretta, per le zampe posteriori, da uno degli addestratori, mentre i cani proseguivano gli attacchi, serrando le possenti mascelle sul cinghiale.
Sono stati sequestrati durante le perquisizioni tutti i cellulari, i computer, le telecamere e i supporti digitali utilizzati per registrare ed archiviare il materiale audiovisivo, dai quali sono emerse numerose immagini di dogo argentini gravemente feriti e cinghiali sbranati, alcuni cinghiali dilaniati appesi per le zampe posteriori per stimolare l’aggressività dei molossi. Dall’esame dei cellulari e tabulati sono stati inoltre identificati altri tre componenti dei quali inizialmente non erano state individuate le generalità.
E’ stata accertata, inoltre, la morte di un cane di razza dogo argentino durante un combattimento contro un cinghiale ed almeno quattro episodi, testimoniati da veterinari, di prestazioni mediche fornite a due allevatori per suturare gravi ferite riconducibili ai combattimenti. Ritrovato anche un esemplare adulto di Dogo Argentino con evidenti cicatrici recenti, trattate chirurgicamente e compatibili con gli eventi documentati.
Il Dogo argentino è un cane selezionato nella prima metà del ‘900, in Sud America, per cacciare cinghiali e puma, cane dalla grande potenza fisica, pacifico con gli esseri umani, ma dotato di grande istinto predatorio tale da renderlo spietato al cospetto di altre specie individuate come prede. Le possenti mandibole una volta serrate sulle prede si aprono solo con utilizzo di appositi strumenti appuntiti, utilizzati dagli addestratori anche negli eventi documentati dal Corpo forestale dello Stato.
I responsabili di questi gravi crimini perpetrati a danno degli animali, rischiano le pesanti pene previste dal Codice Penale “Delitti contro il sentimento degli animali”, che per gli organizzatori di combattimenti e competizioni prevede la reclusione da uno a tre anni e multe fino a 160mila euro.