“Chiediamo al Ministero, che ha dato la prima autorizzazione a Color Glass, di dire a quale tipo di classificazione appartiene l’azienda e poi tiriamo le conclusioni. Se è sicura, è sicura ovunque; se è insalubre, delocalizzare non può essere la soluzione”. Con queste parole l’assessore all’Ambiente Massimo Massetti, lo scorso 6 dicembre, aveva aperto i lavori della commissione Assetto del Territorio, incentrata proprio sull’azienda di Trestina.
Una settimana dopo Michela Paganelli, legale della Color Glass, ha ripreso le parole di Massetti per fare alcune precisazioni oltre a ribadire “la disponibilità della società ad un confronto aperto, trasparente e collaborativo con tutte le parti coinvolte“.
“Rilevato in via preliminare che l’Azienda è in possesso di valida e vigente autorizzazione all’esercizio dell’impianto, – ha dichiarato l’avvocato Paganelli – si rende opportuno precisare che nessun Ministero ebbe mai a rilasciare a Color Glass autorizzazione alcuna, essendosi il Ministero dell’Ambiente semplicemente espresso in merito ad una richiesta di parere per lo svolgimento dell’attività di recupero di fanghi non pericolosi”.
La prima autorizzazione ebbe quindi ad essere rilasciata non già dal Ministero, bensì dall’Autorità – illo tempore – competente, ovvero dalla Provincia di Perugia. Non solo. Non è dato nemmeno comprendere a quale dettato normativo l’Assessore faccia riferimento allorché si afferma che si intenderebbe investire un non meglio individuato “Ministero” affinché provveda ad una – altrettanto – non meglio specificata attività di “classificazione” di Color Glass, visto che, in materia di classificazione delle industrie insalubri, l’attuale disciplina non contempla il coinvolgimento di Ministero alcuno. Senza contare che l’eventuale classificazione dell’impianto Color Glass come “insalubre” si porrebbe in aperto conflitto con le risultanze tutte delle indagini ed analisi concretamente svolte
“Come infatti già dettagliatamente esposto in occasione dell’ultima seduta della Commissione, a seguito degli innumerevoli controlli effettuati da Arpa, – aggiunge l’avvocato Paganelli – non soltanto è stata confermata la non pericolosità del fango in entrata, ma si è potuto ulteriormente appurare, attraverso una qualificata attività di campionamento e di analisi del suolo e dei terreni, come non vi sia traccia alcuna di inquinamento riconducile a Color Glass”.
“Giova ribadire -conclude il legale di Color Glass – che, diversamente da quanto ancora alcuni si ostinino a sostenere, autorevoli analisi sul prodotto in uscita hanno escluso in termini assoluti che l’Azienda possa produrre, durante ciascuna delle fasi del proprio processo produttivo, nanoparticelle di biossido di titanio. Ad ulteriore conforto rispetto a quanto sopra, si evidenzia come né il legale rappresentante di Color Glass, né Color Glass siano mai stati raggiunti da qualsivoglia richiesta di rinvio a giudizio, ovvero non c’è, né c’è mai stato alcun carico pendente nei confronti di ciascuno dei soggetti giuridici sopra menzionati”.