Iniziate le grandi manovre in vista del voto che incoronerà la prima "prima cittadina" nella storia di Perugia
Non era stato ancora completato lo scrutinio degli ultimi dei 159 seggi di Perugia che le diplomazie lunedì notte già erano al lavoro in vista del ballottaggio che tra due domeniche deciderà chi sarà il nuovo sindaco tra Vittoria Ferdinandi e Margherita Scoccia.
Le due candidate si dicono ovviamente disposte a dialogare “con tutti”, ma “sui programmi” e non “sulle poltrone” da spartirsi in caso di vittoria. Ovviamente. Serve però rastrellare ogni voto.
Per Vittoria Ferdinandi, che ha mancato l’incredibile successo al primo turno per 1922 voti (quasi quanto raccolto da Monni, Baiocco e Caponi, che in tre sono arrivati a 2254 preferenze). Più dei 1475 voti andati persi nelle schede nulle.
E per Margherita Scoccia, che scampato il pericolo di un’altrettanto incredibile sconfitta al primo turno, cerca ora di serrare le fila anche oltre quel centrodestra tradizionale che pure con le sue liste civiche ha già superato rispetto al voto contestualmente dato dai perugini per le europee.
La dote di Baiocco
Alla fine di una giornata per cuori forti, la differenza tra le due candidate è stata di 598 voti. Un Baiocco, praticamente, dato che l’ex calciatore ha raccolto 631 preferenze. Politicamente le sue due liste (Forza Perugia e Alternativa Riformista – Italexit, con 538 voti al primo turno) sono difficili da inquadrare in un apparentamento con il centrodestra o con il centrosinistra. Almeno, difficile capire se gli elettori terrebbero conto di un eventuale ordine di scuderia.
Il confronto a sinistra del centrosinistra
Lo schieramento comunista di Leonardo Caponi (455 voti la sua dote attuale) in teoria è omogeneo alle idee della candidata molto di sinistra del centrosinistra. Anche se in un dibattito tra Caponi e Ferdinandi sono state scintille. Che si possono dimenticare, come spesso avviene nelle due settimane del ballottaggio.
“Il ballottaggio e le condizioni del ballottaggio sono tali da aver rimesso la nostra lista al centro della scena” ha scritto Caponi in un post. In cui però chiarisce che di eventuali accordi dovrà prima parlare con la sua base.
La piccola grande dote di Monni
Il risultato più deludente rispetto alle reali aspettative è quello di Massimo Monni. Che durante la campagna elettorale ha perso evidentemente alcuni “grandi elettori” (a destra e a sinistra), ritrovandosi alla fine con una sola lista, Perugia Merita, anche se zeppa di sigle (Psi-Italia Viva-Tempi Nuovi). I suoi 1168 voti, a conti fatti, non sarebbero bastati a nessuna delle due candidate più accreditate per superare il 50% più uno dei consensi. Anche se quel misero 1,40% raccolto (unito alle percentuali da prefisso telefonico degli altri due candidati) ha portato Ferdinandi e Scoccia vicino a quella soglia. Si tratta però di un bottino che in una contesa così serrata fa certamente gola. Anche se ancora nessuno si è fatto avanti ufficialmente.
Sì, ma eventualmente, dove puntare quella piccola ma importante dote? Le sigle Psi e Italia Viva, che hanno scelto di non essere nel campo largo, potrebbero ora rientrarci. Viene dal centrosinistra anche Donatella Porzi, che si è molto spesa in questa operazione con la sua formazione centrista.
E’ anche vero che Monni ha codificato la sua fede socialista nel centrodestra, per il quale, in un passato non troppo lontano, è stato eletto in Comune e in Regione. Insomma, politicamente ci sono i presupposti per un accordo con entrambe le contendenti. Anche se poi si rischia che gli elettori del primo turno vadano poi in ordine sparso (o al mare).
Quanto ai programmi di cui parlano le candidate come presupposto per accordi, poi, Monni ha criticato molte scelte dell’amministrazione Romizi, ma ha anche detto che per lui il Nodo di Perugia è un progetto irrinunciabile. Quel Nodo che Ferdinandi per ora non ha astutamente sciolto (non è finanziato, quindi non è argomento in agenda, per ora, ha ribadito) ma che buona parte del suo schieramento vede come il fumo negli occhi.
Quei 44.484 perugini che non hanno votato
Detto che tutto fa brodo, Ferdinandi e Scoccia devono impegnare le loro energie per far tornare alle urne i propri elettori al ballottaggio e per convincere a recarsi alle urne quei 44.484 perugini che l’8 e 9 giugno sono rimasti lontano dai seggi. Del resto, se quei 44.484 perugini fossero andati alle urne puntando su un loro unico candidato, per ora il dr. “Non Voto”, lo avrebbero portato al ballottaggio da vincitore al primo turno.