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Cave, è polemica sui controlli e i costi di estrazione. L'assessore Antonini in difesa della provincia e del settore minerario

Redazione

Cave, è polemica sui controlli e i costi di estrazione. L'assessore Antonini in difesa della provincia e del settore minerario

Mer, 03/08/2011 - 16:08

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(Fda -Aggiornato alle 19.36) Dopo il recente botta e risposta tra Corpo Forestale dello Stato e Asso Cave Umbria sulla situazione dell'industria dell'estrazione in regione, è intervenuto oggi l'assessore provinciale Carlo Antonini, in difesa dell'attività dell'ente che rappresenta nella gestione e nel monitoraggio delle cave e in malcelata polemica con il Corpo Forestale.

“Le cave nella Regione Umbria non sono 155, come apparso nelle pagine dei principali giornali locali, ma circa 100 (2/3 nella Provincia di Perugia). Indicare in 155 le cave presenti nel territorio regionale, significa fornire una fotografia datata del settore, aggiornata al 2005 (anno di approvazione del Prae)”, ha detto Antonini, contestando le cifre fornite dalla Forestale, che ha dichiarato in una conferenza stampa di aver monitorato 71 cave nella provincia di Perugia su un totale di 155 attive in tutta la regione. “Oggi, a seguito di un’attenta programmazione eseguita mediante la lunga e complessa procedura di Accertamento dei Giacimenti da parte di Provincia/Regione/Comuni, le cave sono state ridotte in sei anni del 30 per cento”, ha detto ancora Antonini.

Secondo l'assessore provinciale, la riduzione del numero di cave negli ultimi anni dimostra come l'Umbria non sia un terreno senza regole per il settore minerario: “Se poi si aggiunge che le rimanenti cave presenti nella provincia di Perugia, triennio 2007/2010, hanno contratto la produzione del 28 per cento, la rappresentazione della provincia di Perugia ed in generale della regione Umbria quale territorio del bengodi per disinvolte operazioni minerarie, piratesche e predatorie, appare infondato”.

Secondo Antonini, “attività estrattiva non significa solo settore base di edilizia e costruzioni, significa anche produzione di plastica, acciaio, carta, vernici, con aziende presenti nel territorio che sono leader a livello nazionale anche se, oggi, con il fiato corto legato alla fortissima crisi che desta, peraltro, grande preoccupazione sul versante occupazionale. La reputazione degli imprenditori del settore estrattivo è alimentata non tanto dal presente quanto da ferite presenti sul territorio generate prima degli anni ’80 quando non era ancora presente nemmeno una legge che regolamentava le cave”.

Controlli e pesanti sanzioni – La situazione del settore minerario umbro degli ultimi anni non sembra però solo virtuosa, con ferite risalenti a trent'anni fa, stando ai dati che lo stesso Antonini sviscera nell'odierna dichiarazione: “I numeri parlano da soli: 600 sopralluoghi ed oltre 2.7 milioni di euro di multe comminate dal 2006 al 2010”, secondo l'assessore, che ha sottolineato come “i risultati dell’azione della provincia cominciano a vedersi con la scomparsa pressoché totale dell’abusivismo e con la graduale diminuzione dell’entità e gravità delle sanzioni riscontrate”.

(Aggiornamento – L'intervento di Minelli, Idv) – Nel sempre più infiammato dibattito sull'attività mineraria in Umbria, sorto dalla polemica tra Asso Cave e Corpo Forestale regionale, è intervenuto oggi pomeriggio, dopo la presa di posizione dell'assessore provinciale Antonini, Matteo Minelli, responsabile giovani dell'Italia dei Valori, in prima linea da tempo sulla questione cave in Umbria.

“Risultano a dir poco esagerate le recenti dichiarazioni dei cavatori umbri, i quali si ritengono vittime di un massiccio attacco mediatico costruito principalmente su illazioni. E' il caso di Raul Ridolfi, direttore di Assocave Umbria, che accusa, tra gli altri, il Corpo Forestale di Stato di accanimento nei confronti del settore”, ha detto Minelli. “Ridolfi tira in ballo marginali aspetti come i rilasci di autorizzazione e le onerose garanzie finanziarie annesse. In realtà l’Italia detiene il primato di Paese produttore e consumatore di cemento (34.400 tonnellate all’anno) in controtendenza rispetto al resto d’Europa. Enorme il volume dell'attività estrattiva, in particolare di inerti e calcari, destinati per l’80% alla produzione di cemento. Di contro, i canoni di estrazione sono vergognosamente bassi: il totale nazionale delle concessioni pagate ammonta a circa a 36 milioni di euro, mentre il totale degli introiti è di 1 miliardo e 150.000 milioni di euro. Con i parametri britannici lo Stato italiano avrebbe ricevuto oltre 267 milioni di euro”.

Secondo Minelli, per quanto riguarda l'Umbria “lo scorso anno sono stati estratti 547 mila metri cubi solo di ghiaia e sabbia, pari a 205 euro. Se si fossero applicate le tariffe delle regioni limitrofe avremmo ottenuto all’incirca i seguenti introiti: Toscana 251 mila euro, Emilia 311 mila euro, Marche 388 mila euro. Applicando i canoni della Gran Bretagna avremmo incassato 1.164.279 euro. Per questo sarebbe bene che la Regione aumentasse i canoni di estrazione e le tasse del conferimento dei rifiuti edilizi in discarica, incentivando il recupero dei materiali di scarto da costruzione e demolizione, così come avviene in Danimarca, dove il 90 per cento del fabbisogno è coperto dal recupero dei materiali di scarto”.

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