C’è chi guarda a Nord e chi rivolge lo sguardo ancora a Sud, a Orvieto, nella battaglia per il controllo della CariOrvieto. Una battaglia sino a qualche mese fa impensabile, vista la grande voglia della controllante Popolari di Bari, alle prese con altri problemi, di disfarsene, e la difficoltà della Fondazione di riuscire a reperire un partner bancario pronto ad investire. E non certo perché la banca umbra non abbia buoni fondamentali. Ma in un momento in cui la finanza, anche quella familiare, viaggia sempre più sulle reti digitali, grossi investimenti sulle banche tradizionali, con tanto di sportelli e dipendenti, se ne fanno pochi. Anche perché negli ultimi anni, tra fusioni e chiusure, c’è chi ha potuto fare incetta di banche territoriali spendendo ben poco.
CariOrvieto, l’offerta Sri e l’incognita della nuova Popolare del Sud
Ma lo scenario è cambiato quando Sri group, con sede a Londra ma cuore italico, ha presentato un’offerta di 65 milioni di euro per acquisire dalla Popolare di Bari circa il 74% della CariOrvieto. “Non siamo speculatori” ha messo le mani avanti Giulio Gallazzi, il 55enne uomo di affari bolognese Ceo di Sri Group (di cui è socio fondatore e principale azionista). Prospettando investimenti, anche con l’arrivo di capitali da oltre confine. E dicendosi pronto a collaborare con la locale Fondazione.
Non la pensano così i sindacati, che vogliono conoscere il piano industriale, temendo che si tratti di una mera operazione finanziaria, le cui conseguenze ricadranno innanzi tutto sui dipendenti. Tant’è che hanno invitato la Fondazione e soprattutto l’Amministrazione comunale a vigilare. I sindacati dei bancari lamentano il fatto che non ci sia stato neanche un passaggio con le organizzazioni nazionali di categoria. Dove si sta monitorando anche la mutata situazione a Bari, con l’ipotesi di un ingresso nella nuova Banca Popolare del Sud che potrebbe rimettere in gioco anche il destino della partecipazione della CariOrvieto.
Ma se i sindacati alzano gli occhi al cielo (e qualcuno guarda ancora a Sud), a Palazzo Coelli guardano invece con interesse alla proposta vincolante presentata da Sri Group. Un’iniziativa che la Fondazione si dice “disponibile ed attenta a valutare, senza pregiudizi“. Guardando “con interesse alla volontà, dichiarata da Sri, di creare sinergie e realizzare con la stessa un piano che dia vita ad un progetto di sviluppo sul territorio, capace sia di portare competenze tecniche, sia di collocare Cassa di Risparmio di Orvieto e la città di Orvieto in una posizione di maggiore rilievo“.
Anche perché in questo momento a Palazzo Coelli sono pronti a parlare con chiunque prospetti un divorzio dalla Popolare di Bari, con cui i rapporti sono stati da subito difficili. Tant’è che la Fondazione, come ricorda nella sua nota, come azionista di minoranza in questi anni ha effettuato ripetute denunce agli Organi sociali; richieste di riunioni assembleari e proposte di approfondimenti sulle attività svolte dalla Cassa di Risparmio di Orvieto per la Banca Popolare di Bari; l’esercizio di diritti rivenienti da specifici accordi contrattuali, nei confronti della Banca Popolare di Bari, “per attività che questa avrebbe dovuto svolgere e non ha svolto“. E ancora, “le richieste, senza successo, all’azionista di maggioranza Banca Popolare di Bari, nella persona del suo presidente, a spiegare le strategie ed il piano industriale che, da improvvide dichiarazioni, avrebbe addirittura dovuto prevedere la fusione per incorporazione tra le due banche. Sul punto, abbiamo appreso favorevolmente del recente ritorno dell’ing. Vincenzo de Bustis alla guida della Banca Popolare di Bari, in quanto tecnico di lungo corso molto capace“.
Di tutte queste attività della Fondazione, viene ricordato da Palazzo Coelli, sono stati sempre mantenuti informati gli organi competenti, i quali sono chiamati a vigilare sulla Cassa di Risparmio di Orvieto, sulle sue attività e quelle dei suoi azionisti, e che in questo momento vigilano sullo stato di salute della Banca barese, sulle attività svolte e su quelle in corso di svolgimento per riportare a normalità il citato istituto. Tra queste, appunto, è prevista la cessione della partecipazione in Cassa di Risparmio di Orvieto.
Messina: finita l’esperienza con Bari
E il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio Orvieto, Gioacchino Messina, si schiera apertamente in questa battaglia per il futuro della CariOrvieto: “Stiamo seguendo con molta attenzione lo sviluppo dell’operazione con SRI e renderemo noto il nostro pensiero allorquando saremo in possesso di tutte le informazioni utili e necessarie. Siamo, comunque, positivamente impressionati dall’interesse manifestato da SRI, perché riteniamo che la Cassa di Risparmio di Orvieto sia una banca solida, le cui difficoltà vanno ricercate principalmente nelle ricadute negative causate dalle inefficienze della capogruppo. I fondamentali lo dimostrano: CET1 a quasi il 12% (la Banca Popolare di Bari al 9 % a giugno), NPL al 2% e NPE al 6% (la Banca Popolare di Bari 18% a giugno) e liquidità ampiamente sopra i minimi. Sono indici ampiamente migliori rispetto a molte banche italiane, compresa la stessa Banca Popolare di Bari, i cui organi sociali ad oggi non hanno approvato il bilancio 2018 e a cui il revisore non ha ancora rilasciato la relativa certificazione per ragioni legate alla continuità aziendale. Purtroppo, questi numeri sono gravati dall’incidenza dei costi che derivano sia dalle inefficienze della capogruppo, sia dai limitati ricavi, dovuti ad una miope capacità commerciale. Ad aggravare la situazione, un piano industriale inadeguato ed azioni commerciali inadatte ad integrare, in modo costruttivo, l’operatività delle due banche con il territorio. Si tratta di un piano industriale che, nella sua particolare inadeguatezza, vuole vedere le due banche ancora insieme malgrado la decisione (comprensibilissima) del socio barese di vendere la Cassa di Risparmio di Orvieto, al fine di generare liquidità e migliorare il CET1. Piano industriale che è imposto alla Cassa di Risparmio di Orvieto dalla Banca Popolare di Bari, che vorrebbe esercitare un ruolo di direzione e controllo. Piano che il CdA di Cassa di Risparmio di Orvieto, pur nella consapevolezza della sua inattuabilità – è l’affondo di Messina – sta dimostrando di non saper ostacolare. Per questo, nei limiti delle azioni che la legge ci consente, siamo disponibili a supportare chiunque abbia quale strategia, a valle di un esame critico sia soggettivo che oggettivo, il rilancio della redditività della Banca e dia vita ad un progetto di sviluppo capace di integrare ancor più Cassa di Risparmio di Orvieto ed il territorio. Cassa di Risparmio di Orvieto è una realtà abbastanza piccola, aperta all’innovazione, con una forte e solida base economica. Il ruolo istituzionale della Fondazione è quello di ricercare, promuovere e supportare iniziative che mostrino stabilmente queste caratteristiche. Per ragioni che verranno appurate in altre sedi, l’esperienza con la banca barese, iniziata dieci anni fa, attraverso un conferimento di attività diverse dal denaro, non è pervenuta ai risultati attesi. Da tempo, la Fondazione è osservatrice critica, ma attenta alle nuove iniziative e progetti – conclude Messina – che vedono coinvolta la Cassa di Risparmio di Orvieto, senza pregiudizi e timori connessi a scelte che comportino cambiamenti”.