Anche in Umbria è lotta targata Cgil contro le modifiche proposte dal governo Monti all'articolo 18, lo “Statuto dei Lavoratori” che regola i rapporti tra dipendenti e datori, considerate dal sindacato un vero e proprio “attacco”.
Assemblee si stanno svolgendo nelle aziende di tutto il territorio, dopo gli scioperi indetti dalla Fiom nelle giornate di martedì e mercoledì, sui quali la Cgil ha espresso soddisfazione sul numero dei partecipanti. Domani, 23 marzo, sarà invece la volta degli operai ternani del gruppo Ast (Tkl-Ast, Sdf, Aspasiel, Titania, Ilserv e ditte terze) che sciopereranno per due ore ogni turno e terranno assemblee in fabbrica.
Ieri sera si è tenuta un'assemblea dei lavoratori dell'Iverplast, con sciopero nelle ultime due ore del turno, alla quale hanno partecipato anche altri lavoratori delle aziende del marscianese. “E' stata un'assemblea partecipata e indicativa del clima che c'è nelle fabbriche”, ha detto Simone Pampanelli, della Fiom Cgil di Perugia che ha partecipato all'assemblea. “Tra i lavoratori c'è molta rabbia per il tentativo di fare cassa sui loro diritti, non solo con la manomissione dell'articolo 18, ma anche con il pesante indebolimento degli ammortizzatori sociali”.
Nei prossimi giorni altre aziende scenderanno in sciopero con le rsu che decideranno le modalità di adesione, mentre secondo il segretario generale della Fiom di Perugia, Maurizio Maurizi, il clima nelle fabbriche è teso: “Dalle assemblee che stiamo facendo – ha detto in una nota – emerge con chiarezza la volontà dei lavoratori di difendere l'articolo 18, che è considerato da tutti un elemento irrinunciabile. Anche gli operai non iscritti alla Fiom sono d'accordo sulla necessità di una grande mobilitazione per difendere questo diritto”.
Modifiche e proteste – Le modifiche proposte dal governo Monti sull'articolo 18 (leggi il testo integrale) prevedono soluzioni diverse nel caso di ingiusto licenziamento (reintegro del lavoratore, rimborso di mensilità non corrisposte, ecc), che fanno distizioni se il licenziamento è avvenuto per motivi discriminatori, disciplinari o -in particolare – economici. In quest'ultimo caso, il giudice non potrà in sostanza valutare le effettive motivazioni economiche alla base del licenziamento né potrà reintegrare il lavoratore al suo posto, ma potrà solo stabilire un indennizzo tra le 15 e le 27 mensilità non corrisposte.
La reazione dei sindacati a livello nazionale è stata piuttosto frammentaria, con la Cgil che ha assunto un ruolo protagonista nelle proteste ai provvedimenti in arrivo. (fda)