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Antipolitica, crisi e razionalizzazione della spesa secondo Prc Foligno

Redazione

Antipolitica, crisi e razionalizzazione della spesa secondo Prc Foligno

Ven, 25/11/2011 - 11:34

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di Alessandro Pacini (*)

Questo è un contributo il cui oggetto ultimo è la Democrazia. E soprattutto queste parole non hanno pretesa di esaustività, vogliono anzi essere l'inizio di una proficua discussione sulle regole democratiche nel nostro Paese e sul giusto compenso di coloro che si mettono a servizio delle istituzioni.
L'antipolitica è ormai sulla bocca di tutti. Quante volte, nei bar, per la strada, nelle conversazioni informali e sempre di più in quelle ufficiali, mi capita di sentire frasi del tipo: “Voi politici siete tutti uguali”, “Tutta la politica fa schifo”, “E' un magna magna generale”. Tutte queste sono espressioni di un sentimento diffuso, disincantato e profondamente deluso del cittadino rispetto alle istituzioni e agli uomini e alle donne che ne incarnano i ruoli. Il corollario di questo scostamento tra le istituzioni ed il popolo è il refrain, anch'esso onnipresente, dei costi della politica, di quanto ci costano le auto blu, di quanto ci costa la mensa dei parlamentari, della loro pensione e dei loro benefit.
In un clima come quello che oggi aleggia nella nostra nazione, parlare della riduzione dei costi della politica vuol dire discuterne su un piano inclinato che fa scivolare il discorso immediatamente nel calderone dell'antipolitica. Il primo elemento ad esserne coinvolto è a mio avviso il principio della rappresentanza democratica; dentro la giusta recriminazione per chi abusa della propria posizione apicale si annida infatti un concetto insidioso, nemico diretto dei principi democratici che governano la nostra nazione. Mi riferisco alle disposizioni governative che riducono il numero dei consiglieri nei Consigli Comunali e che puntano alla drastica diminuzione dei rappresentanti in Parlamento. Mascherati dalla popolare e ruffiana equazione meno rappresentanti = meno costi questi provvedimenti nascondono in realtà una vera e propria stretta democratica: ciò che si deprime è la rappresentabilità del voto del cittadino. La vera equazione è quindi a mio avviso la seguente stessi voti = meno rappresentanti. Chi ci rimette è a Democrazia.
Prima di proseguire è bene sgomberare il campo da ogni dubbio: i privilegi accordati ad alcuni rappresentanti istituzionali, i viaggi gratis, le mense e le cure sanitarie a costo zero, gli stipendi esorbitanti, le pensioni d'oro e tutto quello che è concesso oltre il dovuto e che mai sarà concesso ad un lavoratore “normale”, sono un fenomeno indegno di malcostume, tipico italiano, che in questi tempi di crisi è giusto e doveroso affrontare con piglio. Ma questa condizione a mio avviso parla alle nostre coscienze ed alla nostra moralità prima ancora che ai nostri portafogli ed ai conti della nazione.
Chiariamo un altro punto: la crisi non si risolve con i tagli alla politica. Vorrei ripeterlo: la necessità di questa operazione è, prima che economica, di ordine etico e morale. Magari potessimo risolvere la crisi del debito dell'Italia azzerando gli stipendi di parlamentari, senatori, consiglieri, sindaci e assessori! Per capire quanto il tema attenga più alle coscienze che ai portafogli vorrei fare un esempio che più di tutti mi ha colpito: il costo delle istituzioni dello Stato (Presidenza della Repubblica, Camera dei Deputati, Senato della Repubblica, Corte Costituzionale, Presidenza del Consiglio, Ministeri) è di 3,2 miliardi di €, quello di Regioni, Province e Comuni di 3,3, per un totale di 6,5 miliardi di €.
Il costo per le spese militari che l'Italia ha sostenuto nel 2011 è di 20,5 miliardi di €. Una stima dell'evasione fiscale delle imposte dirette si aggira sui 115 miliardi di € all'anno. Capito dove sta la ciccia dei soldi?
Facciamoci allora una domanda: quanto della sacrosanta razionalizzazione dei costi della politica è utile per contribuire alla soluzione della crisi e quanto è utile per soffiare sul fuoco dell'antipolitica e della demagogia, fino ad arrivare ad attaccare la stessa rappresentanza democratica?
Il dibattito sulla riduzione dei costi della politica si è tradotto immediatamente nella proposta, accolta da un coro di si, di ridurre il numero di consiglieri, assessori, parlamentari. Questo è a mio avviso di una gravità inaudita, è un pericolo serio e reale per il corretto funzionamento della democrazia e quindi del principio su cui si fonda la libertà di ognuno di noi.
Al Comune di Foligno, a partire dalle prossime elezioni, verrà ridotto il numero di Consiglieri Comunali da 30 a 24, con un risparmio, fatta una rapida stima, di circa 18 mila € di gettoni di presenza. Cosa guadagniamo e cosa perdiamo quindi? 18 mila €, una cifra ridicola nel bilancio comunale, valgono la riduzione della rappresentatività degli elettori folignati? A chi giova questo? Alle nostre tasche? O ai poteri forti?
La Democrazia ha un costo, mettiamoci in testa questo principio inviolabile. E adesso mettiamoci in testa quest'altro di principio: il lavoro va pagato. Ritengo giusto riconoscere un minimo salariale a chi svolge attività istituzionale, sacrificando tempo libero, produttività sul lavoro, famiglia ed amici.
Facciamo un'ipotesi: se passasse l'idea di azzerare i gettoni di presenza e gli stipendi dei consiglieri e degli assessori, rifiutando quindi di riconoscere l'impegno, lo studio, il tempo dedicato al servizio di una città, chi potrebbe fare politica? Un operaio avrebbe più o meno difficoltà a dedicarvisi? E uno studente? Invece chi fa il medico, l'avvocato, il bancario, chi guadagna diciamo oltre 30, 35 mila € al mese, quanto verrebbe penalizzato da questa scelta?
Qui è bene ricordare che moltissimi partiti si autofinanziano con parte dei gettoni di presenza dei loro rappresentanti. Il mio partito per esempio, Rifondazione Comunista, chiede ai suoi eletti il 55% dell'emolumento che poi reinveste in attività politiche, sociali e culturali nel territorio (la quattro giorni di Avanti Pop ne è un esempio). Chi resterà a fare politica se il lavoro politico non verrà più riconosciuto dalle istituzioni? E se a questo aggiungiamo la riduzione di consiglieri e assessori nei comuni e dei parlamentari chi credete che manterrà quelle poche poltrone che restano? Secondo me le manterranno, come già detto, i poteri forti, cioè chi ha i soldi da investire, chi ha interesse a candidarsi in politica per difendere i suoi interessi e quelli della sua classe.
La Democrazia ha un costo proprio per questo: permette una parità di accesso alla vita istituzionale ad ogni compagine politica indipendentemente dal ceto sociale e dal reddito. Livella le differenze socio economiche.
Dunque la minaccia è doppia: taglio dei rimborsi e riduzione della rappresentanza. Equivale a consegnare consigli comunali e giunte a persone che potrebbero usare la politica come mezzo per incrementare gli affari delle lobby e delle corporazioni.
Tagliamo quindi i costi della politica ma non azzeriamoli, riconosciamo il lavoro di chi si impegna nelle istituzioni. Aboliamo gli assurdi privilegi dei politici, ma non reprimiamo la rappresentanza democratica. Facciamo una proposta: tagliare il 75% degli stipendi dei parlamentari e raddoppiarne il numero. Si ottiene il dimezzamento dei costi della politica e i raddoppio della rappresentanza parlamentare. Chi è d'accordo? Capiamo questo principio con lucidità e serenità, indignarsi contro gli sprechi della politica è sacrosanto, affossare la nostra democrazia rappresentativa è un errore che non possiamo permetterci di commettere. E visto che ci indignamo, facciamo come gli indignados in Spagna: chiediamo una legge proporzionale che sia realmente rappresentanza del voto degli elettori, rifiutiamo il sistema maggioritario ed il corollario dei premi di maggioranza assurdi che vogliono forzare la politica al bipartitismo.
Oggi pomeriggio (ieri per chi legge, ndr) in Consiglio Comunale presenterò un ordine del giorno che propone di tagliare il vitalizio (la pensione) ai consiglieri regionali che non hanno ancora maturato l'età pensionabile ed il 10% a chi già la percepisce. Questi soldi verranno rediretti verso politiche a sostegno delle famiglie vulnerabili della nostra Regione. E', credo, un proposta di buon senso, che “normalizza” il lavoro di un consigliere regionale rispetto a tutti gli altri lavori e che manifesta un senso di solidarietà concreto nei confronti di chi la crisi la subisce in maniera diretta e più pesante. Sono queste le misure che mi aspetto vengano proposte. Chi urla in piazza di voler azzerare i costi della politica o è ingenuamente populista o è un pericolo serio per la Democrazia.
Parliamone.

(*) Capogruppo Rifondazione Comunista Foligno

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