Con la sentenza n. 24414 la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito i principi che devono regolare l'esposizione del crocifisso in aula
Il Consiglio di disciplina del Cnpi (Consiglio nazionale pubblica istruzione), nel 2009, aveva sospeso dall’ insegnamento per un mese il professor Franco Coppoli, docente di lettere all’Istituto professionale per il commercio ”Casagrande di Terni”, nell’ambito del procedimento avviato nei suoi confronti per la decisione di togliere il crocifisso dall’ aula durante le sue lezioni.
La Corte di Cassazione
Con la sentenza n. 24414 del 9 settembre 2021 la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito i principi che devono regolare l’esposizione del crocifisso in aula, indicando l’ “accomodamento ragionevole” e la “ricerca, insieme, di una soluzione mite, intermedia, capace di soddisfare le diverse posizioni” come i criteri da seguire per disciplinare la questione nelle aule scolastiche.
La sentenza, sbagliano prof. e scuola
Secondo la sentenza della Cassazione hanno sbagliato sia la scuola che il professore; la scuola perché tramite il suo dirigente non ha seguito il principio del ‘ragionevole accomodamento; il professore perché non poteva considerare la sua libertà ‘compressa’, visto che il crocifisso è un simbolo ‘passivo’.
La sentenza
“Il dirigente scolastico di un istituto professione di Terni il quale, aderendo alla decisione presa a maggioranza dall’assemblea degli studenti di una terza classe, aveva ordinato l’esposizione del crocifisso in quell’aula scolastica senza cercare un “ragionevole accomodamento” con la posizione manifestata da un professore dissenziente che, durante le sue lezioni, rimuoveva sistematicamente la croce, reclamando il rispetto della propria libertà di insegnamento e di religione. Tuttavia il professore dissenziente non poteva lamentare una compressione della sua libertà di religione – ha sottolineato la Suprema Corte – dal momento che il Crocifisso resta un simbolo passivo perché non implica alcun atto di adesione, e la libertà di insegnamento di un docente non ne rimane toccata”.
Esporre il crocifisso non è obbligo, ma non c’è divieto
Il principio cardine sul quale si basa la sentenza della Suprema Corte è quello della non obbligatorietà di esposizione del crocifisso, che non deve però trasformarsi in divieto. Il crocifisso si può esporre “Allorquando la comunità scolastica valuti e decida in autonomia di esporlo – si legge ancora nella sentenza – nel rispetto e nella salvaguardia delle convinzioni di tutti, affiancando al crocifisso, in caso di richiesta, gli altri simboli delle fedi religiose presenti all’interno della stessa comunità scolastica e ricercando un ‘ragionevole accomodamento’ che consente di favorire la convivenza delle pluralità”.
La soluzione sul crocifisso in aula
In definitiva la Corte di Cassazione ha stabilito un orientamento ben preciso: il crocifisso in aula va esposto se lo decide la comunità scolastica, in accordo tra professori e alunni. I docenti che rimuovono il crocifisso non possono pertanto essere sanzionati, ma gli stessi non hanno diritto di ‘veto’ se la classe stabilisce a maggioranza l’esposizione del crocifisso.
Il commento dei Cobas
“La lunga battaglia civile del prof. Franco Coppoli sulla laicità degli ambienti formativi, patrocinata dall’UAAR, dai COBAS Scuola e dagli avvocati Fabio Corvaja e Simonetta Crisci è arrivata ad una importante sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione che hanno annullato la sanzione disciplinare e la sentenza della Corte di Appello di Perugia 165/14 con rinvio ad altra corte, per illegittimità dell’ordine di servizio del dirigente scolastico. La Corte ha stabilito l’ l’importante principio che l’ostensione obbligatoria o autoritativa nella scuola pubblica del crocefisso è incompatibile con l’ indispensabile distinzione degli ordini dello Stato dalle confessioni religiose”.
Sentenza importante
“Dopo un lungo iter questa sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione è importante – si legge ancora nella nota dei Cobas – perché definisce che l’affissione del crocefisso da parte di dirigenti scolastici e della Pubblica Amministrazione è incompatibile con il principio di laicità dello Stato”.
Affissione del crocifisso imposta dal fascismo
“Nella sentenza è affermato che l’autorità pubblica non può promuovere con effetti vincolanti — e dunque con implicazione sanzionatoria per chi entri in contrasto con quella prescrizione — un simbolo religioso, neanche con la semplice e passiva esposizione silenziosa su una parete. Nella sentenza – seguitano i Cobas – si ricorda che l’affissione del crocefisso nelle scuole è stata imposta dal fascismo, che subito dopo la marcia su Roma iniziò quel processo di affiancamento della chiesa cattolica che portò ai patti lateranensi nel febbraio 1929″.
Stato laico
“Oggi non esiste più alcuna religione di Stato e la laicità dello Stato è un principio costituzionale fondamentale come ribadito dalla Cassazione con questa sentenza. Un secondo principio importante è che la scuola non è “un servizio a domanda”: la circolare del dirigente scolastico era illegittima anche perché basata solo sulla richiesta della maggioranza degli studenti, senza tener conto delle diverse esigenze rappresentate dalla minoranza degli studenti e dallo stesso prof. Coppoli”.
Il crocifisso in aula
“L’Istituzione scolastica autonoma, tramite gli organi collegiali e, nello specifico, il consiglio di classe – conclude la nota – (non il dirigente scolastico autoritativamente) deve trovare un “ragionevole aggiustamento” fra le diverse istanze. In particolare, la Corte propone a titolo esemplificativo tre possibilità: a) l’affissione sulla parete accanto al crocefisso di un simbolo rappresentativo della cultura laica; b) una diversa collocazione spaziale del crocefisso non alle spalle del docente; c) l’uso non permanente della parete con il momentaneo e rispettoso spostamento del crocefisso durante l’ora di lezione del docente, che è esattamente il comportamento tenuto dal prof Coppoli , che a fine lezione rimetteva il crocifisso sulla parete”.
Articolo aggiornato alle ore 13.25