Ma davvero, sull’aeroporto, Regione dell’Umbria, Comune di Perugia e gli altri soggetti proprietari dello scalo umbro, non riescono a sedersi insieme a un tavolo per decidere cosa provare a fare per rilanciare il San Francesco d’Assisi. Perché una volta ottenuto quel cambio da tutti auspicati ai vertici della Sase (la società che gestisce lo scalo), occorre poi effettivamente decidere quali e quante risorse investire e in che modo. E occorre farlo ora – questo è un altro punto sul quale tutti convengono – per essere pronti a primavera, tempo fondamentale per un aeroporto che dovrebbe vivere, essenzialmente, sui flussi turistici in entrata e in uscita dall’Umbria.
Aeroporto, non c’è pace tra gli storni
All’unisono, in Regione e a Palazzo dei Priori, il Pd ha proposto di destinare all’aeroporto i proventi incassati dai Comuni con la tassa di soggiorno, proprio perché il turismo è il settore che più dovrebbe beneficiare di un aeroporto che funziona. Circa un milione di euro l’anno, per la sola Perugia.
Il consigliere Tommaso Bori ha puntato il dito contro l’amministrazione Romizi: “Il Comune di Perugia pur essendo il quarto socio Sase per quote, società di gestione dello scalo perugino, non investe nulla sullo sviluppo aeroportuale e non incide in alcun modo nella governace della società, essendosi auto-escluso e non avendo propri rappresentanti nel Cda vista la mancata contribuzione degli ultimi anni”. E ancora: “La Giunta Romizi ha inoltre scelto di finanziare con 0 euro i progetti di promozione turistica e di co-marketing territoriale. Contemporaneamente la Regione dell’Umbria, tramite Sviluppumbria, la Camera di Commercio e la Fondazione Cassa di Risparmio stanno contribuendo con 3 milioni di euro l’anno, sopperendo anche alle mancanze del Comune di Perugia”.
Proprio mentre sui social l’assessore Michele Fioroni declinava in salsa perugina, sui social, la gaffe del ministro Toninelli sul tunnel del Brennero. “L’aeroporto di Perugia va valorizzato e non denigrato” il commento di Bori.
Peccato che il modello di governance non sia in mano al Comune di Perugia, ma alla Regione, è la replica di Fioroni. Che individua i mali dello scalo umbro nelle politiche di promozione turistica che la Regione ha affidato a Sviluppumbria. Con risultati “non del tutto lusinghieri” afferma l’assessore perugino, e non solo a causa del terremoto. “Non può esistere un modello di aeroporto regionale se il sistema di promozione turistica non funziona” afferma Fioroni. Che ribadisce che la Giunta Romizi, a differenza di quanto fatto dalla precedente amministrazione, ha sempre deciso di ricapitalizzare le perdite dello scalo, “pur non venendo mai coinvolta nelle decisioni strategiche“.
E allora, da “esterno”, Fioroni suggerisce di destinare allo scalo aeroportuale i fondi risparmiati dal Frecciarossa (ma su questo, al momento, sembra che esista un vincolo) e i fondi europei del Psr “come fanno molte Regioni“.
Il nodo della tassa di soggiorno
Quanto a destinare allo scalo il milione di euro che Perugia incassa dalla tassa di soggiorno, Fioroni ci va cauto, ricordando che tutti i Comuni dovrebbero contribuire, ma che non tutti hanno introdotto tale tassa. E sembra “chiede”, tramite Bori, alla presidente Marini di “convocare un tavolo con gli altri Comuni per valutare cosa possa essere fatto“.
Gli albergatori, tra l’altro, hanno drizzato le orecchie quando hanno sentito parlare di tassa di soggiorno. Perché il timore è che, per destinare nuove risorse all’aeroporto senza perdere quelle finora incassate, si debba operare un ritocco all’impopolare balzello sui turisti. Se il conto resta invariato, dunque, si può fare. Anche se poi, singolarmente, non tutti gli albergatori individuano nello scalo la priorità dei servizi per la promozione turistica in Umbria.
E torniamo alla domanda iniziale: ma davvero il Comune di Perugia, la Regione dell’Umbria e gli altri soggetti proprietari dell’aeroporto internazionale dell’Umbria non riescono a parlarsi, al di là delle appartenenze politiche?