Vogliono tornare liberi. Quattro degli otto nigeriani arrestati nell’ambito dell’operazione della squadra mobile di Perugia denominata “Tratta” si sono rivolti, tramite i loro legali ( Romoli, Fioretti e Panzarola) al tribunale della libertà, che proprio domani mattina tratterà le loro richieste. Secondo quanto ricostruito nelle indagini, scattate dopo che una giovane africana era andata in questura a chiedere aiuto, i nigeriani avrebbero preso le giovani direttamente in Nigeria e dopo averle trattenute in veri e propri ghetti in Libia, le avrebbero fatte arrivare in Italia sui barconi, per poi avviarle sulla strada della prostituzione per guadagnare il denaro che volevano indietro per il viaggio dalla Libia.
Leggi -> LA TRATTA, LA MADAME E GLI ABORTI CLANDESTINI
I capi di imputazione attribuiti ai sodali contemplano l’associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani ed alla riduzione in schiavitù, aggravata dalla transnazionalità del reato; il favoreggiamento e lo sfruttamento della immigrazione clandestina; lo sfruttamento della prostituzione; la rapina e l’ estorsione in danno delle connazionali riottose a prostituirsi per il pagamento del c.d. “debito d’ ingaggio”; il procurato aborto in danno di una giovane prostituta.
Era lo scorso dicembre quando la giovane, fatta prostituire per sanare il debito del viaggio per arrivare in Italia, deve interrompere la gravidanza. I capi dell’organizzazione le procurano il Cytotec e glielo fanno ingerire assieme a tantissimo alcol, senza alcuna assistenza medica, almeno fin quando la ragazzina non perde talmente tanto sangue che si spaventano e la portano in ospedale.
Le telefonate che intercorrono tra alcuni degli arrestati sono drammatiche. “Sta male, le fa molto male la pancia ma ancora non è uscito niente”, “le ho dato tutto l’alcol che c’era in casa” aggiunge l’altro. Poi abortisce ma sta così male che devono andare in ospedale.