di Sel -Spoleto(*)
Sinistra Ecologia Libertà non rimarrà sorda, cieca e muta dinanzi all’indecente divenire dello scenario politico istituzionale del Paese. Evidentemente per il PD e il suo leader Pierluigi Bersani non è stata ritenuta sufficiente la conduzione dissennata e mediocre della campagna elettorale, in cui le ragioni forti della coalizione Italia Bene Comune – le ragioni di una grande trasformazione e riforma radicale della società e della politica, volta esclusivamente all’interesse generale dei cittadini e al superamento della gravissima crisi di sistema che ci affligge – sono quasi del tutto sparite in luogo di una spasmodica quanto assurda ricerca dell’intesa con Monti ed i centristi, con l’esito che i cittadini non hanno ritenuto credibile il progetto delle forze progressiste. ll conseguente insuccesso elettorale è originato quindi da simili e gravi errori, vorremmo dire, citando Nichi Vendola, da uno “strabismo a destra”, indissolubilmente connaturato al gruppo dirigente del PD.
A seguire, le ultime iniziative vergognose intraprese unilateralmente dagli stessi vertici del PD per la formazione del governo e l’elezione del presidente della Repubblica, due nodi da doversi sciogliere in una logica politico-istituzionale concertata prioritariamente nel centro-sinistra, hanno, di fatto, condotto alla rottura del vincolo di coalizione. Italia Bene Comune, purtroppo sembra aver esalato l’ultimo respiro, per responsabilità diretta delle camarille e delle correnti imperanti all’interno del partito democratico.
Non si è voluto, scientemente e follemente, indirizzare l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica verso la figura prestigiosa di un intellettuale progressista e giurista di statura internazionale quale è Stefano Rodotà, esclusivamente per perseguire quel progetto politico d’impianto autoritario, della grande coalizione o larghe intese, richiesto a gran voce da poteri forti di questo Paese e dai media di regime sin dal 2011 e che ha condotto, per il tramite del governo Monti e la sua vergognosa opera di macelleria sociale, ad ultimare il disastro economico, produttivo e occupazionale già iniziato dal governo Berlusconi.
Vi erano le condizioni politiche e programmatiche, indicando Stefano Rodotà alla presidenza della Repubblica, come auspicato dagli appelli di tanti intellettuali e cittadini di ogni estrazione sociale, per realizzare e costituire con il M5S, ricordiamoci, piaccia o no, il vero vincitore delle ultime elezioni politiche, una maggioranza parlamentare e un governo di radicale innovazione per la società italiana, vorremmo dire tecnicamente “rivoluzionario” – secondo l’auspicio di quel grande intellettuale che è stato Mario Monicelli – e ciò al netto di ogni colorazione demagogica, nella lotta senza quartiere alla crisi economica e al vastissimo disagio sociale, per i diritti, l’equità e la redistribuzione del reddito.
Si è scelto, al contrario, non le nobili mediazioni, come vorrebbe sostenere qualche politico di professione nonché da strapazzo, ma l’inciucio vergognoso di Palazzo, raggiunto nottetempo in segretezza con colui il quale è il nemico giurato della Sinistra e vorremmo dire, di ogni ipotesi di riforma democratica del Paese, il cavalier Berlusconi. Chi non credeva che da venti anni, i gravissimi conflitti d’interesse di questo squalificato personaggio abbiano trovato nel gruppo dirigente dei vari PDS, DS, PD, la miglior tutela, è definitivamente servito. Si è giunti, nel PD, a giubilare il proprio padre nobile, Romano Prodi ed accettare una soluzione, quale è stata la rielezione di Giorgio Napolitano, che se pur costituzionalmente legittima, riveste senz’altro il carattere dell’eccezionalità nel contesto della storia repubblicana, ed è stata intesa e realizzata deliberatamente per favorire questo mostruoso connubio PD/Berlusconi. Dobbiamo ricordarlo a certi supponenti quanto intellettualmente disonesti osservatori, che ciò che si sta realizzando, è molto diverso dalle condizioni e dalla natura politica del compromesso storico degli anni a cavallo tra ‘70 e ’80, né esistono allo stato attuale, figure alte di statista quali Enrico Belinguer e Aldo Moro.
Sembra davvero, come ha scritto Michele Serra su Repubblica, nella Sinistra, anzi nel PD, “…vi sono uomini di sinistra che odiano la sinistra…”. Miglior epitaffio per un partito e per una classe dirigente che si è suicidata politicamente, non c’è. Disperiamo, nonostante la rivolta in atto da parte di tanti giovani e militanti democratici in tutta Italia, con l’occupazione delle sedi del partito, che il PD possa essere ricondotto nel campo e nelle politiche della Sinistra, la pur nobile proposta di Fabrizio Barca sembra scontrarsi con logiche politiciste, tese solo alla conservazione delle oligarchie di potere di quel partito e delle sue correnti.
Resta, forte e chiaro, alternativo ai bassi compromessi di Palazzo, il progetto promosso da SEL e da Nichi Vendola, e che vedrà la luce nella prossima assemblea dell’11 maggio a Roma, per il cantiere del nuovo soggetto politico della Sinistra, una sinistra plurale e con l’ambizione del governo e della trasformazione radicale del Paese, che si rivolge ai movimenti e all’ associazionismo civile, alla FIOM, ai giovani, alle donne, agli ambientalisti, ai precari, ai disoccupati e alle tante/i cittadine/i condotte/i all’emarginazione e alla disperazione da vent’anni di malcostume, corruzione e dissennate politiche neoliberiste e antisociali, responsabili di tanto e profondo disastro.
(*) Circolo SEL “E. Berlinguer”