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Fiorivano le viole: fare comunità nel centro storico di Perugia

Redazione

Fiorivano le viole: fare comunità nel centro storico di Perugia

Dom, 29/11/2020 - 12:30

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Da zona di degrado a meta turistica: la trasformazione socio-urbanistica del quartiere di Via della Viola passa attraverso l'impegno dei residenti

La delocalizzazione delle aziende e delle funzioni pubbliche, la creazione di vere e proprie aree commerciali periferiche, il modello dell’università diffusa: Perugia è una città che nel corso dei decenni muta in maniera rapida e contraddittoria. Il centro storico in special modo, da “luogo dell’identità condivisa” per eccellenza, si trasforma lentamente in un ambiente degradato: il senso di abbandono eleva la soglia di indifferenza, cresce il livello di insicurezza e si moltiplicano gli episodi di criminalità. Una sorta di auto-espulsione disgrega col passare degli anni, la vecchia società perugina e i rioni storici vengono lasciati agli studenti e agli immigrati da poco arrivati in città.

Via della Viola, non si distingue dal resto dell’agropoli: la chiusura del polo ospedaliero di Monteluce, ne ha determinato l’isolamento; una dietro l’altra le attività commerciali chiudono i battenti; i residenti inquieti, si trincerano nelle proprie abitazioni; spaccio e degrado la fanno da padroni. E tuttavia c’è un fermento nell’aria: una minoranza creativa e combattiva si pone come obiettivo la riconquista del luogo conteso e la “chiamata alle arti” arriva.

TuttOggi.info ha voluto capire quali processi e spunti hanno mosso questo cambiamento, andando ad intervistare il presidente dell’associazione ‘Fiorivano le Viole’ e di una dei volontari che si adoperano per il quartiere.

“Nel Novembre del 2012 abbiamo dato vita all’associazione ‘Fiorivano le Viole’ nata dalla volontà comune di porre fine ad una situazione di degrado protrattasi troppo a lungo” racconta il presidente dell’associazione Giuseppe Matozza. “La prima riunione indetta vide un’affluenza grandissima e inaspettata: circa 150 residenti di tutte le età si presentarono incuriositi e speranzosi. Ci sorprendemmo nello scoprire che si trattava di nostri vicini di casa, rimasti fino ad allora sconosciuti”.

Utilizzare l’arte come rinascita

“Ci muovemmo in maniera concreta e determinata” continua il presidente “chiedemmo ai proprietari di concederci l’utilizzo dei loro spazi sfitti perché fossero trasformati in botteghe d’arte. I “collaborazionisti” furono 14 e gli artisti affluirono da ogni parte. Si ricominciava a sperare, a produrre cultura, arte, soprattutto socialità. Il quartiere da chiuso, buio, abbandonato, iniziò a vivere una nuova esistenza, trasformandosi in un’installazione d’arte permanente, un presidio di poesia e amore, meta quotidiana di turisti e curiosi”.

Idee, collaborazione, condivisione

“Iniziammo a lavorare sulla pubblicizzazione dell’associazione, cercando di attrarre una platea esterna. Da lì l’idea di eventi culturali da destinare all’intera comunità. Nel 2013 partimmo con la rassegna di cinema e teatro; da Donati&Olesen, alla compagnia “Artisti sul Mondo”, fino ad arrivare a Giampiero Frondini che portò in scena il famossimo spettacolo di Dario fo, ‘Lo santo jullare Francesco’: diversi furono gli artisti locali che collaborarono gratuitamente al progetto.

Dalla necessità culturale al ritorno economico

“Il ritorno economico per il quartiere fu immediato: mentre quasi con cadenza mensile si tenevano eventi aperti al pubblico, i giovani tornavano a circolare per le strade e le attività commerciali a riaprire. Il processo di trasformazione ebbe dunque effetti benefici sull’intera comunità ma il punto di partenza,” ci tiene a sottolineare il presidente, “era e resta una necessità di tipo culturale. Investendo nella cultura abbiamo posto le basi per un successivo sviluppo economico, la cultura e l’arte hanno fatto da leva per tutto il resto.”

Il rapporto con le istituzioni

“Come associazione culturale, siamo fuori dalle logiche politiche cittadine; abbiamo realizzato tutto questo in completa autonomia” afferma con un certo orgoglio il presidente “ma il rapporto con le amministrazioni che si sono succedute nel tempo è sempre stato positivo e pacifico. Abbiamo avuto bisogno di speciali permessi per rendere Via della Viola una mostra permanente a cielo aperto e ovviamente il nostro progetto ha sin dall’inizio destato una certa curiosità.”

“Ricordo che nelle settimane successive all’insediamento, la nuova giunta venne a trovarci” aggiunge il presidente “alle presentazioni, seguì una battuta dell’attuale sindaco (Andrea Romizi ndr) che fece ridere un po’ tutti: ‘Siamo in Via della Viola signori, qui vige une legge differente’”.

“Inoltre, bisogna ricordare che molte delle nostre iniziative, sono sostenute dai fondi regionali ed europei. Per quanto tutti noi collaboriamo in maniera totalmente gratuita al progetto, i fondi ci consentono di concretizzare le nostre idee”.


Le attività di Fiorivano le Viole – Immagini


Alchemika

Il tempo e la perseveranza portano sempre a grandi risultati e Alchemika, il festival di teatro di strada e cirque nouveau che ha luogo ogni anno, ne è il simbolo più evidente. La manifestazione che si svolge sin dal 2013 è diventata oramai un appuntamento fisso e atteso e a esserne la prova è la grande partecipazione che raccoglie ogni anno.

“Alchemika si è svolta anche quest’anno e con buona risposta del pubblico, che ha partecipato numeroso. Nonostante tutte le difficoltà del caso, siamo riusciti a portare a portare nuovamente la magia in città, garantendo tra l’altro, la presenza di grandi nomi dello spettacolo; basti pensare a Moni Ovadia, esibitosi in compagnia delle ‘Zingare Spericolate’. Purtoppo il festival si è svolto lontano dalla strada che ne è la culla ma è stato necessario: abbiamo comunque lottato per tenere alta la bandiera dell’arte. La categoria dei lavoratori dello spettacolo, così duramente colpita dalle chiusure legate al Covid, ne aveva bisogno più che in passato.”

L’arrivo della pandemia

La cassetta della posta solidale

“In generale la pandemia ha sospeso diversi progetti su cui stavamo lavorando”. A parlare è Irene, giovane volontaria dell’associazione. “Saremmo dovuti partire, come ogni anno, con i corsi di lingua, il corso di teatro portato avanti da Giorgio Donati e con tutte le altre attività. Tutto questo non ci ha fermati e abbiamo anzi sentito l’esigenza di far sentire più forte la nostra presenza, attivando diverse iniziative solidali: dal paniere solidale, il servizio di spesa sospesa reso possibile grazie alla collaborazione della Coop del centro, a quello della posta solidale, che consente agli abitanti del quartiere di lasciare all’associazione una specifica richiesta di aiuto ma è persino attivo il servizio del farmaco sospeso. Non solo, nel pieno rispetto delle norme vigenti, resta aperta la saletta musicale che si trova nella sede dell’associazione, il piccolo auditorium Balena di Via Cartolari e il laboratorio di teatro partecipato degli “Affacciati” si svolge regolarmente sulle piattaforme digitali”.

Uno sguardo rivolto al futuro

Il progetto portato avanti instancabilmente dai 159 volontari dell’associazione di Fiorivano le Viole, rende chiaro come l’aggregazione spontanea di una comunità che si riscopre intorno ad un progetto comune, consenta di superare in modo creativo situazioni problematiche e come l’accesso alle risorse culturali possa essere agevolato o ostacolato dalle dinamiche sociali che si vengono ad instaurare.

“A otto anni di distanza bisogna ammettere che la sfida della trasformazione è stata vinta e l’obiettivo di una riqualificazione urbana, culturale e artistica, è stato raggiunto. Erano in molti a non credere nel progetto” conclude il presidente “ma noi siamo ancora qui, con la stessa passione che ci anima sin dal primo giorno. Non ho dubbi: l’entusiasmo non si spegnerà e la necessità di un ritorno alla poesia, alla solidarietà e all’amore continuerà ad essere avvertita”.

Articolo di Mariapiera Simeone – Foto di repertorio, fornite dall’associazione
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