E’ andata bene, ma abbiamo scherzato. Questa la sintesi della conferenza stampa finale di Umbria Jazz Spring a Terni, tenuta ieri, 20 aprile, a Palazzo Spada dal duo ben assortito composto da Leopoldo Di Girolamo, sindaco e Carlo Pagnotta, direttore artistico. Supporters a latere, l’Assessora alla cultura Tiziana De Angelis e il Vice presidente della Regione, il ternano Fabio Paparelli.
Uno show impagabile in cui la coppia dà vita a qualcosa che sembra somigliare ad alcune gag cinematografiche famose. Una scenetta come quella della celebre domanda al Vigile Urbano di Milano dei Fratelli Caponi (Totò e Peppino) “Per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare? Sa è una semplice domanda….”. Psicologicamente la messa in scena ha la struttura del “non so se mi sono capito”.
Il duo ben assortito nel breve volgere di una oretta riesce a dire tutto e il contrario di tutto. Non fosse altro perché era stata proprio Umbria Jazz, nella persona del Vice Presidente della Fondazione, Stefano Mazzoni, alcune ore prima della conferenza allo Spada, a mettere nero su bianco cosa ne pensava dell’evento (CLICCA QUI). Nella nota ufficiale Mazzoni scrive chiaramente che l’edizione zero, cosiddetta, non è andata secondo le aspettative. Un modo edulcorato per dire che non è andata bene affatto.
E in conferenza stampa, Pagnotta, a cui va riconosciuta la capacità di essere franco e determinato come un cazzotto in un occhio, aggiunge “Siccome non mi accontento mai, posso dire che quest’anno abbiamo scherzato, mi aspettavo qualcosa di più anche se le cose sono andate abbastanza bene”. Tradotto in due parole e un numero, 1800 biglietti venduti.
Nella nota stampa a firma Mazzoni, UJ aveva parlato di 1600-1700 presenze per 4 concerti. Ma senza spaccare il capello in quattro, quello che salta all’occhio a Palazzo Spada è la gioia incontenibile degli amministratori cittadini opposta alla felpata cautela del patron Pagnotta, che la coda ce l’ha lunga e sa bene che ci vogliono le persone ai concerti per fare le frittelle.
Un Soldout sicuro come quello di Paolo Fresu (che suona un ibrido, in termini jazzistici, del Laudario di Cortona), o concerti piacioni come quelli di Danilo Rea e Peppe Servillo e i popolari Gospels (anche se non assoluti) stridono con la povertà di pubblico di alcuni concerti dove il jazz o le sue dirette derivazioni si suonavano davvero, (Incognito, Chico Freeman, Sammy Miller etc.).
E aggiunge Pagnotta, “La gente deve riabituarsi, è fondamentale, altrimenti potremmo avere delle difficoltà”. Giusto, rieduchiamoli allora, magari con un programma meno piacione.
Sostiene Di Giralomo, “Abbiamo messo in piedi in poco tempo un programma significativo ed accattivante che la città ha apprezzato. Sistemeremo quello che non è andato bene”. Gli fa eco l’Assessora De Angelis, che in piena fase spirituals (per rimanere in tema con i Gospels ternani di UJ), sostiene “Il messaggio che volevamo mandare, cioè il ritorno di una magia, di una speranza, la voglia di rifare comunità, è finalmente arrivato. Umbria Jazz dopo 12 anni ha riportato in città questa magia”.
E meno male che alla conferenza allo Spada non c’era Harry Potter, altrimenti il dubbio legittimo sarebbe stato che la De Angelis fosse stata colpita dall’incantesimo Expecto Patronum.
Molto felice anche Fabio Paparelli che dopo aver annunciato variazioni sulle presenze nel territorio in termini di “zero virgola” decimali (rispetto al 2015 un +0,2%, ma con un calo prevedibile del 10% rispetto al 2016 causa sisma), si allarga e spara “Umbria Jazz era una scommessa, una prova generale perfettamente riuscita che ha immerso la città in una contaminazione di musica e cultura. E’ stata rimarginata una ferita aperta, Umbria Jazz è nata a Terni e non poteva rimanere lontana da Terni. Umbria Jazz è tornata definitivamente a casa”.
Ora, a parte i decimali e a parte il “perfettamente riuscita”, quello che interrompe il karma nella conferenza stampa a Palazzo Spada è quel “Umbria Jazz è tornata definitivamente a casa”. Non ci giureremmo, ma ci è sembrato di vedere un lampo attraversare gli occhi di Pagnotta che dovrebbe avere altre idee su dove sia casa. E si sa, un conto è il domicilio e un conto la residenza.
Tant’è che proprio il direttore artistico di UJ, evita di fomentare ulteriori entusiasmi e dopo aver annunciato le date per il 2018 (dal 27 al 30 aprile con possibile concertone a sorpresa il 1 maggio), saluta gli sponsor (Luigi Carlini per la Fondazione Carit e Fabio Cortelli per la Erg) e gli apparecchia la tavola per il prossimo giro di giostra: “Vedremo come sarà il programma, abbiamo un anno per lavorarci e se ci mettiamo di buzzo buono… chiaro che difronte all’entusiasmo iniziale, qui ci sono gli sponsor, la Erg e la Fondazione, l’impegno diventa molto gravoso”. Ecco! Senza lilleri non si lallera, giusto per chiarire. Volete il programmone, e allora “aprire borsellino”. Questo si, un grande classico.
A conferenza stampa chiusa però ancora non è chiaro , tra chi la canta e chi la suona, se è andata bene o male o così così. Che sia qualcosa del genere “Non c’è maluccio” ?
Eppoi, alla fine, per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare? Mah.
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