Umbria Jazz 15, Bollani maneggia Zappa rispettando le "istruzioni per l'uso" - Tuttoggi.info

Umbria Jazz 15, Bollani maneggia Zappa rispettando le “istruzioni per l’uso”

Carlo Vantaggioli

Umbria Jazz 15, Bollani maneggia Zappa rispettando le “istruzioni per l’uso”

Splendido concerto del "barbone di Siviglia" | Arena soddisfatta|Ottima la Paolo Fresu Brass Bang, da intenditori
Lun, 13/07/2015 - 12:00

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Stefano Bollani è un habituè di Umbria Jazz. Nel tempo è capitato di vederlo protagonista ma anche semplice spettatore. Ce lo ricordiamo al concerto del 2010 di Tony Bennett (che tornerà a Perugia proprio quest’anno nella poco rassicurante compagnia di Lady Gaga), mentre si divertiva un mondo ad ascoltare il vecchio crooner cantare gli standards degli anni’60 e ’70.
Bollani è la personificazione del perfetto melting pot musicale universale. Dalle sue dita, ma ancor prima dalla sua testa, escono idee meravigliose che non di rado mettono a segno successi clamorosi. Era accaduto con l’incursione nella musica brasiliana (Carioca 2008), e anche nella più recente esperienza di divulgatore musicale di lusso in televisione (titolo sussiegoso della trasmissione, “Sostiene Bollani”). Per non parlare poi delle importanti collaborazioni con direttori d’orchestra del calibro di Riccardo Chailly, suonando Gershwin, Ravel e Stravinsky. E cosa non di poco conto, è un simpatico “barbone di Siviglia”, certamente più di quel musone un po’ maleducato, di Keith Jarrett, anche lui perfetto esecutore di Bach, Mozart ed Haendel, ma che a Perugia, nell’ultimo concerto del 2013, mostrò le spalle al pubblico e al buio per oltre un ora.
Bollani magari lo puoi vedere in ginocchio, su un piede solo, steso lungo o mezzo infilato nella cassa armonica del pianoforte, sempre con i capelli al limite dello strofinaccio, ma mai al buio, di spalle o senza sostenere un dialogo, per lo più da guascone, con il pubblico.
Per Bollani, arrivare dunque a trattare il tema Frank Zappa è stato un soffio. L’autore di memorabili, dissacranti pezzi della storia musicale americana a partire dalla fine degli anni’60 sino alla soglia dei’90 ( Zappa è morto nel 1993 per il solito maledettissimo cancro), il mito di intere generazioni, ancora oggi pietra di paragone per chi cerca una chiave compositiva originale nel rock, sempre in bilico tra jazz e composizione contemporanea alla Stravinskij, di cui era un grande estimatore, ma anche il paladino della libertà di espressione, contro tutte le censure, che finì in audizione davanti al Senato Americano a spiegare perchè chi voleva la censura era come quelli “che si propongono di evitare la forfora con la decapitazione”.
Per Stefano Bollani un piatto succulento su cui studiare. Il suo Sheik yer Zappa, presentato ieri sera al Santa Giuliana, ma nato come progetto già nel 2011, coglie nel segno e lascia a bocca aperta e soddisfatto il pubblico accorso ancora una volta numeroso in Arena. Impensabile non trovare il segno della “bollanitudine” nel rimaneggiamento musicale, rigorosamente secondo le istruzioni per l’uso, di pezzi gloriosi come Peaches en regalia, suonato in un “solo” torrenziale dove non vengono lesinati i debiti di formazione di Bollani verso maestri come Armando Chick Corea. O anche Uncle Meat o Bobby Brown goes down, e come finale e bis della serata una tendenziosa I have been in you, con tanto di spiegazione divulgativa sull’origine del pezzo e sulla differenza tra essere in un corpo ed essere stato in un corpo, secondo l’assonometria sessuocorporale zappiana.
Con Bollani 3 formidabili musicisti, Jason Adasiewicz al vibrafono, Paul Santner al contrabbasso e Jim Black alla batteria. Fatta eccezione per il rigoroso ed elegante Santner, Adasiewicz, sorta di hipster tarantolato, ha provato più di una volta a divorare il suo strumento suonandolo, il tutto con grande soddisfazione di Bollani che di cose strane mentre suona se ne intende, mentre Jim Black ha fatto capire come non si può vivere, nel 2015, di solo Vinnie Colaiuta e Omar Hakim, tanto per citarne due adatti al genere “Bollani”.
A seguire arriva sul palco di UJ la Paolo Fresu Brass Bang. Un vero “scoppio primordiale” di fiati con musicisti divertenti e divertiti, senza contare le qualità tecniche indiscutibili.

Steven Bernstein, Gianluca Petrella, e Marcus Rojas, oltre naturalmente Paolo Fresu, danno vita un classicissimo quartetto di fiati che mette in repertorio pezzi dei singoli musicisti rimaneggiati per l’occasione, ma anche Haendel e Weather Report. Dunque la nascita del macrocosmo musicale attraverso un soffio potente. Cosa ci può essere di più spirituale di tutto questo? Il concerto della Brass Bang è assolutamente divertente ed evocativo come quando Marcus Rojas (BassoTuba) nella introduzione del pezzo di Fresu, Dissonanze cognitive, produce una affabulazione sonora, quasi una vera chiacchierata attraverso il bocchino del suo aerofono, sullo stile della scuola di Hermeto Pascoal.
Un godevole concerto dove è innegabile la bravura di tutti, ma con un occhio particolare a Gianluca Petrella che ha ancora molto da dare.
E così dopo una serata “anema e core” con Paolo Conte, ed una a nostro parere, indecifrabile, se non solo come “cash and carry”, con i Subsonica, arriva a Perugia una domenica bestiale, nel senso di bella e soddisfacente con Bollani-Fresu Brass Bang. Come sempre, sfidando ogni possibile critica, ci sentiamo di dire che il concerto di Stefano Bollani è stato uno dei migliori delle ultime sue partecipazioni a Umbria Jazz.

L’intera serata è stata dedicata all’Ente Nazionale Sordi e a molti iscritti presenti che hanno potuto seguire il concerto grazie al nuovo sistema sensoriale inventato da Toyota e presente in fondo all’arena Santa Giuliana con una fila scenografica di sfere luminose dotate di speciali sensori.
Stasera attesa per due pezzi forti, The Bad Plus con Joshua Redman e a seguire i fortissimi, premio Grammy incluso, Snarky Puppy.

Riproduzione riservata

Foto: (Carlo Vantaggioli) Tuttoggi.info

Video: (Nicola Palumbo) Tuttoggi.info

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