(Jac. Bru.) – Il giorno più lungo della carriera di sindaco di Daniele Benedetti si conclude con un consiglio comunale più breve del previsto, caratterizzato dalla lettura della lunga lettera in cui il primo cittadino ha spiegato le ragioni delle sue dimissioni e da due sospensioni: una prima ‘fisiologica’ di circa 15 minuti e una seconda quasi a sorpresa, non accettata, che di fatto ha generato la chiusura anticipata dai lavori.
In mezzo, per la verità, c’era stato il ‘coupe de theatre’ sulla mozione a carattere urgente presentata nei giorni scorsi dai consiglieri di minoranza Hanke e Dominici, che sulla scorta di quanto dichiarato dall’ex DG Angelo Cerquiglini chiedevano un riconteggio del disavanzo giudicato molto al di sotto delle stime ufficiali (9,7 milioni di euro). Una mozione che però è stata respinta, non senza agitazione dell'aula consiliare, sopratutto tra i banchi del centrodestra, perché gravata da un difetto di legittimità. Tuttavia il documento – che, probabilmente, verrà ripresentato a stretto giro con le dovute modifiche formali – non significherebbe che i due firmatari compiano il ‘voltafaccia’ votando contro la mozione di sfiducia, di cui peraltro sono entrambi firmatari. A tal proposito Dominici ha rimarcato di fronte alla stampa di non essere “la stampella di nessuno”.
Tornando alle dimissioni di Benedetti, la lettera che l’ormai ex primo cittadino ha letto tocca i temi già trattati di fronte alla stampa e alla cittadinanza, dal “non essere di intralcio” al “tutelare Spoleto e gli spoletini predisponendo un rientro con procedure ordinarie”. “Non che l’arrivo del commissario – si legge – significhi dare la città al diavolo, tutt’altro, ma innegabilmente il fatto in sé significherebbe la sconfitta dell’istituzione e della città di Spoleto e non solo, e semplicemente, della Giunta in carica”. E’ stato questo, di fatto, l’ultimo atto del consiglio odierno, visto che la seconda sospensione in pochi minuti richiesta dalla neo capogruppo del PD Daniela Tosti (prende il posto di Marco Trippetti dimissionario per motivi personali, ndr) per “riflettere sulle dimissioni del primo cittadino” ha incontrato il no deciso dell’opposizione e indotto la maggioranza ad alzarsi ed uscire dall’aula, facendo così mancare il numero legale. Appare sempre più probabile a questo punto che la prossima seduta del massimo concesso cittadino sarà quella in cui si discuterà la mozione di sfiducia. Il 24 ottobre forse, anche se non risulta ancora la convocazione.
Di seguito il testo integrale della lettera di dimissioni
“Questa crisi economico finanziaria ha assunto tutti i contorni di una crisi politica e il Sindaco è il primo imputato sul tavolo delle accuse. Non vi è dubbio che ci sia una responsabilità politica del Sindaco, come delle amministrazioni che hanno preceduto questa. Lo vado ripetendo da mesi e riaffermo che la mia quota di responsabilità la assumo tutta intera, ma sarebbe altrettanto corretto che ognuno assumesse la sua.
Voglio precisare però che non si deve ridurre il tutto ad uno scarica barile tra me e i miei predecessori, il problema che abbiamo di fronte è quello di un sistema, tutto italiano, che da anni mette in seria difficoltà le autonomie locali.
A livello locale la criticità è di un’intera classe dirigente che ha difficoltà a misurarsi con la complessità di questo territorio che come dice Bruno Bracalente nel suo recente studio: “ha radici strutturali, lontane e profonde”. Dobbiamo essere responsabili, ma che significa esserlo? La prima regola è che emerso un problema non si scappa, la seconda che le soluzioni esistono, comunque e sempre, ed anche nelle fasi più difficili vanno cercate e trovate. Il regolamento dei conti è una fase successiva.
Sulla base di queste convinzioni, con responsabilità e tempestività, anche sulla base delle segnalazioni dell’opposizione, a cui va dato merito, ma anche sulla scorta delle informazioni via via acquisite, abbiamo fermamente voluto conoscere la reale situazione di bilancio avviando un Riaccertamento Straordinario di tutti i residui attivi e passivi che si è fondato su un metodo innovativo, approfondito, analitico e selettivo. In estrema sintesi abbiamo voluto applicare un metodo rigoroso e prudenziale che sarà utile, tra l’altro, per introdurre la contabilità analitica che entrerà i vigore nel 2015 e a cui, in via sperimentale, si sono già convertiti solo pochissimi comuni. Rispetto a questa nostra scelta, l’ex direttore generale solleva obiezioni con convinzione e forza che potranno e dovranno essere approfondite.
Il dovere di ogni buon padre di famiglia è quello di non fare spese superiori alle disponibilità e di operare con il massimo impegno per dare tranquillità ai famigliari anche nelle situazioni più difficili. Se poi la situazione precipita è altrettanto forte il dovere di cercare e applicare le soluzioni.
Quando si rischia il commissariamento di un’azienda o di un’industria, siano esse a partecipazione pubblica oppure totalmente private, si fa giustamente di tutto per tutelare i lavoratori ed i loro diritti. Di questi esempi, purtroppo, ne abbiamo anche a casa nostra. Perché allora quando si tratta di un comune di 40.000 abitanti non vale lo stesso principio, non si trovano le stesse convergenze e lo stesso impegno condiviso per tutelare città e cittadini ? Mi permetto di ricordarvi che la tutela dei diritti dei cittadini è uno dei cardini del nostro ordinamento e vi invito a considerare che i riflessi del disavanzo comunale si ripercuoteranno, suo malgrado, su ogni cittadino. Spetta a noi tutelare i più deboli, spetta a noi trovare soluzioni di rientro che poggino sui principi di gradualità e progressività stando bene attenti a mettere in piedi formule che chiedano a ciascuno il sacrificio commisurato alle proprie tasche.
Mi sono anche chiesto : “possibile che non prevalga il profilo istituzionale e il sentimento di appartenenza ad un comune che è la “casa di tutti” e ad una città che è la storia e l’orgoglio di ciascuno?” Aprire le porte al Commissario non significa dare la città al diavolo, tutt’altro, ma innegabilmente il fatto in sé significherebbe la sconfitta dell’istituzione e della città di Spoleto e non solo, e semplicemente, della Giunta in carica. Vi pongo due domande :
– “ non è meglio trovare insieme la strada per uscire dalla difficoltà? “
– “Non è meglio discutere e confrontarsi serenamente forze politiche e sociali, cittadini e Amministrazione per trovare insieme le soluzioni più sostenibili, quelle cioè che possono essere praticate senza costituire un peso eccessivo sulle tasche e sulle spalle di cittadini già duramente provati dalla lunghissima crisi che stiamo attraversando ?”
Questi mi sembrano ragionamenti di buon senso, come di altrettanto buon senso dovrebbe essere la ricerca di informazioni su come si stanno affrontando tante altre situazioni italiane similari alla nostra. Per esempio, considerato che su quella vicenda tanto si è detto in questi giorni paragonandola impropriamente a Spoleto, anche se la nostra situazione è del tutto diversa, ebbene vi invito a leggere l’articolo del settimanale “l’Espresso” della scorsa settimana sulla vicenda del buco di Alessandria.
Nonostante tutto ciò, ad oggi non tutte le forze politiche accolgono o condividono la mia impostazione fondata unicamente sulla volontà di restituire al bilancio comunale i conti in ordine e quindi una condizione di agibilità per chiunque verrà dopo di me. Deve essere chiaro: l’unico intento è quello di ridare operatività al Comune di Spoleto e prospettiva alla città, anche perché l’appuntamento elettorale è alle porte, diverso sarebbe stato se avessimo avuto davanti un tempo più lungo. In estrema sintesi: il rischio non c’è perché io mi sottopongo al giudizio proponendo un piano di sacrifici.
Certo le difficoltà non mancano perché uno squilibrio di questa entità sarebbe stato ben più facilmente riassorbibile in tre anni, se avessimo avuto il Bilancio Preventivo 2013 già approvato, ma purtroppo così non è. Non lo è per noi, ma nemmeno per la maggior parte dei comuni italiani costretti, come sono, a dover approvare il Bilancio di Previsione entro il prossimo 30 novembre. A questa data negli anni passati, (quelli non toccati dalla crisi), si metteva mano alla predisposizione del Consuntivo, tanto per fare un esempio: pensiamo un attimo a quale Piano Triennale delle Opere Pubbliche potranno fare i comuni italiani o a quali misure di sviluppo potranno ancorare le previsioni di una spesa già consumata per dodicesimi!
Tuttavia dalle linee guida che stiamo discutendo in giunta emerge che la possibilità del rientro in tre anni esiste ed è già una bella notizia perché allontana l’ipotesi di dover chiamare i cittadini a sacrifici più lunghi nel tempo pari almeno a 5 anni. Da questo punto di vista credo che chiunque capisca, senza bisogno di particolari spiegazioni, che prima si ripiana meglio è per tutti.
Dopo aver ripetuto queste cose tantissime volte mi sono detto : “non riesco a farmi capire perché tutta la vicenda è imperniata sull’attuale sindaco e sul suo operato”. Col passare dei giorni e con il proseguire degli incontri con la città, le forze politiche e le organizzazioni sono giunto alla conclusione che in questa fase il problema, almeno per le forze politiche, è davvero l’attuale Sindaco, o per lo meno, lo è molto di più del bilancio comunale e della difficile situazione della città.
Mi rendo anche conto che questo è un intervento istituzionale, svolto per parlare al Consiglio Comunale e alle forze politiche che vi siedono. Ben altro sarebbe il linguaggio da utilizzare con i cittadini affinché essi possano comprendere la situazione. Riprenderò questa tema, ma in questa sede non posso non analizzare il fenomeno che si è prodotto tra le forze politiche dopo l’accertamento del disavanzo, fenomeno confermato da molti osservatori e sintetizzato in poche parole: “la campagna elettorale è già iniziata”. Credo che gli osservatori abbiano ragione, almeno per come sono andati gli incontri con i cittadini. Pochissimi cittadini presenti, tantissimi rappresentanti politici e addetti ai lavori. Non dobbiamo nasconderci dietro una realtà palese: i nostri incontri, voluti e pensati per e con i cittadini, si sono trasformati in una sorta di “Consigli comunali aperti” e itineranti, dove poter misurare le forze in campo in vista della prossima scadenza elettorale (ancorché pochi fossero i consiglieri comunali presenti).
Non c’è da stare allegri, ma piuttosto avverto il dovere di guardare la realtà in faccia e invito ciascuno di voi a chiedersi il perché di una così scarsa partecipazione. Personalmente ci sto ancora riflettendo perché ritengo un dovere politico il riuscire a comprendere le ragioni di tanta assenza, di un così grave allontanamento dei cittadini dalla politica e dalle cose che più direttamente li riguardano. Sono del parere che su questo tema dobbiamo tutti confrontarci con lealtà e responsabilità.
Le mie prime riflessioni mi portano a considerare che per destare l’interesse dei cittadini non bastano gli articoli dei giornali e nemmeno i commenti on-line, così come sono consapevole che non bastano nemmeno i messaggi, le interviste e le dichiarazioni del sindaco. E’ un problema che investe tutta la politica e tutti i gruppi perché nel nostro caso non possiamo limitarci e generalizzare affermando che i cittadini dimostrano disaffezione da anni e anni. La nostra, ripeto, è una situazione straordinaria che purtroppo investe direttamente ogni cittadino. Proviamo allora a trovare insieme le sedi più giuste, i modi e i linguaggi più comprensibili ed efficaci. Proviamo a chiedere mezzo passo indietro al linguaggio della politica per aprirci, tutti, a quello del cittadino comune, che forse ancora non lo sa, ma dovrà fare anche lui i conti con il disavanzo del suo comune. Un disavanzo che ripeto per l’ennesima volta non conoscevamo, un buco generato da un modo di far di conto che si protrae da anni, un ammanco dovuto ad errori contabili e non a ruberie. Ciò non toglie che chi ha sbagliato dovrà essere individuato e dovranno essere adottate le necessarie misure disciplinari previste dalla legge.
Ho voluto presentare al Consiglio Comunale e motivare al “massimo consesso democratico ed elettivo” della città le mie dimissioni, non tanto perché è la legge che attribuisce questa potestà al Consiglio, quanto perché sono fermamente convinto che questa è la regola e la strada fondante della democrazia e delle istituzioni. Le dimissioni si danno ai consiglieri che hanno discusso, confrontato e approvato il Programma di Mandato di questa amministrazione 2009 – 2014 dando fiducia a chi glielo aveva sottoposto.
Oggi deposito le mie dimissioni perché di fronte alla necessità importante e urgente di restituire tranquillità al bilancio comunale e con essa prospettiva alla città non voglio essere assolutamente di intralcio. Le presento con la speranza che da qui possa ripartire la strada dritta, sgombra da retro pensieri e battaglie di posizione, quella strada che democraticamente possa consentire un dibattito che vada oltre i confini che in questi anni si sono consolidati in Consiglio Comunale.
Ribadisco che continuo a ritenere doverosa la strada ordinaria, quella che ogni buon padre di famiglia è chiamato a percorrere e torno ad indicarla con forza perché sono convintissimo che una cosa è il risanamento di bilancio, altra cosa sono la scadenza amministrativa e la conseguente kermesse elettorale, ormai alle porte. Vi chiedo di concentrarci sull’oggi, lavoriamo convinti per restituire ai cittadini un po’ di certezze senza nascondere la consapevolezza che da qui a pochi mesi saranno liberi di votare come vorranno. Non anticipiamo le stagioni, la primavera viene dopo l’inverno e adesso siamo in autunno, un autunno del quale dobbiamo saper leggere i tanti colori delle foglie che cominciano ad andare in riposo.
In ultimo consentitemi l’ennesima precisazione. Mi si accusa di immobilismo, di non aver mantenuto fede al programma di mandato, di non avere il coraggio necessario per affrontare le situazioni complesse e di tanto altro ancora.
Mi sono stancato di ripetere le stesse cose, ma oggi in questa sede non posso esimermi dal farlo. Quando nel 2009 ho sottoposto al Consiglio Comunale il programma di Mandato, costruito con tutta la coalizione di maggioranza, le regole del gioco erano ben diverse. In quattro anni le finanziarie sono diventate sempre più restrittive fino a produrre una contrazione di ca. 6 milioni di euro sul totale dei trasferimenti dallo Stato. La possibilità di accendere nuovi mutui è stata negata dalle norme sempre più stringenti di un Patto di Stabilità che solo oggi, (l’altro ieri), il capo del Governo Enrico Letta, annuncia che si potrà allentare. La spending review ci ha imposto razionalizzazioni inimmaginabili. La crisi ha fermato l’edilizia e con essa il gettito dalle opere di urbanizzazione. Una parte dell’IMU abbiamo dovuto girarla allo Stato come se i Comuni italiani fossero ridotti allo status di “esattori”, i tagli ai servizi sociali sono stati inversamente proporzionali alle reali e cresciute necessità.
In questi quattro anni, di fronte ad un quadro così velocemente mutato, non siamo riusciti a svolgere gran parte del Programma, ma siamo stati doverosamente costretti a ridimensionarlo. Abbiamo ridotto all’osso gli investimenti per le opere pubbliche, siamo passati dai 9 dirigenti del 2009 ai sette attuali, di cui uno in posizione di staff; non abbiamo ricoperto i pensionamenti nel limite massimo stabilito dalla legge; abbiamo eliminato tante spese superflue, abbiamo ricontrattato servizi convenzionati e perfino il budget della nostra municipalizzata; abbiamo contratto di oltre il 50%, rispetto al 2009, l’ammontare dei contributi alle associazioni per iniziative varie e tanto altro ancora. Nonostante la vasta azione di contenimento e razionalizzazione, da tre anni siamo stati costretti a ricorrere all’anticipazione di cassa e al blocco degli impegni a partire da settembre o da ottobre; da tre anni siamo costretti a rinunciare a molti degli obiettivi che ritenevamo importanti pur di mantenere con le unghie l’esistente, intendendo per esso ciò a cui non dobbiamo rinunciare.
Ma un fatto è certo siamo riusciti a non toccare i servizi essenziali, quelli che vanno assicurati ad ogni costo, ad esempio quelli alle fasce più deboli.
Abbiamo poi ragionato su quei servizi, che pur non definiti essenziali per legge, lo sono di fatto per la qualità di vita dei cittadini e per la nostra economia. Un esempio su tutti: la rete museale, che seppure servizio non essenziale, per Spoleto città della Cultura è un servizio fondamentale alla stessa stregua della nostra storica Scuola di Musica. Non potremmo mai accettare uno studente, un anziano o un turista che arrivano di fronte ad uno dei nostri prestigiosi musei e si trova la porta chiusa; così come non potremo mai accettare che i figli dei nostri concittadini vadano a studiare musica in altri Comuni, ne verrebbe meno la nostra identità culturale.
Potrei fare moltissimi altri esempi, ma non voglio far intendere che siamo stati bravi, anzi ritengo che sul fronte della spending review e della razionalizzazione ci sia ancora margine, ma serve sempre una certa gradualità per cambiare i modi di fare e di essere, solo Francesco cambiò dalla sera alla mattina. Lo stesso governo italiano per salvarci dal default, che è sempre dietro l’angolo, fa una legge alla volta e una manovra alla volta. Sappiamo bene tutti, se non ci nascondiamo dietro un dito, che modificare organizzazioni e modi che vengono da lontano, richiede pazienza e costanza, ma anche equilibrio ed una buona dose di oggettività e giustizia. Vi invito quindi, di nuovo, a dare disponibilità non al Sindaco, ma all’istituzione Pubblica e alla città di Spoleto per trovare insieme le soluzioni più giuste e sostenibili per uscire da questa situazione e restituire equilibrio al bilancio.
Certo c’è chi invoca la rivoluzione politica e culturale, c’è chi vuole il cambiamento in un giorno o con un voto. Saranno i posteri a dirci se costoro avevano ragione e comunque sarà chi verrà dopo di noi a registrare il successo o meno di una simile politica che si occupa di azzerare tutto ciò che è stato fino ad oggi dimenticando che in tutte le cose e in tutti i fatti della vita ci sono, nello stesso momento, aspetti positivi e aspetti negativi.
Nel nostro caso ad esempio c’è una situazione straordinaria e negativa da affrontare e da affrontare bene, una situazione grave e complicata, ma il giorno che dovessimo essere riusciti ad affrontarla avremmo agguantato un obiettivo ambizioso, restituire alla nostra istituzione e quindi a Spoleto uno dei pochissimi bilanci pubblici seri, quadrati e puliti. Non mi sembra poco, soprattutto se messo in relazione con le situazioni difficili di tanti comuni italiani, sia delle nostre dimensioni che di dimensioni superiori, ma basterebbe guardare ad occhi aperti la situazione del bilancio nazionale nel momento in cui l’Italia deve correre nuovamente ai ripari per contenere la spesa pubblica e rientrare velocemente sotto il tetto del 3% europeo.
Insomma la sfida è questa: uscire dalla difficoltà del momento per consegnare a chi verrà – chi – lo decideranno i cittadini, una città forte che da sola è stata capace di crearsi le condizioni per affrontare con determinazione la crisi finanziaria e riattivare il percorso di ripresa, così come l’Italia sta tentando di fare ogni giorno. Grazie per l’attenzione”.