Sara Minciaroni
Dieci minuti, tanto è durato il confronto fra il Gip del tribunale di Spoleto e Antonio Procopio. L'uomo da martedì si trova dietro le sbarre del carcere di Spoleto accusato di una lunga sfilza di reati che vanno dall'estorsione, minaccia e detenzione abusiva di arma fino alla spendita di banconote false.
Lei si dichiara innocente. Stesso destino è toccato alla compagna Benedetta Lucaroni, che sta però scontando le misure cautelari in una cella della casa circondariale di Firenze. Ed è proprio da Sollicciano che la Lucaroni lancia un primo segnale importante in questa vicenda e si dichiara innocente. Tanto che i suoi legali hanno già presentato istanza di scarcerazione. Un interrogatorio di garanzia, quello che si è tenuto ieri in rogatoria davanti al Gip fiorentino, durato anche più di un ora e durante il quale la donna che gestiva il ristorante il Simposio, si è quindi decisamente smarcata dal compagno. Ha respinto punto per punto ogni capo di imputazione ed ha negato di essere mai stata mandante o esecutore materiale di uno dei reati ascritti. Il suo legale racconta di averla vista provata, ma fiduciosa e speranzosa di poter lasciare presto il carcere.
Lui non parla. Antonio Procopio invece assistito dai suoi legali Antonio Cozza e Nicodemo Gentile ha scelto un'altra via, quella del silenzio. Si è avvalso della facoltà di non rispondere al Gip, adducendo anche la motivazione di salute, come riportato poi anche nel verbale dell'interrogatorio. L'uomo sarebbe fisicamente provato e comunque, in un quadro così delicato come quello accusatorio in cui la sua posizione di indagato si colloca, è forse meglio conoscere prima le carte, ascoltare le intercettazioni e capire quali siano gli elementi in mano alla procura. Ma il procuratore aggiunto Antonella Duchini e il sostituto Gemma Miliani sembrano aver pochi dubbi e non solo sul fatto che a sparare contro le vetrine della pescheria di Ponte Felcino e del forno di Ponte Valleceppi sia stato lui, ma anche su una lunga sfilza di reati che vanno dalle minacce all'estorsione fino alla spendita di banconote false.
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Procopio e la Lucaroni avevano una relazione clandestina. Lui,sposato, si difende dalla gelosia della donna, con cui praticamente gestiva il ristorante, in una serie di telefonate intercettate dai carabinieri nelle quali “emergevano problematiche tra i due, da ricondursi sia a motivi di gelosia della Lucaroni nei confronti del Procopio – colpevole di prestare troppe attenzioni alla moglie – sia alle collegate questioni economiche, atteso che la discussione si innescava perchè Procopio stava per accompagnare la moglie a vedere una vettura che voleva comprare. La Lucaroni adirata…gli chiedeva chi 'avrebbe pagato l'autovettura' evidenziando che l'uomo stava esagerando e si stava approfittando della situazione, oltretutto per soddisfare le richieste della moglie. La discussione degenera in pochi minuti e i due passavano a vere e proprie minacce, la Lucaroni manifestava la volontà di togliersi la vita. 'Ti ricordi quello che ho io!' – dice lei – 'vado a prendere quella cosa' ed ancora '…per colpa tua devi sapere che io oggi mi sparo…' , 'te lo faccio vedere oggi quando leggi sul giornale che mi sono sparata…mi dispiace che ci sono le tue impronte ma lo pulisco…' , facendo chiaramente intendere che l'arma da fuoco, probabilmente un fucile, scrivono gli inquirenti, in suo possesso era stato consegnato dal Procopio”. E' così quindi che una litigata tra amanti, diventa nel corso delle indagini la dimostrazione, secondo i magistrati, che la coppia “detenga un'arma, verosimilmente un fucile”.
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Gli altri coinvolti, chi resta in carcere e chi esce. Intanto sempre ieri ma questa volta nel carcere di Capanne si sono svolte le udienze di convalida delle altre persone rientrate a vario titolo nell'inchiesta. Per tre persone erano scattati i fermo di polizia: Krumor Krasimir del 1976 di origine bulgara e incensurato, Lerose Salvatore poco più che ventenne nipote del Procopio, incensurato e Basha Bilbil , cittadino albanese con precedenti penali (ritenuto essere l'autore del furto in un appartamento durante il quale è stato rubato il fucile da caccia usato dal Procopio). Ai tre a vario titolo vengono contestati i reati di detenzione abusiva di armi, detenzione abusiva di arma in pubblico e ricettazione aggravata e furto in abitazione. Il Gip Luca Semeraro ha deciso che loro tre rimangano in carcere ed ha invece disposto la scarcerazione di Angelino Mirco (fratello della moglie di Procopio) incensurato del 1987, perugino, nella cui abitazione sono stati trovati un fucile da caccia con matricola abrasa e una pistola calibro 22 e Mangialasche Diego, perugino del 1985 incensurato, con 12 grammi di cocaina, un bilancino e materiale da taglio. Non dovranno uscire dopo il tramonto e hanno l'obbligo di non allontanarsi da Perugia, in attesa ovviamente dell'eventuale processo.
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