E’ il tratto prediletto da chi cerca di evitare il traffico per raggiungere il centro di Perugia attraversando Ponte San Giovanni. E’ il sottopasso che da via Manzoni porta verso Pieve di Campo. Ma se vi capitasse di passarci a piedi prestate attenzione perché come segnalato da un nostro lettore, il percorso presenta insidie, e non poche. Il tratto pedonale che costeggia il sottopasso spesso diviene un vero e proprio ruscello.
Zona ricca di acqua nel sottosuolo. Da giorni questo tratto pedonale, molto utilizzato dagli abitanti del popoloso quartiere a monte del paese, è diventato un pericoloso e viscido camminamento per l'acqua che vi scorre indisturbata. Il nostro attento lettore poi, fa notare come in effetti la zona sia ricca di falde acquifere, fattore che dovrebbe essere nota a molti , soprattutto ai tecnici, visto che le ferrovie dello stato avevano un contratto con un privato, con residenza di fronte alla stazione ferroviaria, per rifornire di acqua le locomotive a vapore.
Ma da dove arriva l’acqua? E’ presto detto. Risalendo il corso del “torrentello”, si nota un tubo di plastica da 8 pollici che riversa liberamente acqua sul marciapiede. Come suggerisce il nostro utente “sarebbe stato sufficiente fare una piccola traccia e incanalare il flusso sul tombino posto sul lato della carreggiata a circa 80 centimetri di distanza”.
Insidie per gli automobilisti. In molti passando da lì avranno anche notato che molto spesso sul manto stradale si forma una pozzanghera, che potrebbe rivelarsi molto insidiosa anche per gli automobilisti soprattutto in caso di gelate.
La preoccupazione riguarda anche i pedoni “il tempo e il gelo sono stati clementi in questi giorni, ma se fosse gelato chissà che bei voli e che belle fratture si sarebbero verificate senza che si potesse imputare a qualcuno la responsabilità. La zona in questione è quella della perenne pozzanghera o buca, proprio al centro della strada, che dal 1° gennaio al 31 dicembre è sempre colma di acqua. Proprio di recente – dopo una segnalazione dei cittadini – è stata ricoperta in fretta e furia, ma dopo quattro giorni esatti l'acqua ha avuto di nuovo la meglio disintegrando il lieve e inconsistente strato di catrame posto a sanare un guaio che forse viene dal profondo. I latini dicevano, non a caso, “gutta cavat lapidem”, figuriamoci due o tre centimetri di catrame e breccino messo a la male in peggio”.
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