Jacopo Brugalossi
Bisogna far presto. O quel che resta in piedi della chiesa di San Giacomo e gli importantissimi manufatti artistici che contiene andranno persi per sempre. E’ questo, in estrema sintesi, l’allarme lanciato oggi dall’arcivescovo di Spoleto Renato Boccardo, che ha convocato una conferenza stampa per fare il punto della situazione a due anni esatti dal terribile crollo che sconvolse l’intera città, e quasi per miracolo non fece vittime umane. La preoccupazione della curia è affidata ad una nota in cui vengono ripercorse le tappe del “tira e molla” con la Procura di Spoleto, sin dal sequestro probatorio della chiesa. Un rapporto, quello tra Curia e Procura, che lo stesso arcivescovo ha definito “schietto e cordiale”, ma che sembra un po’ deteriorato dal respingimento, da parte di chi indaga sul disastro, di tutte le istanze giunte dal Palazzo Arcivescovile.
Richieste respinte – Il primo episodio risale ad un anno fa, quando la Procura negò il dissequestro poiché il consulente tecnico ritenne “persistere le esigenze probatorie poste a base del sequestro”. Tutto ciò che la Curia ottenne fu l’autorizzazione ad accedere al cantiere per effettuare lavori di messa in sicurezza e protezione delle opere d’arte (affreschi, organo e cantoria).Un intervento pensato per sopperire alle esigenze del breve periodo, che da tempo ormai non è più sufficiente a salvaguardare la struttura. E le cose non sono migliorate in tempi più recenti, nonostante il pubblico ministero abbia chiuso le indagini preliminari ormai da diversi mesi. Quando, nell’agosto scorso, la Curia chiese nuovamente al PM che i tecnici incaricati di progettare la ricostruzione potessero avere completo accesso al cantiere per acquisire una piena conoscenza della situazione, il magistrato rispose picche, autorizzando solo il rilevo architettonico dell’immobile, utile ma certamente non sufficiente per poter dar vita al piano di recupero.
Situazione drammatica – “Se le indagini sono ormai concluse, cosa può esserci ancora da scoprire?”, si domanda monsignor Boccardo, che non riesce a spiegarsi i motivi dell’ostinazione della Procura. D’altronde la documentazione fotografica dello stato dei luoghi racconta una situazione davvero drammatica. L’immobile è quanto mai precario, tanto che secondo i tecnici basterebbe una lievissima scossa di terremoto per provocarne il crollo totale. Mentre gli affreschi, la cantoria e l’organo, sottoposti al freddo e alle intemperie, rischiano di essere irrimediabilmente compromessi. In più, e monsignor Boccardo l’ha sottolineato in conferenza stampa, il relitto della chiesa è diventato un ricovero abituale di una enorme quantità di piccioni – con possibili risvolti di natura igienico sanitaria anche per i residenti nelle vicinanze – tale da richiedere un intervanto di bonifica e sanificazione da parte dell’Asl.
Nuova istanza – Da qui la decisione, da parte della Curia e dei tecnici incaricati di redigere il progetto di recupero – l’ingegner Giuseppe Scatolini e il geometra Gianmario Zamboni – di depositare in Procura una relazione dettagliata sullo stato dei luoghi unitamente ad una nuova istanza. Non per chiedere il dissequestro, ma almeno per poter realizzare tutte quelle attività necessarie a progettare la ricostruzione e a mettere le opere ulteriormente al riparo dalle intemperie della stagione invernale. Sarà la volta buona? Il vescovo ci spera e si dice fiducioso su una risposta affermativa. “Vorremmo riaprire quanto prima la chiesa al culto – ha sottolineato in chiusura di conferenza – anche per la popolazione di San Giacomo, che da 2 anni non può vivere un’autentica vita parrocchiale”.
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