Presunti ristori illeciti per la crisi provocata da Covid-19 ed un imprenditore finisce nei guai: sequestrato contributo dalla Guardia di finanza
Presunti ristori illeciti per la crisi provocata da Covid-19 ed un imprenditore finisce nei guai. Militari del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria della Guardia di Finanza di Perugia hanno dato esecuzione, su delega della Procura guidata dal procuratore capo Raffaele Cantone, ad un decreto di sequestro preventivo nei confronti di un imprenditore, di origine campane, operante nel settore edile, resosi responsabile del reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.
Il contesto trae origine dagli accertamenti avviati, d’iniziativa, nei confronti dei soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo, titolari di partita IVA, beneficiari dei contributi previsti dai provvedimenti d’urgenza emanati dal Governo per fronteggiare la crisi economica derivante dall’emergenza epidemiologica da Covid-19.
Ristori Covid, i controlli della Finanza
In particolare, l’attenzione delle Fiamme Gialle si è incentrata sulla verifica dei requisiti, richiesti dalle disposizioni normative, per l’accesso alle provvidenze a fondo perduto, concesse ai sensi dell’articolo 25 del decreto legge del 19 maggio 2020, n. 34 (cd. “Rilancio”) e dai successivi decreti “Ristori” e “Ristori-bis” (decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137 e 9 novembre 2020, n. 149).
Nel corso delle attività ispettive, è emersa la posizione di una società, avente sede legale ed operativa, fino al dicembre del 2019, in provincia di Perugia – successivamente, trasferitasi a Caserta – che, nello scorso mese di aprile, otteneva il pagamento di un contributo a fondo perduto per un importo pari a 17.838,00 euro.
Contributo ad azienda raggiunta da interdittiva antimafia
Gli approfondimenti investigativi hanno evidenziato che la stessa non avrebbe potuto accedere al beneficio economico, in quanto già destinataria di provvedimento interdittivo antimafia, emesso dalla Prefettura di Perugia, nel maggio del 2017, sulla base degli elementi informativi, acquisiti dai finanzieri del GICO e dal Gruppo provinciale interforze, circa la contiguità dell’unico socio nonché amministratore della società ad ambienti della criminalità organizzata riconducibili, in particolare, al clan camorristico dei casalesi.
Tale circostanza determina – secondo l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale – una particolare forma di “incapacità giuridica” ex lege, con la conseguenza che al soggetto è precluso avere rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni ovvero ottenere contributi, finanziamenti, mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi dallo Stato o da altri enti pubblici, per lo svolgimento di attività imprenditoriali, per il tempo di durata degli effetti dell’interdittiva.
Imprenditore accusato di illecito profitto
Nel caso di specie, l’amministratore della società, inviando, tramite il portale dell’Agenzia dell’Entrate, l’istanza per la concessione del contributo previsto dal citato articolo 25, in assenza dei requisiti richiesti, si è reso responsabile del reato previsto e punito dall’articolo 316-ter del codice penale, omettendo informazioni dovute e realizzando un illecito profitto.
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia ha condiviso l’impianto accusatorio formulato dal Pubblico Ministero e ne ha accolto la richiesta, disponendo il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta, della somma indebitamente percepita rinvenibile sui conti correnti e/o depositi intestati alla società e, in caso di mancato o parziale rinvenimento di liquidità, il sequestro preventivo “per equivalente” della somma giacente sui conti dell’indagato o altrimenti investita.
L’attività svolta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Perugia si inquadra nel contesto più generale del contrasto agli illeciti in materia di spesa pubblica, a danno della corretta destinazione delle misure di sostegno alle imprese, adottate per fronteggiare la crisi economica ed arginare i danni che l’emergenza epidemiologica ha cagionato al sistema produttivo e che l’esperienza operativa ha dimostrato essere “territorio” di conquista anche da parte della criminalità organizzata.