"Quarto passo", i nomi e i luoghi della 'ndrangheta a Perugia - Tuttoggi.info

“Quarto passo”, i nomi e i luoghi della ‘ndrangheta a Perugia

Redazione

“Quarto passo”, i nomi e i luoghi della ‘ndrangheta a Perugia

Usura, estorsione, furti, spaccio di droga, prostituzione e minacce di morte / La doppia faccia del pizzo in Umbria
Mer, 10/12/2014 - 20:39

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La doppia faccia del pizzo in Umbria: era infatti soprattutto attraverso l’estorsione e l’usura che gli indagati dell’operazione “Quartopasso”, condotta dai ROS di Perugia con il G.I.P. Alberto Avenoso, erano riusciti a mettere in piedi una holding del malaffare, come definita anche all’interno dell’ordinanza di 396 pagine del Tribunale di Perugia; un disegno criminoso, che estorceva denaro per immetterlo nel mercato dell’usura dalla quale rilevare ingenti interessi, a tassi esorbitanti (dal 10% al 20 % mensile), e che si giovava “della copertura garantita dalle imprese sottoposte a estorsione per acquisire appalti e/o sub appalti nel settore edile e del fotovoltaico”. Così l’organizzazione si rigenerava, controllando i gangli delle attività commerciali, minacciando le imprese, fino a indurle in bancarotta per impossessarsene. Un lungo collegamento che porta dalla Calabria, e da Cirò e Cirò Marina per la precisione, sale tutto lo stivale e arriva fino in Umbria. Sono 63 i capi di imputazione che vengono contestati ai 61 indagati: oltre all’usura e all’estorsione, compaiono anche truffa, furto aggravati, danneggiamento mediante incendio, traffico di sostanze stupefacenti, ricettazione, danneggiamenti mediante incendio e minacce. Si legge sempre nell’ordinanza che l’organizzazione di tipo mafioso “rappresenta l’origine dell’intera catena criminale: da un lato rappresenta infatti un sicuro strumento economico per mantenere l’organizzazione e per acquisire capitali da reinvestire in altre attività criminali o nell’economia legale; dall’altro il modo più efficace per esercitare il controllo sul territorio e sulle vittime, piegate dalle minacce e dalle intimidazioni ai voleri dell’organizzazione e a volte indotte al compimento di comportamenti illeciti”.

IL VIDEO – LE MINACCE DI MORTE

IL VIDEO – “SE APRI IL LOCALE CHIUDI IL SECONDO GIORNO”

I luoghi del clan – Un quadro intricato quello delineatosi dopo le indagini preliminari dei carabinieri. Epicentri sono Perugia e Ponte San Giovanni. Il sodalizio si avvaleva di alcune basi logistiche: il Bar Apollo 4 , di Facente Salvatore (poi rilevato da Gennari Letizia, compagna del De Dio, con il nome di Legè Cafè) e il bar-ristorante La Piscina di Paletta Natalino, “utilizzato per le riunioni operative, gli incontri con i vertici della cosca, l’organizzazione e la gestione dei delitti contro il patrimonio, gli appuntamenti con gruppi di altra etnia, lo spaccio di stupefacente e la programmazione delle estorsioni”; il capannone di Via Palazzo Secco 29 a Balanzano, di Campiso Mario, Facente Salvatore e degli altri sodali, e quello di Cataldi Rocco Vincenzo a Ponte Felcino, utilizzati come deposito della merce rubata e ottenuta grazie alle truffa aggravata (soprattutto materiale edile e mezzi d’opera cantieristici); gli appartamenti di Ponte San Giovanni di Via Manzoni 214 G (del Ceravolo e del De Dio) e Via Manzoni 162 (del Ceravolo e del Manfredi), utilizzati per la detenzione e la vendita di cocaina e per lo sfruttamento della prostituzione; la ditta Euredil di Campiso Cataldino, utilizzata per l’emissione di false fatture; la ditta individuale Maese Angelo (ed altre ditte a lui riconducibili) base per truffa pluriaggravata e estorsione; il pub Merlin dei Crugliano (intestato fittiziamente ma comunque riconducibile a loro) utilizzato per gli incontri fra i sodali e con i Farao ed il Papaianni.

I “quattro passi al Merlin” – E’ il riferimento al pub Merlin che fornisce il nome all’operazione “Quarto passo” dei Ros. Il locale era appunto uno dei luoghi di ritrovo, insieme alle copisterie del centro di Perugia, tra cui Il Copione (Aggiornamento: http://goo.gl/jSzPtE) gestite da alcuni “zingari”, nome riferito nelle intercettazioni ai gestori, “i quali dai primi giorni di gennaio 2013 entravano in frizione con alcuni dei cirotani del clan operante a Perugia (Lombardo Antonio, Orlando Luigi e Murgi Natale), per la competizione che si era innescata nello specifico settore economico”.

I nomi – Gli arrestati sono: Ceravolo Cataldo, De Dio Cataldo, Campiso Mario e Cataldino, Facente Salvatore, Lombardo Antonio, Orlando Luigi, Cataldi Rocco Vincenzo, Cataldi Giovanni, Maese Angelo, Paletta Natalino, Liotti Michele, Cavallo Gennaro, Martino Vincenzo, Manfredi Francesco, Blefari Nicodemo, Pellegrino Francesco, Disha Indrit, Stafa Arber, Daci Flakton, Ruci Florenc, Pellegrino Antonio, Fioretti Christian, Caputo Saverio, Iuele Cataldo, Scilanga Saverio, Nici Ardit, Manica Francesco, Pariota Immacolata detta Imma, Celanij Endrit, Lyte Ervis, Dedej Toni, Verducci Simone, Istrefi Leonard, Abazi Saimir alias Damzi Saimir o Qoku Saimir detto Saimir, Zuna Xhimi detto lo zio, Xhemali Blendrit detto Bledi, Tila Ilmi, Gentile Giuseppe, Gennari Letizia, Crugliano Gennaro e Daniele, Abdelsamad Soliman Ashraf, Abdelsamad Soliman Mohamed, Isufai Marion, Brunetti Vincenzo. Dei 59 nomi, TO ha scelto di riportare solo quelli di coloro i quali sono state applicate la misura in carcere e i domiciliari, non riportando quelli per coloro i quali il Gip ha rigettato la richiesta cautelare e l’obbligo di dimora nel proprio comune, che restano comunque indagati.

L’invito alla “protezione” – Erano poi innumerevoli gli “inviti” ad accettare “la protezione” del clan ‘ndranghetista, “compiuti attraverso forme di intimidazione e minacce nonché mediante incendio di attività produttive, abitazioni private ed autovetture, sia dalle espresse ammissioni di appartenenza ad una consorteria mafiosa effettuate da alcuni dei sodali alle persone offese (o a terzi), proprio al fine di assoggettarle e renderle omertose, sia infine dagli stabili contatti con la cosca di riferimento calabrese, accertati mediante i plurimi (e costanti nel tempo) incontri con personaggi di assoluto spessore della ‘ndrangheta cirotana”, come Farao Vittorio e Vincenzo (figli di Silvio, già latitante a catturato dai Carabinieriin data 8.2.2014), i cugini omonimi Farao Vittorio e Vincenzo (figli di Farao Giuseppe, attualmente detenuto in regime di 41 bis) nonché con Papaianni Salvatore (attualmente detenuto per l’omicidio di Marfurt Paolo commesso a Roma). Altre volte le vittime erano costrette, dopo il dissesto economico delle loro imprese, a cedere gratuitamente le società a uomini del clan o a loro referenti (come nel caso della Umbria Edilizia ceduta gratuitamente nel 2012 a Paletta Natalino).

La progressiva “mafizzazione” – Nelle parole di Avenoso, “l’associazione di tipo ‘ndranghetista stanziatasi a Perugia non può, semplicisticamente essere definita come un’articolazione periferica della struttura criminale calabrese sorta e radicata nel territorio d’origine, ma si configura invece come un’autonoma associazione composta da soggetti residenti in Umbria da oltre un decennio, i quali, pur avvalendosi dei metodi tipici delle associazioni di tipo mafioso e chiaramente conservando gli originari rapporti di parentela e contiguità con soggetti operanti nella regione di provenienza, operano autonomamente ed in via esclusiva in Umbria, conservando sempre un “basso profilo” criminale, al fine di non attirare sull’organizzazione l’attenzione delle forze dell’ordine in un territorio, quale quello umbro, a torto ancora ritenuto da taluni “isola felice” ed invece in via di progressiva mafizzazione”.

Servizio di Alessia Chiriatti e Sara Minciaroni

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