Nel corso della seduta odierna dell’Assemblea legislativa dell’Umbria, nell’ambito della discussione delle interrogazioni a risposta immediata, i consiglieri regionali Andrea Liberati e Maria Grazia Carbonari (M5S) hanno presentato il proprio atto ispettivo relativo al “controllo sul corretto utilizzo dei fondi del Piano di sviluppo rurale (Psr)”.
Illustrando il documento, Liberati ha evidenziato che “dal 2015 le imprese agricole umbre vivono un’odissea senza fine: bandi redatti male e rifatti fino a ben sette volte, regole cambiate ex post, domande da ripresentare, clausole di salvaguardia vessatorie per l’agricoltore, assegnazioni milionarie da verificare e piccole aziende che rimangono troppo spesso escluse. E chiudono. Nella totale inadeguatezza dell’assessorato all’Agricoltura, mentre cerca con fatica, onestà, dedizione, di mandare avanti un’impresa in un contesto già difficile, l’agricoltore deve annaspare dietro al ginepraio burocratico. Da mesi – ha spiegato – il M5S interroga l’assessore sulle ‘anomalie’ del Psr. Risposte evasive, quando ci sono, che mostrano disinteresse per le nostre piccole e medie imprese agricole, ricchezza e pilastro del territorio e dell’economia locale. Poche settimane fa una determinazione dirigenziale annulla a posteriori una deroga transitoria emessa a maggio dello scorso anno perché ‘illegittima e contraria a specifiche norme comunitarie’. Si scrivono dunque i bandi (male), poi si cambiano, si riscrivono, si derogano e, a distanza di un anno e mezzo, scopriamo che non si poteva fare. Le aziende che hanno già investito sulla base di un bando sbagliato, non vedranno mai un centesimo”.
L’assessore Fernanda Cecchini ha risposto spiegando che “il Psr prevede investimenti attraverso bandi, istruttorie e graduatorie. Si tratta di assegnazioni pubbliche e verificabili. L’Umbria è la seconda Regione d’Italia per capacità di spesa, dopo il Veneto. Abbiamo pagato 163milioni, il 20 per cento del Piano. Quindi ci saranno criticità ma le cose stanno procedendo in modo positivo. C’è un 6 per cento di domande che lamentano ritardi per le quali ci sono anomalie e vanno fatte delle modifiche ai dati. Nel 2016/2017 sono arrivate 17mila domande e ne sono state pagate 14mila, per le circa 3mila rimaste abbiamo concordato con Agea i tempi di rientro. Non è un ritardo della Regione ma una modifica dei sistemi Agea. I regolamenti prevedono che gli investimenti vengano fatti dopo che la domanda sia stata finanziata e non prima. La determina in autotutela riguarda le domande non ammissibili o non ricevibili. Solo 24 domande hanno sostenuto spese per investimenti prima di conoscere l’esito della domanda: 13 avranno comunque la possibilità di partecipare al bando mentre per le rimanenti 11, per un importo di 400mila euro (a fronte di 160milioni erogati), si tratta di scelte individuali che hanno portato a fare investimenti prima che le graduatorie siano state pubblicate”.
Liberati ha replicato parlando del “rischio del fallimento del settore primario in Umbria. C’è una drammatica dinamica di chiusure che investe le piccole imprese. I bandi sono stati pubblicati presto perché era l’anno delle elezioni regionali. Ci sono numerose lettere formali che si lamentano di questa gestione. Attraverso la nostra eurodeputata abbiamo chiesto un controllo dell’Unione europea sulla gestione dei fondi del Prs in Umbria”.