Dopo la sospensiva del Consiglio di Stato che aveva ripristinato il posto di Liguori, il Tar del Lazio respinge nel merito il suo ricorso
Il procuratore capo di Terni Alberto Liguori costretto di nuovo a lasciare il suo incarico a Palazzo Gazzoli. Il Tar del Lazio ha infatti respinto il ricorso che il magistrato aveva presentato dopo che il Consiglio superiore della magistratura, nel gennaio scorso, non lo aveva confermato nel ruolo di capo della Procura della Repubblica di Terni. Un provvedimento, quello del Csm, che aveva visto ad aprile però il Consiglio di Stato accogliere la sospensiva chiesta da Liguori, che così era tornato temporaneamente nel suo ruolo di procuratore capo a Terni. Fino ad oggi, 2 novembre, quando il Tar del Lazio ha pubblicato la sentenza con cui boccia nel merito il suo ricorso, riconoscendo la validità del provvedimento del Consiglio superiore della magistratura.
Il procuratore Liguori era finito nel mirino dopo alcune chat con l’ex consigliere del Csm Luca Palamara, dalle quali “emergevano valutazioni critiche del ricorrente in ordine a scelte che il Csm stava compiendo”. Nei confronti del procuratore capo di Terni non sono stati presi provvedimenti di alcun tipo, ma, appunto, a gennaio scorso era arrivata la mancata riconferma nel ruolo che Liguori ricopriva dal 2016. Provvedimento che secondo i giudici del Tar del Lazio è del tutto legittimo.
Nella sentenza viene ricordato che “la temporaneità degli incarichi direttivi costituisce quindi la regola generale dalla quale può desumersi, da una parte, il carattere recessivo dell’interesse del dirigente a vedersi rinnovare l’incarico per il secondo quadriennio, dall’altra, la necessità che il giudizio di conferma sia ancorato ad una valutazione pienamente positiva “a tutto campo”: da qui la considerazione secondo cui legittimamente il giudizio di mancata conferma in un incarico direttivo può fondarsi anche solo sulla sussistenza di alcuni profili di criticità, il cui rilievo può rendere superflua, secondo i casi, un’ulteriore attività istruttoria”.
I giudici del tribunale amministrativo regionale competente territorialmente sul ricorso, poi, entrano anche nel merito della vicenda delle chat del procuratore Liguori con Palamara, da cui poi il provvedimento del Csm con cui il magistrato non è stato riconfermato alla guida della Procura di Terni.
“Nella delibera impugnata – si legge nella sentenza – è stato poi analiticamente esaminato il contenuto delle chat acquisite e il disvalore che dalle stesse si ritrae, dandosi conto del fatto che il magistrato, titolare di incarico direttivo, ha fornito al membro del CSM con cui interloquiva ampie indicazioni, con valutazioni di merito e legate a logica di appartenenza “correntizia”, in ordine a vari aspiranti ad incarichi direttivi e semidirettivi. In modo del tutto condivisibile il CSM ha considerato la condotta contestata idonea a provocare l’appannamento dell’immagine di indipendenza e imparzialità del ricorrente, quale Procuratore di Terni, posto che potevano ipotizzarsi significative conseguenze nei rapporti con gli altri magistrati del distretto e fuori di esso (sia con quelli “sponsorizzati”, sia con quelli la cui nomina era stata sconsigliata).
Va altresì osservato, su di un piano generale, che l’interlocuzione tra un magistrato e un togato componente del CSM può costituire una mera espressione della comune colleganza, anche a fini informativi su esiti e tempistiche dei vari procedimenti trattati dal CSM, e dunque può risolversi in un’innocua richiesta di informazioni, del tutto irrilevante ai fini dei procedimenti in corso; può, per converso, disvelare una pregnanza ben diversa, laddove emergano inopportuni apprezzamenti di merito su colleghi ovvero pressioni su provvedimenti all’esame dell’Organo di autogoverno, finalizzati a far nominare soggetti della stessa corrente, al fine di creare una sorta di “squadra” unitaria di colleghi nello stesso ambito territoriale, esito che può portare, in tesi, finanche a condizionare il libero esercizio dell’attività giurisdizionale. Tale ultima evenienza, evidentemente, è stata ritenuta essersi verificata nel caso de quo ed il giudizio del CSM, al riguardo, non pecca di irragionevolezza. […] Il Collegio reputa dunque che il ragionamento posto in essere dal CSM, come esternato nella motivazione della delibera, sia del tutto logico e vada esente da travisamenti, così resistendo al sindacato del Giudice amministrativo”.
Dopo la sentenza del Tar del Lazio, il procuratore Liguori potrà ora presentare ricorso al Consiglio di Stato, visto anche che lo stesso Csm aveva ritirato la sua costituzione in giudizio nel procedimento amministrativo. Nel frattempo, per la Procura di Terni ora si dovrà individuare un nuovo reggente.