Carabiniere ucciso a Foligno, la sorella 'Voglio vedere in faccia Armeni' - Tuttoggi.info

Carabiniere ucciso a Foligno, la sorella ‘Voglio vedere in faccia Armeni’

Sara Fratepietro

Carabiniere ucciso a Foligno, la sorella ‘Voglio vedere in faccia Armeni’

Accolta la richiesta di rito abbreviato e di perizia super partes, lacrime di gioia per i familiari dell'imputato. In aula il dolore composto dei familiari di Emanuele Lucentini
Mar, 23/02/2016 - 16:40

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Sì al rito abbreviato, mentre sarà una perizia super partes, disposta dal gip di Spoleto e che sarà effettuata dall’esperto di balistica Marco Piovan, a chiarire cosa sia accaduto la sera del 16 maggio 2015, quando il carabiniere spoletino Emanuele Armeni uccise il collega Emanuele Lucentini nel piazzale della caserma di Foligno, presso la cui Compagnia entrambi prestavano servizio. Un tragico incidente secondo la difesa di Armeni, un omicidio premeditato secondo l’accusa. Ipotesi per le quali ciascuna delle parti ha, a suo sostegno, una consulenza di parte, diametralmente opposta all’altra. A disporre la perizia, accogliendo quindi la richiesta della difesa di rito abbreviato condizionato, è stata questa mattina il giudice per le indagini preliminari Amodeo, dopo una camera di consiglio durata appena 15 minuti.

Imputato e familiari presentiEmanuele Armeni, visibilmente provato da nove mesi di carcere, è arrivato al tribunale di Spoleto, accompagnato dalla polizia penitenziaria, intorno alle 10,45. Per oltre un’ora ha aspettato, senza che potesse avere contatti con qualcuno, nella stanza dell’archivio al secondo piano, in attesa che iniziasse l’udienza davanti al gip per il procedimento che lo vede accusato di omicidio premeditato. Nel corridoio del secondo piano, fuori da quella stanzetta, c’erano i suoi familiari più stretti e la moglie. A pochi passi da loro c’erano anche i familiari di Emanuele Lucentini, la moglie Stefania, i genitori Giancarlo e Vittoria e la sorella Daniela, composti nel loro dolore. Lo voglio guardare in faccia” ha detto quest’ultima riferendosi al collega del fratello morto. I quattro familiari di Lucentini si sono costituiti parte civile attraverso gli avvocati Maria Antonietta Belluccini e Giuseppe Berellini, con la richiesta di costituzione accolta dal giudice all’inizio dell’udienza. A rappresentare in aula la difesa di Armeni, invece, c’erano gli avvocati Michele Montesoro e Margherita Picardi del foro di Roma.

Udienza breve e intensa – A dare battaglia in udienza gip (iniziata intorno a mezzogiorno e conclusasi un’ora dopo), opponendosi alla richiesta di rito abbreviato condizionato alla perizia, è stata la pubblica accusa, rappresentata dal pubblico ministero Michela Petrini. Opposizione ribadita anche dalle parti civili (a parlare in aula è stato soltanto l’avvocato Giuseppe Berellini), contrarie alla disposizione di una perizia, stante già le consulenze di parte esistenti, quella della Procura e quella depositata da loro. Proprio la completa diversità delle conclusioni tra le due e tra la consulenza effettuata dalla difesa di Armeni, però, ha spinto il giudice Amodeo, dopo una brevissima camera di consiglio, ad accogliere la richiesta degli avvocati Montesoro e Piccardi (ribadita in aula da quest’ultima), disponendo quindi il rito abbreviato condizionato alla perizia ed indicando quale esperto di balistica per espletare l’incarico il dottor Marco Piovan. Il gip ha quindi rinviato l’udienza al 22 marzo, giorno in cui verrà conferito l’incarico al perito con la formulazione dei quesiti.

I familiari di Armeni – La decisione del gip era in qualche modo prevista dai legali di parte civile. “Gli avvocati se lo aspettavano” hanno commentato i familiari di Lucentini uscendo dall’aula. “Ci siamo opposti alla perizia, che è stata comunque ammessa – ha spiegato l’avvocato Maria Antonietta Belluccini – perché secondo noi era inutile”. Hanno reagito con lacrime di gioia alla decisione del giudice invece i familiari di Armeni, che hanno atteso tutto il tempo fuori dall’aula al secondo piano del palazzo di giustizia spoletino. Un barlume di speranza per loro, che credono fermamente nella tesi sostenuta dal proprio familiare, che la morte di Lucentini cioè sia stata una tragedia involontaria e non un delitto premeditato come sostiene l’accusa.

Il commento della difesa – Visibilmente soddisfatti gli avvocati di Emanuele Armeni, Montesoro e Piccardi. “Le nostre richieste – ha commentato l’avvocato Montesoro – sono state accolte completamente, sia il rito abbreviato condizionato che la disposizione di una perizia. Questo non vuol dire niente, se non che intanto il processo parte con un certo piede, che non è proprio quello più sbagliato per noi, poi all’esito dell’indagine peritale si vedrà il perito che cosa accerterà e quindi come proseguirà il processo stesso“.  “Abbiamo chiesto di stabilire la compatibilità dello sparo con l’accidentalità – ha aggiunto – perché la nostra tesi è che ‘io ti ho ucciso, è vero, ti ho sparato, ma non ho voluto farlo’, mentre la tesi dell’accusa non è solo che ‘ti ho ucciso perché ho voluto farlo’ ma addirittura con la premeditazione, mi sembra che è una tesi un po’ difficile da dimostrare, anche se il pm Petrini ha detto che ha trovato pure il movente, anche se non lo ha voluto dire“. “Non è stato mai messo in discussione – ha specificato l’avvocato Piccardi – l’operato della Procura e delle indagini investigative che sono state effettuate, e quindi anche l’operato del consulente tecnico del pm. La nostra richiesta di integrazione probatoria è soltanto per integrare e non sostituire le ipotesi che aveva formulato. Quindi ci sono un ventaglio di ipotesi ulteriori che devono essere valutate e vagliare per ricostruire la dinamica del fatto e questo è correlato all’elemento soggettivo, che oggi ci viene contestato come premeditazione, che era già caduta in fase di ordinanza custodiale con il gip e quindi con il Tribunale del Riesame. Ci ritroviamo di nuovo con queste contestazioni. Capite bene che il divario che c’è tra la premeditazione e l’accidentalità è enorme, ci sono tutta una serie di sfaccettature che è giusto che siano vagliate”. Quello che insomma sostiene la difesa di Armeni è che oltre al ventaglio di ipotesi accusatorie valutate dal consulente della Procura ce ne siano anche altre non analizzate; insomma la dinamica dell’evento non sarebbe stata valutata a 360 gradi. Da qui la richiesta di perizia, accolta dal gip questa mattina.

Ordini di servizio modificati – L’avvocato Montesoro ha anche evidenziato un altro fatto: La nostra consulenza sostiene che è possibile, sulla base di un certo presupposto, che da un M12 possa partire accidentalmente un colpo. Dando per scontato un certo presupposto questo può accadere, invece l’accusa dice che è categoricamente impossibile. Sta di fatto – ha rivelato – che, da quell’incidente in poi, dal comando generale dell’Arma hanno modificato certi ordini di servizio, e questo è illuminante, oltre al fatto che mi sembra illuminante che i grandi ufficiali dell’Arma dei carabinieri sono stati tutti trasferiti“. Anche se, va detto, a carico di alcuni ufficiali e colleghi di Armeni e Lucentini è stata aperta un’inchiesta parallela – su cui vige il massimo riserbo – per l’accusa di favoreggiamento.

La tesi dell’accusa – Sarà quindi il prosieguo del processo a spiegare cosa sia veramente accaduto quella sera. Per la pubblica accusa, che ha individuato anche un movente per l’omicidio, la tesi dell’incidente non regge. Tanto che la consulenza della Procura, in quattro punti, sostiene l’impossibilità di uno sparo accidentale. Primo perché sotto il sedile dell’auto di pattuglia non ci sono mai mitra pronti per sparare; secondo che per caricare l’M12 s2 occorre disinnescare la sicura con due mani per scegliere la posizione a un colpo o a raffica; terzo, che lo sforzo necessario per caricare il carrello è di oltre cinque chili e che, quarto, a quel punto per sparare bisogna premere il grilletto con uno sforzo di 4,5 chili del dito indice, mentre, contemporaneamente si oppone una forza sul manico del mitra.

(nella foto l’arrivo degli avvocati di Armeni e dello stesso imputato in Tribunale)

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