Petroro, così è scoppiato il caso dei “monaci” | Un matrimonio di troppo - Tuttoggi.info

Petroro, così è scoppiato il caso dei “monaci” | Un matrimonio di troppo

Christian Cinti

Petroro, così è scoppiato il caso dei “monaci” | Un matrimonio di troppo

La lente della Diocesi di Todi si è abbassata sull’abbazia dopo gli impegni a celebrare anche sposalizi | I martiniani annunciano: affermazioni false, abbiamo denunciato il vescovo Tuzia | Le origini della Chiesa cattolica autocefala
Mer, 25/04/2018 - 11:12

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Tutta colpa di un matrimonio. O meglio, sarebbe stata questa la goccia a far traboccare un vaso che da qualche mese si era andato pericolosamente riempiendo. Così, dalla tolleranza si è passati prima ad un silenzio forzato per evitare una pubblicità indesiderata, fino ad arrivare al comunicato ufficiale con cui la Diocesi di Todi-Orvieto ha “disconosciuto” i monaci martiniani di Petroro. E da Petroro arriva secca la replica: affermazioni false, abbiamo denunciato il vescovo Tuzia.

I “contatti”

L’esistenza della abbazia di San Martino nel castello di Petroro era nota ai vertici della curia locale già da qualche tempo. E sembra che i monaci avessero anche cercato di stabilire contatti con il vescovo, Benedetto Tuzia, ricevendo però soltanto generiche forme di disponibilità. L’abate di Petroro, nonostante le richieste, non si è dunque mai incontrato con il vescovo. Che però osservava le attività che si svolgevano nel borgo.

Sembra che parte del clero insistesse da tempo sul vescovo diocesano al fine di rendere pubblica la posizione di distanza della chiesa locale. L’atteggiamento prudente della diocesi ha tenuto fino a quando una giovane coppia ha raccontato che, fra le proposte avanzate dall’abbazia in merito all’organizzazione del loro matrimonio, c’era anche quella di celebrare direttamente a Petroro il sacramento delle nozze. Insomma, oltre a location, aperitivo e pranzo di nozze, i monaci avrebbero benedetto il matrimonio “anche con rito cattolico” e non solo con il rituale ortodosso, così come pubblicizzato sullo stesso sito dell’abbazia.

E’ a questo punto che la situazione è precipitata ed ha portato la Diocesi ad emettere il comunicato diffuso ai mezzi di informazione e letto durante le messe celebrate fra sabato e domenica.

“Denunciamo Tuzia”

Il silenzio delle primissime ore da parte dell’abbazia è però poi esploso: la chiesa cattolica ortodossa ecumenica, in un comunicato, annuncia infatti di avere presentato “due denunce alla Procura della Repubblica di Roma” rispetto alle quali, però, in Diocesi non ci sarebbe traccia, “e un’altra verrà presentata alla Procura della Repubblica di Perugia contro Benedetto Tuzia, vescovo di Todi-Orvieto”.

“Le querele – è spiegato in un comunicato – sono firmate dal patriarca della chiesa cattolica ortodossa ecumenica, dal vescovo della sacra arcidiocesi ortodossa ecumenica di Italia, dal patriarca della chiesa ortodosso-patriarcale d’Europa e da gruppi di fedeli della chiesa cattolica ortodossa ecumenica contro le affermazioni false, offensive, sconcertanti e diffamatorie della Diocesi di Todi-Orvieto”. Oltre alle denunce, sarebbe stata trasmessa anche “una protesta ufficiale a papa Francesco, che tanto ricerca il dialogo ecumenico, sul comportamento del suo vescovo”.

Di fatto, vengono contestate tutte le affermazioni della diocesi, sostenendo al contrario che i sacerdoti della chiesa cattolica ortodossa ecumenica “sono validamente ordinati secondo la successione apostolica riconosciuta universalmente e in special modo proprio dalla chiesa cattolica romana come pubblicato sul sito della Abbazia e ri-ordinati come tradizione da un’altra chiesa ortodossa e quindi non certo autoproclamati o scomunicati come falsamente afferma il Tuzia”. La chiesa inoltre “esercita il proprio culto come garantito dalla Costituzione italiana all’articolo 19. E soprattutto aiuta moltissime persone con i suoi 30.000 fedeli ed è molto attiva nei suoi fini sociali, culturali e religiosi. Ed è ecumenica ospitando vari sacerdoti della chiesa di Roma (quella del Tuzia) che dopo il comunicato della Curia sono oggi accorsi ancora più numerosi in segno di straordinaria solidarietà”.

La chiesa autocefala

Posizioni agli antipodi, che dimostrano come orientarsi nel mondo della ortodossia non sia affatto semplice. Una “mappa” può essere fornita dal Cesnur, il centro studi sulle nuove religioni fondato nel 1988 da Massimo Introvigne che tra le varie chiese ortodosse, censisce – appunto – l’ordine monastico ortodosso di san Martino di Porres, che fa parte della “Chiesa cattolica autocefala ortodossa ecumenica”, nata nel 1981 negli Stati Uniti d’America. “Parte di un percorso di ortodossia occidentale, ma autonoma – spiega il Cesnur – è anche l’abbazia ortodossa di san Martino, fondata nel 2016 da Max di Montecristo of Strichen, XVII Barone di Strichen, in Scozia (al secolo Massimiliano Muzzi, imprenditore romano già agli onori della cronaca per alcuni scandali finanziari, ndr) proveniente – prima come diacono e poi come sacerdote – dalla Chiesa Cattolica Ortodossa Ecumenica del messicano David Kalke. Dopo un percorso di avvicinamento all’ortodossia, il fondatore ha dato vita in Italia a due monasteri: uno in Toscana, presso Arezzo, che si occupa in particolare di recupero dei detenuti, e l’altro in Umbria, nel castello di Petroro a Todi, costruito nel secolo XV e situato in un plesso assai vasto di notevole valore storico e architettonico. L’ordine di san Martino di Porres, collegato all’Abbazia, conta una decina di membri tra monaci e laici, che si dedicano alla formazione spirituale, alla preghiera, alla coltivazione e produzione di prodotti agricoli e all’ospitalità”.

© Riproduzione riservata

(Foto in copertina, particolare di matrimonio ortodosso pubblicato sul sito dell’Abbazia)


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