In vista dell’imminente apertura della stagione di pesca (prevista per l’ultimo fine settimana di febbraio) ed a due giorni dalla mobilitazione nazionale del 25 gennaio in difesa dei fiumi italiani, denominata “La protesta dei pesci di Fiume” e promossa da Free Rivers Italia, Legambiente, Alpi Kayak, Arci Pesca Fisa, CIPRA Italia, CIRF, Federazione Italiana Canoa Turistica, Federazione Nazionale Pro Natura, Federrafting, Lipu, Mountain Wilderness, Salviamo il Paesaggio, Spinning Club Italia, WWF Italia, Legambiente Umbria e WWF Umbria inviano un appello all’amministrazione regionale per alcuni azioni per “promuovere una più sostenibile attività di pesca – scrivono le due associazioni ambientaliste – per garantire una corretta salvaguardia e conservazione dei nostri fiumi”.
I mali dei fiumi
Gli ambientalisti premettono che gli elementi che più influenzano un ecosistema fluviale sono l’inquinamento, l’alterazione degli habitat, l’eccessivo prelievo delle risorse idriche a scopo industriale, agricolo e idropotabile. Tuttavia affermano che anche “l’eccessiva presenza di pescatori come avviene con puntuale consuetudine nei giorni dell’apertura della stagione di pesca, il bracconaggio, così come le variazioni della diversità biologica in seguito a immissioni e ripopolamenti con materiale ittico alloctono” sono alcune le cause che determinano “perdita di biodiversità e danni per gli ecosistemi“.
Stop alla “pronta pesca”
Per le scriventi associazioni “impegno della Regione deve essere quello di far coesistere in modo virtuoso la necessità di conservazione e tutela delle risorse ambientali, storiche e culturali, con la valorizzazione e lo sviluppo di attività economiche, sociali e ludico sportive, come appunto la pesca“. Per questo Legambiente Umbria e WWF Umbria chiedono che vadano intraprese da subito una serie di misure volte alla salvaguardia degli ecosistemi fluviali dell’Umbria “a cominciare dall’archiviazione della pratica della “pronta pesca”.
Per gli ambientalisti, le massicce introduzioni di trote di ceppo atlantico, non autoctono, hanno prodotto la rarefazione della trota mediterranea, autoctona e indicata dalla Direttiva 92/43/CEE tra le “specie animali e vegetali d’interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione”, oltre che inquinamento genetico. “I ripopolamenti ‘pronta pesca’ continuano ad essere un inutile spreco di denaro – accusano – e servono solo ad accontentare formalmente le richieste dei pescatori (o meglio di quella parte di essi meno informata e attenta verso una seria gestione della pesca). La pratica delle immissioni pronto pesca va progressivamente superata, a cominciare dalle acque secondarie di categoria A, cioè quei corsi d’acqua minori e di maggior pregio dal punto di vista ambientale e naturale. I corsi d’acqua dovrebbero essere gestiti in modo tale da assicurare l’incremento della produttività naturale, nel riequilibrio biologico e mantenimento delle linee genetiche originarie delle specie ittiche“.
Posticipo della stagione e giorni ridotti
Si chiede inoltre il posticipo della stagione piscatoria prevedendo calendari comuni tra regioni limitrofe e l’introduzione di maggiori limitazioni di cattura giornalieri più adeguate alle necessità biologiche dei nostri fiumi.
Lo scorso anno, infatti, si è venuta a creare una difformità con le Marche a causa del mancato accordo con l’Umbria. Cosa che ha determinato un aumento dei pescatori sui fiumi umbri, in particolare in Valnerina.
“E’ evidente anche ad osservatori meno attenti dal punto di vista ambientale – accusano le due associazioni – che orde di pescatori che campeggiano e accendono fuochi in modo spregiudicato sulle sponde dei fiumi, svolge una eccessiva pressione su ecosistemi fragili come sono i corsi d’acqua minori della nostra regione“.
Da qui la richiesta di seguire l’esempio di altre regioni, come l’Emilia Romagna e appunto le Marche, che hanno posticipato a marzo l’inizio della stagione.
Limitazione all’attività di pesca sportiva
Per Legambiente e Wwf vanno introdotte maggiori limitazioni di cattura giornalieri “più adeguate alle necessità biologiche“, come hanno già previsto altre regioni italiane, a cominciare dall’Emilia Romagna, con il divieto di pesca pesca di esemplari di trote fario con lunghezza inferiore a 30 cm e limitando il prelievo a n. 2 capi giornalieri, con l’obbligo al raggiungimento di tale limite di cessare l’attività giornaliera oppure proseguendola solo con esche artificiali, con amo singolo privo di ardiglione e il conseguente rilascio immediato del pesce catturato.