Oggi la consegna del riconoscimento internazionale Santa Rita a Gina Garrisi, a Annalori Gorla Ambrosoli e a Monika Kornecka
Come Santa Rita sono state capaci di perdonare chi ha ucciso le persone a loro più care oppure ad accettare la grande sofferenza del proprio figlio. Sono le donne che ricevono oggi (venerdì 21 maggio) il Riconoscimento internazionale Santa Rita 2021, che ogni anno vuole accendere un faro su coloro che hanno saputo sopportare grandi sofferenze proprio come la santa di Cascia, in occasione della sua festa.
“Le loro storie ci consegnano il valore della festa di Santa Rita”
Ad aprire la cerimonia di premiazione, in Basilica, il messaggio di suor Maria Rosa Bernardinis, Priora del Monastero Santa Rita da Cascia. “Le storie di queste donne – spiega – ci consegnano quello che è il valore della Festa di Santa Rita. Un giorno davvero speciale che, facendoci rivivere il suo vissuto e i suoi insegnamenti, ci invita ad essere, noi stessi ed oggi, testimoni della sua santità. Ciò vuol dire che è nostro compito fare in modo che il messaggio di Rita sia potente e vivo, attraverso di noi. Nelle nostre azioni quotidiane facciamoci accompagnare concretamente dall’amore, dal perdono, dal dialogo, dalla speranza e dall’umiltà che la nostra Rita ha seminato nei secoli fino ad oggi. Lei ci chiede di raccogliere questi semi e di continuare a diffonderli in nome di Dio. Perché il vero miracolo di Rita sta nel portare questa benedizione nella nostra vita e tramite noi in quella di quanti ci sono vicini. E allora la sua festa sarà la nostra festa!”.
A consegnare la pergamena, simbolo del Riconoscimento che celebra valori quali il perdono, l’amore ed il servizio alla famiglia ed il prossimo, è padre Alejandro Moral Antón, Priore Generale dell’Ordine di Sant’Agostino.
Premio istituito dal 1988
Il Riconoscimento Internazionale Santa Rita dal 1988 viene consegnato a delle donne, di ogni età, condizione, nazione e religione, che vivendo i valori ritiani sono un esempio universale. Sono chiamate, infatti, “Donne di Rita”, perché come lei si sono distinte per scelte e opere che profumano di santità. Con loro, si vuole mostrare al mondo che è possibile vivere secondo i valori che guidarono l’esistenza di Santa Rita: tra tutti il perdono e l’amore.
Di seguito le storie delle tre donne, presentate da Tiziana Campisi, giornalista di Vatican News-Radio Vaticana con le motivazioni ufficiali.
Gina e l’amore per la figlia con una grave malattia genetica
Geltrude Garrisi, conosciuta come Gina, di Caltabellotta (Agrigento), “riceve il Riconoscimento per aver accolto con amore e accettato la nascita di una figlia, tanto desiderata, affetta da una grave malattia genetica. La grande devozione di Gina a Santa Rita le ha insegnato a trovare la forza per portare avanti la sua missione soprattutto attraverso la preghiera e la vicinanza al Signore. Continua così ad essere esempio di conforto e speranza per tante mamme che quotidianamente si confrontano con la sofferenza dei loro figli”.
Annalori, vedova di Giorgio Ambrosoli
Anna Lorenza Gorla Ambrosoli, per tutti Annalori, di Milano. “Riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita perché, come la santa, ha saputo volgere la sua dolorosa esperienza personale e familiare ad impegno fattivo per costruire il bene comune. L’assassinio del marito Giorgio Ambrosoli, uomo di Stato ligio, professionista schivo e incorruttibile, è diventato così seme di bene per la costruzione di un’Italia fondata sui valori di giustizia ed equità sociale, tramandandone l’eredità morale non solo ai suoi figli, ma anche alle nuove generazioni, che ha incontrato in oltre 40 anni di instancabile attività sociale”.
Monika e il perdono all’assassino del figlio
Monika Kornecka che arriva da Cracovia (Polonia) e “riceve il Riconoscimento perché, sull’esempio ritano, ha perdonato senza esitare l’uccisore del figlio rifiutando sin da subito le richieste di vendetta e di odio che si stavano propagando attraverso il web intorno alla sua famiglia. Il suo è stato un perdono fattosi carne nella preghiera per la conversione dell’assassino e in segni tangibili di vicinanza anche in carcere. Tutto ciò accompagnato alla decisione di dedicarsi alla cura di bambini sofferenti e morenti, per rendere ancor più fecondo il suo essere madre”.