Nella verde Umbria, terra di agricoltura e da sempre patria dei salumi e delle porchette, è particolarmente diffuso e ancora ben radicato il culto di Sant’Antonio abate. Nel giorno del 17 gennaio si apre il periodo del Carnevale, invocando proprio la benedizione del monaco eremita: taumaturgo, capace per l’appunto di liberare i malati dallo ‘sfogo di Sant’Antonio’ e protettore degli animali, la stessa tradizione iconografica lo rappresenta con ai piedi l’immancabile maialino nero cintato, nonno selvatico degli attuali porcellini rosa. Nella caratteristica stalla umbra, la Sua effige era onnipresente: basti pensare che nelle campagne della regione, proprio ‘Nino’ era il nomignolo col quale veniva chiamato il porco, nient’altro che l’affettuoso e forse eccessivamente confidenziale diminutivo di Antonio. Viene anche considerato il giorno giusto in cui ‘s’ammazza lu porcu’ compiendo così il sacrificio solenne dell’animale, sgozzato e lasciato dissanguare seguendo procedure sostanzialmente pagane che si perpetuano. Secondo l’esperto folignate Ivo Picchiarelli, si consacra il giorno in cui ‘levare la carne’ aprendo per l’appunto il Carnevale, proprio negli stessi giorni dell’antico rituale pagano in cui veniva sacrificata una scrofa a Cerere ovvero alla Natura. E’ anche la giornata in cui nelle città e nei paesini dell’Umbria, ovunque si chiede la benedizione per gli animali da lavoro e da compagnia, ma anche del sale e del grano. Si preparano e si regalano per l’occasione anche i tipici ‘roccetti o ciambelle di Sant’Antonio’ con uva passa ed anice. Si tratta di una delle ricorrenze religioso-popolari più sentite della tradizione, in suo onore si celebrano suggestive feste.
‘Pe’ Sand’Andonio s’ammazza lu porcu’ | Curiosità e tradizioni del primo giorno di Carnevale
Carnevale, ovvero 'levare la carna' antichi rituali risalenti a prima di Cristo
Mar, 17/01/2017 - 14:57