La Corte d’Assise d’appello di Perugia ha confermato con la sentenza emessa alle 14 di oggi 26 ottobre, la condanna a 30 anni di carcere per Aziz Aassoul, il 29enne marocchino che nel marzo del 2015 ha ucciso David Raggi a Terni con un coccio di bottiglia con cui lo ha aggredito alla gola. Non lasciandogli scampo. Un delitto che ha scosso una città intera e non solo, per le modalità cruente con cui si è consumato e per il fatto che in piazza dell’Olmo quella sera David è stato aggredito e ucciso da un uomo che non aveva titolo a soggiornare in Italia. Aziz era stato infatti raggiunto da un provvedimento di espulsione.
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La sentenza
Ma la tensione nella giornata di oggi è salita ai massimi livelli quando durante le richieste, la pubblica accusa rappresentata dal sostituto procuratore generale Giancarlo Costagliola ha richiesto la riqualificazione della condanna a 18 anni per l’imputato, escludendo l’aggravante dei futili motivi che era stata riconosciuta nella sentenza di primo grado (processo con rito abbreviato che era valso lo sconto della pena per Aassoul). “Non sarebbe questa la giustizia – aveva detto in un attimo di pausa e dopo un’esplosione di rabbia il fratello di David, Diego Raggi – vorrebbe dire che ognuno può venire in Italia a commettere reati e poi non pagare la giusta pena”. Ma la Corte presieduta dal giudice Pierucci (a latere Falfari) dopo circa due ore di camera di consiglio, non accogliendo la richiesta della pubblica accusa ha confermato la sentenza di primo grado.
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Una decisione che immediatamente ha sciolto la tensione tra i banchi della parte civile (costituiti i familiari e la fidanzata della vittima e anche il Comune di Terni). Con l’abbraccio tra il fratello e la madre di David si è compreso (l’udienza camerale non permetteva l’ingresso in aula) che il giudizio era in accoglimento della richiesta di conferma dei 30 anni di carcere.
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Scontro tra Aziz e gli amici di David
Il momento dell’uscita dal tribunale è stato il più critico. Un gruppo di amici di David ha atteso che il condannato venisse trasferito al mezzo della penitenziaria che lo ha riportato in carcere. Quando il 29enne alle grida del gruppo di ragazzi ha mostrato il dito medio, in segno di sfida, qualcuno si è staccato dal gruppo e ha tentato di aggredirlo fisicamente. Istanti di massima tensione. Con gli agenti che immediatamente hanno evitato ogni contatto tra il detenuto e la folla.
La solidarietà alla famiglia Raggi
Questa mattina in tribunale un’altra madre ha voluto portare il suo sostegno alla famiglia Raggi. Giuliana Bramanti, la mamma di Carlo Macro che nel 2014 la notte di San Valentino ha perso suo figlio, ucciso a Roma da un uomo straniero che come Aassoul non aveva il permesso di stare nel nostro paese. “Sono qui per dimostrare che queste cose accadono continuamente – ci racconta – che né il mio né quello di Raggi sono casi isolati. Che bisogna fare qualcosa. Che non possiamo guardare mentre le condanne sono sempre più a garanzia di chi uccide che di chi perde un figlio”. L’omicida di Carlo, in primo grado è stato condannato a 14 anni (rito ordinario, sentenza confermata in appello). Nel suo caso è stata esclusa l’aggravante dei futili motivi.
Causa contro lo Stato
Sia la famiglia Raggi che la famiglia Marco hanno avviato una causa contro lo Stato. Nel caso dei Raggi, il procedimento riguarda il ministero dell’Interno e quello della Giustizia: il primo chiamato a rispondere per la mancata espulsione del marocchino, il secondo per la mancata esecuzione di un cumulo di pene. L’udienza davanti al tribunale di Roma è fissata per l’8 novembre prossimo.