Il procuratore generale contesta la ricostruzione della lite finita con lo strangolamento del giovane
Il procuratore generale Sergio Sottani ha impugnato la sentenza con cui il Tribunale di Perugia aveva assolto Hudson Pinheiro Reis Duarte, conosciuta come Patrizia, accusata di aver strangolato Samuele De Paoli, dopo una lite seguita ad un tentato rapporto sessuale.
Per il Gup del Tribunale di Perugia, all’esito del giudizio abbreviato, il fatto non costituisce reato. Considerando la legittima difesa della trans, che sarebbe stata aggredita dal giovane di Bastia con cui si era appartata, per un rapporto a pagamento, nelle campagne di Sant’Andrea delle Fratte a Perugia.
Nelle oltre venti pagine dell’atto di impugnazione si ripercorre la vicenda, si evidenziano le presunte contraddizioni emerse durante l’interrogatorio dell’imputata e si confutano le conclusioni della perizia e le determinazioni del giudice di primo grado circa la dinamica della colluttazione tra la vittima e l’imputata.
Nell’appello, il procuratore generale confuta innanzitutto le dichiarazioni dell’imputata nella parte in cui afferma di aver soltanto allontanato e non cercato di strozzare il suo aggressore. “In realtà dalle risultanze mediche – si legge nella nota dello stesso procuratore Sottani – viene dimostrato che il decesso è avvenuto a seguito di un’azione di strozzamento”.
La diversa ricostruzione della lite
Il procuratore generale offre una diversa ricostruzione del momento del decesso rispetto alla sentenza di primo grado. Secondo quest’ultima, il rapporto sessuale, la colluttazione e la morte del giovane sono avvenuti tutti all’interno dell’abitacolo della vettura, nella parte anteriore sinistra cioè nella posizione di guida. Il corpo del giovane sarebbe stato trascinato dall’imputata successivamente al decesso, fuori dall’auto e gettato nel fosso.
Diversamente, secondo la ricostruzione del procuratore generale, la colluttazione, pur iniziata all’interno dell’abitacolo dell’autovettura, è proseguita all’esterno ed il giovane è morto nel fosso. “D’altronde, che l’omicidio sia avvenuto fuori dall’automobile e che non ci sia stato trascinamento -scrive ancora Sottani – sembra dimostrato anche dalla posizione del corpo del ragazzo nel fosso, la cui testa è nella direzione dell’autovettura”.
Secondo l’atto di impugnazione, la vittima voleva far scendere l’imputata dall’autovettura e per questo l’ha aggredita. Quest’ultima ha apposto resistenza e quando il giovane è caduto nel fosso, l’imputata, invece di scappare, come avrebbe potuto, ha seguitato ad afferrare il collo del ragazzo e lo ha strozzato cagionandogli la morte, pur non voluta.
Alla luce di queste valutazioni il procuratore generale chiede che l’imputato venga giudicato colpevole.