Omicidio Bellocchio, la difesa "Ecco come Raffaella ha provocato Rosi" - Tuttoggi.info

Omicidio Bellocchio, la difesa “Ecco come Raffaella ha provocato Rosi”

Sara Minciaroni

Omicidio Bellocchio, la difesa “Ecco come Raffaella ha provocato Rosi”

L'arringa dell'avvocato Laura Modena che ieri ha chiesto per il suo assistito l'assoluzione dall'accusa di maltrattamenti
Gio, 18/05/2017 - 01:23

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Non ci sono i maltrattamenti né la premeditazione, ma c’è la provocazione. E’ questo il nocciolo dell’arringa dell’avvocato Laura Modena che ieri ha chiesto per il suo assistito Francesco Rosi, l’assoluzione dall’accusa di maltrattamenti e la pena minima per l’omicidio volontario.

Per l’immobiliarista perugino che nel novembre del 2015 uccise a fucilate la moglie Raffaella Presta, il sostituto procuratore Valentina Manuali ha chiesto la condanna all’ergastolo in virtù delle aggravanti della premeditazione, della crudeltà, dei futili motivi e della presenza del figlio piccolo in casa. Ma per il suo legale, che ieri ha terminato un’arringa durata due udienze, la premeditazione non sussiste. Per l’avvocato Modena, il fatto che il fucile con cui Rosi uccise Raffaella Presta fosse sotto il suo letto, non significa che ci fosse stato portato da lui poco prima e per ucciderla. Anzi, secondo la difesa, quell’arma era lì fin dal 2010, cioè fin da quando avevano avuto un furto in casa. Inoltre, il fatto che il fucile fosse sporco di polvere e anche sotto il letto c’era il calco dell’arma e per il resto una coltre di polvere, è segno che era lì da molto tempo e non per uccidere Raffaella.

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Il legale, che anche ieri ha parlato a lungo per cercare di portare il gup Alberto Avenoso a sposare la loro versione, ha puntato molto anche sulla provocazione: secondo Modena infatti, Francesco Rosi avrebbe sparato a Raffaella al culmine di un crescendo di rapporti tesi e provocazioni che la donna riservava al marito. In particolare, quel tragico giorno, quando le sparò due colpi a distanza ravvicinata, avrebbe perso la testa perché la donna aveva tirato in ballo il bambino.

Una guerra legale a colpi di aggravanti e attenuanti. Rosi infatti confessò subito l’omicidio ai carabinieri del 112. Adesso resta da stabilirne i contorni, che per l’accusa e la famiglia Presta valgono l’ergastolo, mentre per la difesa di lui, che ha anche chiesto l’assoluzione dall’accusa di maltrattamenti, molti di meno.

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