Nicolò Lauteri, da Al Bano a Verdi, passando per Fiorello "devo tutto alla mia famiglia" - Tuttoggi.info

Nicolò Lauteri, da Al Bano a Verdi, passando per Fiorello “devo tutto alla mia famiglia”

Carlo Ceraso

Nicolò Lauteri, da Al Bano a Verdi, passando per Fiorello “devo tutto alla mia famiglia”

Intervista a Nicolò Lauteri, il basso di Terni atteso per il Macbeth del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto
Lun, 26/08/2024 - 08:24

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E’ una delle scoperte più interessanti tra gli studenti vincitori dell’ultimo concorso del Teatro Lirico Sperimentale, una voce rara come può esserla quella di un basso, ancor più preziosa, per il Cuore verde d’Italia, perché proprio qui affondano le sue radici: Nicolò Lauteri, classe 2002 (ha compiuto 22 anni lo scorso 2 agosto) è uno degli allievi dello Sperimentale di Spoleto che si appresta a debuttare nella prossima nel ruolo di Banco, uno dei protagonisti del Macbeth di Giuseppe Verdi. L’appuntamento è per il prossimo mese di settembre al Teatro Gian Carlo Menotti (che in questi giorni ha ospitato l’anteprima di “Anita” con cui si è aperta la 75ma edizione del TLS).

Nicolò, piazzandosi al terzo posto – assegnatogli dalla giuria composta dal soprano Serra, dal basso-baritono Ulivieri (che aveva vinto il concorso di Spoleto nel 1995), dal critico musicale Landini e dai direttori artistici del TLS, Zurletti e Girardi – oltre alla borsa di studio per il biennio 2024-’25, ha ottenuto anche lo speciale premio riservato appunto ai primi tre classificati (davanti a lui la mezzosoprano fiorentina Emma Alessi Innocenti, prima classificata, e la ceka Cristina Kustkovà).

Incontriamo Nicolò Lauteri dopo l’ultima esibizione in cui ha regalato al pubblico una buona prova proprio del suo prossimo personaggio, quel generale Banco che, per la difficoltà di esecuzione, non è proprio per tutti. D’altra parte la voce del basso è una rarità nel panorama della lirica mondiale, legata non solo alla profondità della voce ma alla stessa interpretazione che, a differenza di altre voci, ha il ‘dovere’ di cantare il libretto in maniera chiara, senza sbavature.

A dispetto del basso “tipo”, Nicolò Lauteri è un ragazzo slanciato, magro, con una estensione vocale notevole e con una buona tecnica di respirazione nonostante la giovane età.

L’incontro svela degli aspetti importanti sulla formazione di questo giovane di cui sentiremo presto parlare.

Nicolò, parlaci di te, dove hai studiato e chi ti ha avvicinato al bel canto. “Sono nato a Terni ma a Spoleto vengo spesso perché mio nonno paterno è originario proprio di qui e ci abita mia zia. Chi lo avrebbe mai detto che un giorno avrei vinto il Concorso proprio del Lirico Sperimentale. Per il resto devo tutto ai miei genitori, alla famiglia della mia fidanzata e non di meno ai miei nonni, a cominciare da nonna Pasquina, con cui già all’età di 6 anni ascoltavo i dischi di Al Bano e Nicola di Bari. Ancora oggi, quando Al Bano è in tv, mi telefona per dirmi di ascoltarlo. Per quanto riguarda la scuola mi sono diplomato all’Istituto alberghiero Casagrande di Terni“.

Lauteri nei panni del Conte di Monterone con il Maestro Giossi

E le scuole di canto? “Ho iniziato a nove anni privatamente, con l’insegnante di canto Roberta Riccetti che mi ha poi presentato al baritono Marzio Giossi e alla pianista Eleonora Conti, con la quale studio anche solfeggio. Con loro sono cresciuto e, grazie al maestro Giossi, ho affinato la voce, che si è andata via via modificando da tenore a basso“.

So che hai una vera squadra di supporter. “Sì, la mia famiglia, mamma Michela e papa Davide, i nonni, la mia fidanzata Beatrice, i miei parenti di Spoleto. Insomma non mi manca l’affetto e il supporto neanche quando mi esibisco davanti al pubblico“.

Tra pochi giorni sarà il tuo debutto sul prestigioso palco del Teatro Menotti, ma non è in assoluto la tua prima volta. “Ho avuto la fortuna di poter cantare l’Inno degli italiani in occasione del mondiali paralimpici svoltisi a Terni, ho interpretato il Conte di Monterone nel Rigoletto a Terni in memoria del soprano Gina Palmucci (in arte Nera Marmora, n.d.r.)  e sono stato ospite di Viva Radio2 di Fiorello“.

Che ti ha definito una “voce pazzesca”. “Fiorello è stato sempre molto gentile con me, gli sono grato per avermi voluto presentare al grande pubblico della sua trasmissione”.

Quest’anno la decisione di affrontare il Concorso dello Sperimentale. “Ammetto di aver avuto non poco timore e di essermi deciso solo all’ultimo ad inviare la domanda. Ho preparato 5 arie e 1 ruolo, Ferrando del Trovatore. E’ stata una bellissima esperienza, dalla prima prova alle semifinali alla classifica finale. E’ la mia Olimpiade, per dirla come in questi giorni, e ne sono orgoglioso“.

Come sta andando questo primo anno di studi sotto l’egida del Tls?Mi trovo benissimo, siamo seguiti in ogni modo e su ogni aspetto, è una vera accademia, una scuola di eccellenza. Incontriamo continuamente cantanti lirici e direttori di orchestra di altissimo livello. E’ un continuo imparare”.

A quali cantanti ti ispiri?Guardo con la massima ammirazione alla voce di Cesare Siepi, Samuel Ramey e, tra i tenori, all’indimenticato Luciano Pavarotti“.

Tra i compositori?Sicuramente Giuseppe Verdi, dobbiamo a lui l’aver spinto le voci baritonali verso quelle tipiche del basso, voci che incarnano personaggi orgogliosi, fieri del proprio ruolo”.

Hai regalato al pubblico della Sala Monterosso un assaggio del Banco che interpreterai tra un mese. Qual è l’opera che ritieni la tua vera “prova”? “Il Don Carlos di Verdi, la ascolto sin da bambino ma non posso certo affrontarlo ora, ci vorrà del tempo“.

Sarebbe un azzardo?Sì, è richiesta una voce matura, vedremo se questo mio percorso professionale mi porterà un giorno ad indossare i panni di Re Filippo II. Sarebbe magnifico”.

Progetti per il futuro? “Studiare, studiare e studiare. Sogno questa carriera e farò di tutto per proseguirla nel migliore dei modi. Quando canto mi sento libero, pur dovendo interpretare personaggi difficili che richiedono la massima concentrazione. Lo devo a me stesso, alla mia famiglia, alla mia Umbria che mi ha offerto questa occasione. La voce è sicuramente un dono, ma quello ancor più grande sono le persone che mi circondano, parenti, amici e insegnanti che siano. Incrociamo le dita e andiamo avanti”.

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