Venerdì 14 settembre, festa dell’esaltazione della Croce, presso la Cappella di Santa Croce, nel santuario di S. Chiara in Montefalco, si è tenuta un’interessantissima Lectio crucis (lezione sulla croce) sugli affreschi della medesima Cappella: un’analisi spirituale, artistica e culturale del testo dipinto, attraverso la vita della Santa e l’ingegno dell’artista che ha realizzato gli affreschi. Sono intervenuti: l’Arcivescovo Boccardo, don Dario Vitali, docente di Teologia Dogmatica – Ecclesiologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, e il prof. Corrado Fratini, docente di Storia dell’Arte Medievale presso l’Università di Perugia. L’appuntamento è stato organizzato dal Museo e dall’Ufficio catechistico della Diocesi di Spoleto e rientra nell’evento In Hoc Signo, rassegna di mostre, spettacoli e convegni promossa dalla Rete Museale Ecclesiastica Umbra (MEU) della Conferenza Episcopale umbra, con la finalità portare all’attenzione della cultura contemporanea la centralità della croce. Presenti un buon numero di catechisti. Hanno coordinato il pomeriggio: don Claudio Vergini, direttore dell’Ufficio catechistico, e la dott.ssa Stefania Nardicchi, coordinatore del Museo diocesano.
«Nella cappella di Santa Croce – ha detto il prof. Fratini – è presente un sistema decorativo tipico del Ducato e della Diocesi di Spoleto». Da ricordare che il ciclo pittorico raffigurante la vita di S. Chiara è stato realizzato nel 1333, venticinque anni dopo la morte della Santa. Il contesto storico era molto particolare: papa Giovanni XXII era ad Avignone, il Ducato di Spoleto era retto dal francese Jean D’Amelie (colui che fece commissionare gli affreschi nella cappella di Santa Croce), Spoleto era la più importante città dell’Umbria e gli spoletini erano i grandi pittori del tempo. L’autore è anonimo e per convenzione è stato chiamato il Primo Maestro di S. Chiara da Montefalco. Comunque, in considerazione di quanto detto sopra, era parte degli artisti ufficiali della Diocesi di Spoleto. La tecnica usata è quella del buon fresco, cioè del muro bagnato e intriso di colori. Tale tecnica poteva essere fatta solo in estate e in primavera. Nelle altre due stagioni gli artisti lavoravano in bottega. «La crocifissione situata nella parete di fondo della Cappella – ha continuato Fratini – non è quella classica con il Cristo al centro e ai lati la Madonna e Giovanni il Battista. A far da corona alla croce c’è una schiera di cavalieri, la Maddalena e un gruppo di donne spostate sulla destra che sorreggono la Madonna. In alto ci sono degli angeli che, come le rondini, garriscono per il dolore. L’atmosfera è ferma; il vento soffia solo sul perizoma del Cristo a dimostrare di come il soffio vitale abbia investito il figlio di Dio. Tra le oltre quaranta figure presenti, c’è anche quella dell’autore anonimo». Da attribuire allo stesso autore anche gli affreschi della parete destra della cappella, che raffigurano alcune scene della vita di S. Chiara e di S. Biagio: Chiara bambina ricevuta da Giovanna, la Madonna che fa giocare Gesù con Chiara, San Biagio in carcere. Al centro della parete, la grande edicola gotica che già sovrastava la tomba di Santa Chiara dove sono dipinti: la Madonna in trono col Bambino tra gli arcangeli Gabriele e Raffaele; sotto l’apparizione di Gesù carico della croce a Santa Chiara, e la Beata Giovanna.
Nella parete sinistra vi sono raffigurati: il martirio di Santa Caterina e la morte di S. Chiara; sotto la finestrina, l’Ecce Homo; al di sopra, fra un bel Cristo benedicente, Jean d’Amiel presentato da San Biagio, con molte scritte esplicative. Nella volta a crociera, ricchi fregi decorativi incorniciano i simboli degli Evangelisti. «In questa parete destra – ha concluso il prof. Fratini – cambia tutto rispetto a quella centrale e a quella di sinistra: agisce un’altra mano, un’altra tecnica, un’altra mentalità, quelle del II Maestro di S. Chiara da Montefalco. Qui le immagini sono inserite in un contesto e sono storicamente documentabili. L’autore – che probabilmente è il figlio del I Maestro – rappresenta la realtà».
Interessante la lettura teologica degli affreschi proposta da don Dario Vitali. «In questa Cappella – ha detto – Chiara è rappresentata in tutte le fasi della vita: da quando era bambina al momento della morte. In questo luogo molto suggestivo, il più legato alla Santa in vita e in morte, ed anche oltre la morte, sarebbero avvenuti i numerosi miracoli narrati dai processi per la canonizzazione. Avvennero qui i molti colloqui di Chiara con i suoi devoti e ammiratori, particolarmente quelli con l’eretico fra Bentivenga da Gubbio». Nel ciclo pittorico, dunque, emerge l’amore di Chiara per il Signore, amore appreso grazie all’esempio della sorella Giovanna che aveva dato il via al reclusorio. «Per comprendere bene S. Chiara – ha detto don Vitali – dobbiamo pensare alla Maddalena e al suo amore per Gesù, oppure alla sposa del Cantico dei Cantici che tutto è disposta a fare pur di andare incontro al suo sposo. E non è un caso se il I Maestro di Montefalco ha dato lo stesso volto alla Maddalena presente nella parete centrale e a S. Chiara presente nella parete sinistra. Lo sguardo di Chiara nel ciclo pittorico – lo stesso d’altra parte di quando era in vita – è contemplazione del Cristo». Don Vitali ha poi fornito alcuni elementi di questa Santa: «”madre” attenta e premurosa per le consorelle; donna che esprimeva la fede con i gesti, anche con le flagellazioni personali, se necessario; donna straordinaria che potrebbe tranquillamente essere nominata protettrice della nuova evangelizzazione; donna che mette a disposizione il cuore per piantarvi la croce di Cristo; donna modernissima che unisce cuore e mente, corpo e anima; donna dalla grande carità e capace di essere fedele per tutta la vita a Cristo; conoscendo meglio S. Chiara – ha concluso il sacerdote – conosciamo meglio il volto di Cristo».
Terminati questi due interventi, le monache agostiniane hanno consentito ai presenti di entrare in clausura per ammirare la prima cassa solenne di S. Chiara. Il pomeriggio è terminato con la celebrazione eucaristica in Santuario presieduta dall’Arcivescovo. Erano presenti anche le monache Clarisse di Montefalco, il cui monastero è attiguo a quelle delle agostiniane. Nell’omelia mons. Boccardo ha invitato i presenti a «fissare occhi, mente e cuore sulla croce di Gesù, croce dove è stato esaltato, croce per mezzo della quale è stato introdotto nella gloria. Solo alzando lo sguardo alla croce capiamo il messaggio di Dio all’umanità: è da essa che riceviamo la forza, è ad essa che dobbiamo attingere speranza. La croce è un tesoro che abbiamo ricevuto e che deve servirci – come fu per S. Chiara – per scaldare il cuore e illuminare la mente».