Da Monir anche un messaggio di inclusione: "Non bisogna mai giudicare una persona dalla provenienza, dalla propria cultura dalle proprie tradizioni ma da quello che ti può dare"
E’ stato l’ambasciatore dell’Umbria nella cucina di MasterChef Italia 10, portando la sua simpatia e la sua esuberanza fino alla finale. Monir Eddardary, 29 anni, bevanate con la passione per il viaggio, ha sfiorato la vittoria nella cucina più blasonata d’Italia.
Un percorso di alti e bassi, in cui lui è entrato come un uragano. “Sono un po’ gipsy – ride, rispondendo da Milano, a casa di un amico – ma porto l’Umbria sempre con me“.
Il piatto preferito di Monir
A un finalista di MasterChef non si può evitare la domanda sul piatto preferito e Monir non delude: “Tagliatelle fatte in casa con ragù di lumache al sugo“. Lumache rigorosamente di Cantalupo, dove Monir ha vissuto per sei anni. Prima di Bevagna e prima del viaggio in Australia.
La cucina, per Monir, è passione e arma di seduzione: “In Australia, con la lingua che inizialmente non conoscevo, l’arma era la cucina e stupivo con le tagliatelle fatte in casa“.
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Tagliatelle dolenti
Tagliatelle che però diventano anche un’arma a doppio taglio, come nella prima puntata di MasterChef: “Fare le tagliatelle all’estero, a persone che non mangiano mai la pasta, era più facile. Farle a tre giudici pluristellati o fai le più buone dell’universo, altrimenti non può bastare“. Da lì il percorso: “Ero consapevole di essere la persona con meno tecnica. Ho deciso di giocarmela come in un gioco da tavola, prova per prova”.
Il ritorno a Bevagna
E prova dopo prova, Monir è tornato a Bevagna: “Già per il fatto di essere andato in Australia, ero l’australiano che tornava a casa. MasterChef ha amplificato questa cosa”. E a Monir sono arrivati anche i complimenti del sindaco e del vicesindaco, che si sono ritrovati un ambasciatore d’eccezione per la città: “Spero di aver portato una bella immagine alla città”.
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Il menu finale
A Bevagna era dedicato anche il menu finale: “Avrei voluto fare i cappellacci con ripieno di ragù umbro, anche ragù di lumache della sagra di Cantalupo, servito con questo brodo di lumache piccanti che per chi non lo conoscesse è un tipico street food marocchino.
E poi come secondo prevedevo un filetto di canguro e come ultimo il sapore dei pasticcini di San Nicolò che si fanno a dicembre a Bevagna, che sono fatti di anice, pan di spagna con una salsa al cioccolato“.
Nuovi progetti
Un personaggio come Monir è già stato sommerso di progetti e proposte, che lui sta sapientemente valutando. Di certo un viaggio, il primo dalla mamma in Francia, appena sarà possibile. Poi qualche nuova meta. “Io sono un ragazzo che ama girare, ma come mi sento a Bevagna, l’aria che si respira in Umbria io non la respiro da nessun’altra parte“.
Il messaggio di inclusione: “Mai giudicare qualcuno dalla provenienza”
Come personaggio, Monir ha lanciato anche un messaggio fortissimo di inclusione. Lo ha fatto con la simpatia scanzonata, ma anche con la solennità necessaria al valore del messaggio.
“In Italia ci sono poche nazionalità diverse – ha detto – e io ho vissuto per anni quasi in una bolla. In Australia mi sono ritrovato con persone di tutte le parti del mondo.
Ogni supermarket o fast food avevano cassiere di quattro o cinque nazionalità diverse e tutto funzionava alla grande. Era tutto in armonia. E nella masterclass era lo stesso. Non c’è stato mai un singolo problema nonostante noi parliamo lingue diverse, abbiamo culture diverse, abbiamo palati diversi. E perché questo non può essere replicato fuori?
Non bisogna mai, mai, mai, mai, mai giudicare una persona dalla provenienza, dalla propria cultura, dalle proprie tradizioni, bensì da quello che ti può dare. Come dicevo a MasterChef, ogni personalità si arricchisce: un piatto si fa con 15 ingredienti ben bilanciati. Se incontri 10 persone con diverse nazionalità, ogni persona può dare un valore in più”.