di Carmelo Musumeci e Giuseppe Barreca (*)
Carcere di Spoleto
Grazie Scuola.
In molti carceri si vive venti ore chiusi in una cella a fare nulla, chiusi in un piccolo spazio dove quel niente che capita oggi capiterà domani e domani ancora, il non fare nulla ci danneggia più della mancanza della libertà. Invece dal dieci di settembre, nel carcere di Spoleto la scuola è entrata in carcere ed il carcere è entrato a scuola: da alcuni giorni detenuti difficili, con una storia dura e fascicoli pesanti come macigni escono dalle celle ed entrano in stanze dove si svolgono le lezioni della scuola Istituto Statale dell'Arte “Leoncillo Leonardi”. Lo studio è il metodo migliore per recuperare il detenuto perché a differenza di una istruzione totalizzante e criminogena come il carcere, la scuola ti fa sentire una persona, parte di una rete sociale. La scuola ti apre un orizzonte di cultura, educazione, valori, critica e perché no, ti fa sentire più giovane perché nonostante la nostra età i docenti si rivolgono a noi in modo simpatico e diretto: “ragazzi per favore un po' di attenzione”. E' bello che ancora qualcuno ci chiami ragazzi. “Ragazzi questi sono i compiti da fare a casa”. E noi in coro sorridendo rispondiamo: “compiti da fare a casa? Semmai in cella!”. Nella maggioranza dei casi i detenuti elaborano e rafforzano una sottocultura per reagire alla loro segregazione sociale,invece la scuola ti aiuta a cambiare e a migliorare. Lo studio è il modo migliore per iniziare un percorso d'inserimento e ti fa sentire libero perché la cultura è un'arma indispensabile per la conquista della libertà interiore. In carcere, scrivere, leggere e studiare possono veramente rappresentare un qualcosa per cui vivere. Un grazie particolare al dirigente scolastico dell'Istituto Statale d'Arte “Leoncillo Leonardi” di Spoleto e grazie a tutti gli insegnanti compresi le scuole medie inferiori ed elementari: “grazie scuola”.
(*) A nome degli studente detenuti