Un commerciante ambulante di frutta e verdura a capo di una maxi truffa. L’uomo, il 58enne P.S. di Città di Castello, è stato arrestato dal Nucleo Ispettorato Lavoro (NIL) e dai Carabinieri tifernati nell’ambito dell’operazione “Working fruit”, legata a finti contratti di lavoro.
Reati contestati e denunciati – Le indagini, coordinate dal pm Giuseppe Petrazzini, hanno portato anche alla denuncia di 44 persone (32 marocchini, 5 tunisini, 2 nigeriani, 2 algerini, 2 pakistani, 1 ex jugoslavo). Tra i reati contestati ci sono: falso continuato in concorso, immigrazione clandestina, truffe aggravate ai danni dell’Inps e un caso di emersione di lavoro nero nell’ambito delle badanti.
Le modalità della truffa – Il 58enne imprenditore “fruttivendolo”, nel corso degli anni avrebbe messo in piedi una grande attività-farsa e assunto persone in maniera fittizia, girando da un mercato all’altro con il suo furgone sgangherato. L’uomo effettuava decine e decine di assunzioni, tutte con l’incarico di autista (lui stesso aveva la patente di guida revocata). Tutti coloro che sono stati coinvolti non hanno quasi mai lavorato. Venivano emesse solo comunicazioni telematiche di assunzione a cui, dopo un determinato periodo, seguivano quelle di licenziamento; i giorni necessari, insomma, a termine di legge, per ottenere indennità di disoccupazione e assistenziali. L’arrestato aveva dichiarato anche il possesso di alcuni ettari di terreno adibito ad agricoltura, per giustificare la propria attività e la necessità di assumere persone.
Le cifre – Gli stranieri assunti in modo fittizio sarebbero stati 28. I Carabinieri dell’Ispettorato Lavoro hanno dichiarato che solo una parte delle domande presentate all’Inps dagli extracomunitari, equivalente a 2.200 euro, è stata riscossa. I militari hanno quindi precisato che altri 73mila euro erano pronti ad essere erogati. L’imprenditore arrestato aveva un tariffario che andava da un minimo di 200 a un massimo di 2500 euro per ogni pratica di finta assunzione e licenziamento per ottenere indennità di disoccupazione.
Gli agganci – L’imprenditore aveva diversi collegamenti con alcuniintermediari stranieri che gravitavano nella zona dell’Alta valle del Tevere, extracomunitari che gli fornivano documenti e nominativi di chi avrebbe dovuto assumere in maniera fittizia per farlo arrivare in Italia oppure per rinnovargli il permesso di soggiorno.