Dopo il debutto avvenuto il 28 aprile scorso presso l'Auditorium di San Domenico a Foligno, lo spettacolo viene replicato il 23 novembre 2007 ore 21 al Teatro Comunale di GUBBIO e il 24 novembre ore 21 presso il Teatro Civico a NORCIA per Progetto Spettacolo Umbria
L'idea dello spettacolo è quella di rendere vivo, palpitante, umano, il senso di isolamento a cui l'uomo e il pensiero di Gramsci furono costretti durante il carcere forzato; così ci immaginiamo il nostro “gobbo maledetto”, dall'espressione di scherno di stampo mussoliniano e da Rigoletto di Verdi, un “offeso dalla natura e dagli uomini ma non dagli dèi”, all'interno della sua cella nel carcere di Turi, in Puglia, dove comincia a poter scrivere e a organizzare le sue riflessioni e il suo pensiero, ma ha ben pochi interlocutori con cui confrontarsi, molti compagni di prigionia lo seguono a stento, lo salva solo una fitta corrispondenza esterna. Ed è allora che nasce, giorno dopo giorno, superata una prima diffidenza verso questo deforme “capo comunista tanto pericoloso”, un singolare rapporto con una guardia carceraria, un vero figlio del Sud e della fame, passato di grado perché entrato nell'apparato. Il rapporto col tempo diviene più intimo, lo scambio umano e intellettuale più intenso: della guardia, a cui chiede di ascoltare un brano del Rigoletto, diviene confidente, fratello maggiore, forse pedagogo,. E nei loro colloqui sempre più intensi Gramsci spiega a lui, e a noi, il suo pensiero sull'Italia dell'epoca, sul fascismo, sulla lotta per eliminare le disparità fra le classi sociali, sullo sfruttamento, sulla questione meridionale. Il secondino ascolta sempre meno esitante, sempre meno incline a sospettare di quel cervello che avrebbe dovuto smettere di funzionare per almeno vent'anni.
Contrappunto a questi incontri e a questa “relazione umana”, proiettati su un maxischermo posto in fondo alla scena, appariranno volti e immagini di personaggi della “Grande Storia” che raccontano brevemente il “loro Gramsci” come se fosse la risposta ad una “intervista impossibile”: si alterneranno i famigliari, la sorellina Teresina, Julka, la moglie assente, e Tania, la cognata indomita, poi Mussolini ed altri nel tentativo di presentare una messinscena in cui si evoca un Gramsci politico ma soprattutto umano, una figura importantissima che va considerata non solo per la sua grande levatura intellettuale, politica e storica ma che va intesa e collocata all'interno del quadro dei “padri fondatori” dell'Italia, segnandone la cultura, la storia, il pensiero.
Infine un violino, suonato in scena da una musicista, interverrà, leggero e penetrante, dolce e furioso, come segno forte di Julka-Giulia, la moglie russa così presente nel cuore di Gramsci e allo stesso tempo lontana, come tutti, come il suo perenne isolamento lo condannerà ad essere per tutta la vita…
Ed è incredibile pensare come, nonostante la separatezza e l'impotenza di quegli anni, il pensiero di Gramsci sia diventato grande punto di riferimento per intere generazioni di politici, di intellettuali, di uomini e donne che credevano nella libertà e nell'eguaglianza sociale.