Dopo essere finite sotto i riflettori della politica nazionale perché primo esperimento territoriale dell’alleanza giallorossa, le elezioni regionali in Umbria rischiano di creare una frattura nel Partito democratico, già segnato dalla recente fuoriuscita del gruppo di Matteo Renzi, che ha fondato Italia Viva.
A contendersi il pomo della discordia, a Perugia, due donne: la consigliera uscente Carla Casciari e l’ex senatrice Valeria Cardinali. A spuntarla è stata quest’ultima, molto vicina al vice segretario Andrea Orlando, che nei mesi passati in più occasioni era stato investito del caso Umbria.
Fuori Carla Casciari, per due legislature a Palazzo Cesaroni, ma la prima in quota Italia dei Valori, formazione che l’ha portata alla vice presidenza della Regione Umbria. Questione di interpretazione, dunque, circa il vincolo del secondo mandato. Ma sulla scelta finale di escluderla ha pesato probabilmente anche la vicinanza con l’ex governatrice Catiuscia.
Il fatto che, all’assemblea di mercoledì convocata da Verini per elencare la lista quasi definitiva, la Cardinali fosse rimasta impassibile (anche quando il commissario ha dimenticato di leggere proprio il suo nome) ha fatto ritenere che il destino di Carla Casciari, inserita con riserva, fosse in realtà segnato. E qualche ora dopo è arrivata l’ufficialità della sua esclusione.
“Il Pd ha scelto il patto interno” l’amaro commento di Carla Casciari.
Ma questa non è solo una bega perugina ed umbra. Ci va infatti giù ancora più duro il senatore Francesco Verducci, membro della Direzione nazionale del Pd: “Quanto avvenuto per la composizione delle liste Pd in Umbria è uno spettacolo penoso. L’apoteosi della spartizione oligarchica. Avulsa da tutto. Senza alcun coinvolgimento, senza alcuna discussione politica e progettuale. Si è dato sfogo al festival dell’ipocrisia, del cinismo, della spregiudicatezza. Altro che unità. L’esclusione di Carla Casciari, figura che avrebbe significato un importante valore aggiunto, è l’emblema di una logica pianificata di epurazione, sancita esplicitamente dalla Segreteria nazionale. Del resto – prosegue Verducci – la vicenda umbra è a tutti gli effetti di portata nazionale e la composizione delle liste è stata seguita e gestita direttamente dalla segreteria nazionale. Il risultato è evidente: tutelare le correnti della maggioranza congressuale ed epurare le figure considerate scomode. Correntismo all’ennesima potenza. Alla luce di quanto accaduto in Umbria, i proclami all’unità e all’apertura appaiono parole vuote e grottesche, e questo fa molto male al Partito Democratico e alla sua possibilità di rigenerarsi“.
Quel correntismo che per Nicola Zingaretti e Walter Verini è il peggior male del Partito democratico.