HOLDING DELLA 'NDRANGHETA / SEQUESTRI E ARRESTI A PERUGIA - Tuttoggi.info

HOLDING DELLA ‘NDRANGHETA / SEQUESTRI E ARRESTI A PERUGIA

Sara Minciaroni

HOLDING DELLA ‘NDRANGHETA / SEQUESTRI E ARRESTI A PERUGIA

Duchini: "Umbria non è Roma, nessun politico coinvolto" / Droga, estorsioni, usura, fotocopie, furti e addirittura Green Economy nel sistema mafioso scoperto dai carabinieri del Ros
Mer, 10/12/2014 - 12:32

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Non solo Umbria, ma anche Calabria, Toscana, Lazio, Piemonte, Marche ed Emilia Romagna: queste le regioni coinvolte nel blitz dei ROS di questa mattina. L’operazione denominata “Quarto Passo” ha portato all’emissione di 61 custodie cautelari, e il sequestro di 30 milioni di euro tra mobili e immobili.

I numeri – 39 imprese, 106 immobili, 129 veicoli, 28 contratti assicurativi, oltre 300 rapporti bancari e di credito, e ancora, 61 indagati, 46 persone in carcere, 8 arresti domiciliari, 7 sottoposti all’obbligo di dimora. Sono questi i numeri da capogiro della maxi operazione “Quarto Passo” illustrata pochi minuti fa dal procuratore reggente di Perugia Antonella Duchini, dal comandante di Legione Roberto Boccaccio, dal procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti, dal generale Mario Parente comandante del Ros, dottoressa Pugliese sostituto della Procura Nazionale Antimafia, Colonnello Cosimo Fiore comandante provinciale dei Carabinieri. Tra i reati anche quello di estorsione, fatti gravissimi protrattisi in un caso dagli anni 2004-2005, che hanno condotto nella pratica ad affossare intere imprese economiche.

IL VIDEO – MINACCE AGLI IMPRENDITORI

Umbria vergine all’omertà – “Ma l’Umbriacome spiegato in conferenza dal procuratore reggente Duchini – è un territorio vergine all’omertà”. Imprenditori soggiogati che non hanno avuto la forza di denunciare nell’immediatezza e sono stati oggetto di violenze fisiche e minacce, nel momento in cui l’attività ha cominciato a prendere piede. Gli imprenditori sono stati individuati, anche attraverso le intercettazioni, convocati dai Carabinieri a quel punto tutti hanno parlato. “Obbiettivamente questa tipologia di reati in altre regioni avrebbe comportato un’omertà assoluta. Mentre nel nostro territorio questa “paura”, questa “solitudine” è durata poco. Una peculiarità che ci fa sperare che il nostro tessuto non sia favorevole all’attecchire di questi fenomeno”.

L’Umbria non è Roma. “Non siamo certo difronte all’indagine sulla capitale. L’Umbria non è Roma – ha spiegato il procuratore reggente Duchini – perchè non è coinvolta in Umbria la grande politica e perché non c’è in Umbria la grande criminalità organizzata. C’è piuttosto una presenza ultra decennale di soggetti di origine calabrese che si sono radicati nel nostro territorio. Formalmente con delle facciate pulite, per lo più imprese edili e di ristorazione che hanno poi cominciato porre in essere le loro attività delittuose. Una fisiologica connivenza con il tessuto perugino, che si è basata su una progressiva infiltrazione. L’umbro non abituato alla vicinanza con questi metodi è stato prima indotto e poi estorto”.

Collegamenti con cosche di origine e Green Economy. L’intervento giudiziario è stato estremamente tempestivo. Le minacce di morte ad imprenditori tartassati dal gruppo dimostrano che il modus operandi era chiaramente di stampo mafioso. Questo gruppo era in espansione anche territoriale. “Quello che mi ha colpito esaminando gli atti è stato il coinvolgimento nel settore fotovoltaico – ha spiegato il generale Parente – tecnologia ambientale, green economy. Questo fenomeno rappresenta il fronte più avanzato della economia mafiosa. Non è la prima volta ma abbiamo la conferma dell’interessamento della criminalità verso questo settore”.

LE DICHIARAZIONI DI PARENTE E DUCHINI

Appello ai cittadini e istituzioni “tenere alta la guardia”. L’appello del Procuratore reggente Duchini alla cittadinanza e alle istituzioni di massima attenzione. “Purtroppo vivendo in questo territorio da sempre definito isola felice non vengono colti quei segnali che ci dovrebbero condurre ad avere un’attenzione massima alle infiltrazioni. Edilizia e fotovoltaico sono temi che in territori dove la mafia non è endemica l’infiltrazione non è apparente non abbiamo stragi di mafia o cadaveri per strada. Qui si atteggiano in maniera differente, nel sommerso. Si avvicinano nel settore dell’imprenditoria e dell’edilizia mimetizzandosi e poi si ampia con i metodi dell’infiltrazione classica mafiosa. Si infiltra inizia a commettere estorsioni si impadronisce delle attività e economiche le svuota. Radicamento di una sorta di holding del crimine. Le tipologie criminose poste in essere sono molteplici. Moltissimi episodi di estorsioni, di usura, bancarotte, ricettazione, riciclaggio droga, furti di mezzi meccanici. In questa attività sono state accertate collaborazioni con gruppi che si occupavano stabilmente dei furti, gruppi che si occupavano stabilmente di commettere truffe nei confronti di attività che fornivano materiali. Truffe ingenti che in questo momento di crisi che possono significare il fallimento e la perdita di posti di lavoro. Umbria e Toscana fino a qualche tempo fa erano immuni a questo tipo di fenomeno”.

Sequestri anche nel centro di Perugia. Il Pub Merlin, la copisteria “Il Copione”, almeno un’altra copisteria in centro storico (vedi inchiesta To sulle fotocopie illegali), attività edili a Ponte San Giovanni e tutta una serie di attività anche commerciali definite di media grandezza.

Estorsioni e usura. L’operazione ha tracciato collegamenti con la consa Farao Marincola di Cirò capeggiata dal pregiudicato Natalino Paletta già presente a Perugia dal 2008. Le vittime venivano poste in una condizione di assoggettamento tipico dell’associazione di stampo mafioso che si erano radicate sul territorio infiltrandosi soprattutto nel tessuto economico anche attraverso estorsioni ed usura nei confronti idi imprenditori locali.

False fatture. In particolare alcuni di loro erano stati costretti a emettere fatture false per dissimulare pagamenti illeciti o a cedere le proprie imprese agli indagati e a loro prestanome. In altri casi pur rimanendo formalmente intestatari le vittime venivano sostituite dagli esponenti del gruppo criminale, che dopo aver privato l’azienda del suo credito ne provocavano la bancarotta fraudolenta.

Le truffe. Il sodalizio era dedito anche alle truffe nei confronti di fornitori di materiali edili, poi rivenduti a ricettatori calabresi titolari di imprese che li reimpiegavano nelle costruzioni di edifici e fabbricati in Umbria, Toscana e Calabria.

I furti. Era invece Francesco Pellegrino il capo di un’altra componente del sodalizio dedita alla commissione di numerosi furti di materiale edile e macchine operatirci nelle Marche, poi rivendute sul mercato legale o cedute a ditte sempre calabresi.

La droga. Non poteva mancare la droga tra gli affari della Holding della malavita. Traffici di cocaina provenienti dalla Calabria erano il risultato di un sodalizio con la criminalità albanese, i cui pusher distribuivano la droga sul territorio. Gli stessi albanesi erano utilizzati anche per danneggiamenti e atti intimidatori connessi all’estorsione e all’usura.

(Sara Minciaroni e Alessia Chiriatti)

©Riproduzione Riservata

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