“Gli stipendi dei dipendenti dell’Agenzia regionale per la forestazione saranno pagati entro questa settimana, come da impegni presi dall'amministratore unico Bianchi in sede di Comitato per il Monitoraggio. È arrivata quindi la notizia di cui tutti erano al corrente fin da inizio settimana, e questo in risposta alla ridda di prese di posizione, all’affannosa gara a chi era più solidale coi lavoratori ad occupazioni minacciate, e mai praticate”. Con queste parole il consigliere regionale Andrea Smacchi (Pd) interviene sulla questione dei 600 dipendenti dell'Agezia Forestale rimasti senza stipendio da settembre.
“Il problema vero da affrontare ora – secondo Smacchi – è la gestione del futuro, su cui mi preme ribadire alcuni concetti che ho già a più riprese sottolineato. Innanzi tutto, questa vicenda dimostra in maniera inequivocabile come l’azione riformatrice anche su questo versante sia stata debole e poco coraggiosa: l’Agenzia, ad esempio, è stata privata di alcune funzioni che erano in carico alle ex Comunità montane, su tutte i lavori di bonifica, che sono state assegnate alle Unioni speciali dei comuni, di cui ad oggi non vi è ancora sostanzialmente traccia. Tutto ciò – prosegue – vuol dire non solo che non vi è più al momento chi si occupa concretamente della manutenzione e della bonifica del territorio, come avveniva in passato, ma anche che le risorse che provenivano da quelle progettualità e da quei lavori, non sono nelle disponibilità dell’Agenzia forestale regionale. Appare evidente quindi che il problema contingente del pagamento degli stipendi, seppur molto importante ed al quale andava trovata una soluzione, affonda le sue radici in un quadro normativo ed economico che va assolutamente e con celerità rivisto”.
“Se l’obiettivo è quello di dare continuità e sviluppare fino in fondo le potenzialità dell’Agenzia forestale regionale – conclude – occorre un rinnovato e coraggioso slancio riformista, che metta da parte una volta per tutte i campanili e si concentri sulle progettualità e sulla tutela del territorio. Mettere mano celermente agli aspetti della riforma endoregionale che evidentemente non hanno funzionato, è una necessità non più eludibile: solo in questo modo saremo in grado di garantire stabilità alla struttura, prospettive per il futuro e risposte certe ai sacrosanti diritti dei lavoratori”.