Esplosione Gubbio, condannati i 5 imputati | Pene da 10 a 18 anni - Tuttoggi.info

Esplosione Gubbio, condannati i 5 imputati | Pene da 10 a 18 anni

Davide Baccarini

Esplosione Gubbio, condannati i 5 imputati | Pene da 10 a 18 anni

L'accusa aveva chiesto 20 anni per tutti, condanna più pesante ad Alessandro Rossi (legale rappresentante di Greenvest e Green genetics) a 18 anni e un mese
Gio, 29/05/2025 - 17:24

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Sono arrivate oggi pomeriggio (29 maggio) – dopo quasi 7 ore di camera di consiglio – le condanne di primo grado inflitte dalla Corte di Assise di Perugia per l’esplosione nella fabbrica di cannabis light a Canne Greche (Gubbio), dove persero la vita il 19enne Samuel Cuffaro e la 52enne Elisabetta D’Innocenti e rimasero gravemente feriti due giovanissimi dipendenti.

La pena più pesante è toccata ad Alessandro Rossi (legale rappresentante di Greenvest e Green genetics, società che producevano e commercializzavano la cannabis light), condannato a 18 anni e un mese. A Gabriele Muratori (legale rappresentante Green Genetics) sono stati inflitti 14 anni e 20 giorni, così come a Luciano Rossi e al proprietario dell’immobile Giorgio Mosca (entrambi considerati dall’accusa soci occulto e gestori di fatto di entrambe le società). Infine a Maria Gloria Muratori (legale rappresentante Greenvest) 10 anni, 6 mesi e 15 giorni.

Per tutti e 5 gli imputati l’accusa aveva chiesto 20 anni, tutti accusati, a vario titolo, di omicidio volontario con dolo eventuale, lesioni dolose gravissime, omissione di cautele per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e incendio doloso.

La pm Miliani, nella prima requisitoria, aveva già definito quel laboratorio – saltato in aria il 7 maggio 2021 – “un accrocco portatore di morte messo su in una settimana per far soldi. Non si può parlare di incidente sul lavoro ma di duplice omicidio”. Per l’accusa l’esplosione e la tragedia si sarebbero potute assolutamente evitare, prevedendo anche i possibili rischi dell’uso del pentano, impiegato per abbattere irregolarmente il principio attivo della cannabis e renderla quindi “legale”. Quest’ultimo, infatti, alquanto infiammabile, veniva impiegato in lavatrici ad ultrasuoni surriscaldabili e del tutto inadatte a ospitare questa sostanza. Secondo la pm, anche quando l’aria nell’edificio si era fatta irrespirabile, si andò comunque avanti in nome del profitto.

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