Jacopo Brugalossi
E’ lunga l’attesa in vista della lettura della sentenza in merito all'esplosione che annientò la vita dei quattro operai che lavoranvano alla Umbria Olii di Campello. Sono passati 5 anni e 17 giorni. Bisogna attendere ancora quattro ore, quante ne ha preannunciate il giudice Alberto Avenoso prima di ritirarsi in Camera di consiglio. Morena Sabatini, la vedova di Manili, rimane nell’aula deserta; le altre compagne di sventura e l’unico superstite della tragedia, il gruista Klaudio Demiri, raggiungono chi un bar, chi una pizzeria nei pressi del Palazzo di Giustizia. Non hanno affatto fame, è solo un modo per ingannare il tempo.
Poco dopo le 15 la sentenza. C’è chi piange, chi rimane impassibile di fronte alla lettura del giudice. La prima a rilasciare una dichiarazione è Lorena Coletti, la sorella di Giuseppe. “Sono felice per questa sentenza, spero che i 7 anni glieli facciano scontare tutti – dice – ad ogni udienza era come se mio fratello venisse ucciso un’altra volta, ora finalmente giustizia è fatta”.
“Questa sentenza è in linea con l’appello del Capo dello Stato Giorgio Napolitano – dichiara il sindaco Paolo Pacifici – e dimostra che le morti sul lavoro non sono mai una fatalità, c’è sempre un responsabile, che lo Stato e la Legge devono individuare per rendere giustizia alla memoria dei lavoratori morti e dei loro familiari”. Anche l’avvocato Massimo Marcucci, che nel procedimento rappresentava il Comune di Campello, esprime soddisfazione per la sentenza. “Ora rimaniamo in attesa delle motivazioni”, dice. Gli fa eco Sandro Parroni, difensore degli eredi Manili, che commenta: “Sentenza giusta, in linea con i pronostici fatti degli avvocati delle parti civili che avevano previsto 8 anni”.
Parole forti arrivano da Mario Bravi, segretario generale del CGIL dell’Umbria. “Il processo, dopo tanti anni, è arrivato a sentenza – dichiara – ritengo superfluo commentare la misura della pena. Dopo 5 anni c’è finalmente un responsabile. Questo dispositivo, a dispetto di tutto il processo di deresponsabilizzazione portato avanti dal precedente governo di centrodestra, ribadisce il principio della responsabilità. Una sentenza importante per due motivi – prosegue Bravi –; il primo perché la nostra regione detiene il triste record di 20 morti sul lavoro solo in questo 2011 (furono 16 lo scorso anno, ndr). Il secondo, perché avevamo chiesto a Confindustria che Giorgio Del Papa venisse espulso dall’Associazione dopo che aveva accusato i morti. Richiesta che però Confindustria ha voluto inspeigabilmente bocciare”.
Non rilascia alcune dichiarazione il pubblico ministero Albano, ma il sorriso e le strette di mano che scambia con i colleghi della procura e gli avvocati delle parti civili lasciano intendere la sua soddisfazione per l’esito del processo. L'avvocato La Spina abbandona l'aula: spetta a lui infatti comunicare il verdetto a Giorgio Del Papa che, a dispetto di quanto si poteva prevedere, non ha voluto essere in aula al momento della lettura del dispositivo. C'è tempo solo per una breve dichiarazione attraverso la quale il difensore fa intendere l’intenzione di voler ricorrere in appello, “con grande fiducia che la sentenza possa essere ribaltata”.
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