Lo hanno deriso e insultato per anni perché era omosessuale. Non avevano remore ad usare parole offensive. “Si dice che voi quello lo fate meglio delle donne..” gli aveva detto una volta il capo paventandogli la possibilità di licenziamento se non avesse acconsentito all’avance.
E poi quella collega che quando gli passava vicino “ondeggiava i glutei e muoveva la mano con fare effeminato alludendo al suo orientamento sessuale” . La vittima di questo presunto stalking avvenuto in una società privata di Perugia è un ragazzo di 30 anni che adesso è pronto a costituirsi parte civile con l’avvocato Rita Urbani.
Secondo la sua denuncia, avrebbe vissuto cinque anni d’inferno (dal 2010 al 2015) con i colleghi e i superiori che si facevano beffe di lui nel modo peggiore. E poi i superiori lo avrebbero anche fatto oggetto di angherie prettamente lavorative.
Un suo superiore lo avrebbe “costretto a percorrere numerosi chilometri sotto la pioggia e con il freddo in zone impervie assegnandogli un ciclomotore al posto di un’autovettura” e avrebbe “disposto che svolgesse le proprie mansioni in ufficio nei giorni di bel tempo e all’esterno nei giorni di maltempo facendogli percorrere anche 100 km in un giorno” e lo avrebbe “fatto trasferire in una sezione distaccata, senza che gli venisse affidato nessun lavoro, in una condizione di isolamento, solitudine ed emarginazione”.
Dopo quattro anni di soprusi il giovane era stato anche sottoposto ad un trattamento sanitario obbligatorio, tanto aveva sofferto per quanto accaduto. Adesso, il pm Valentina Manuali ha fatto recapitare a sette indagati tra colleghi e superiori, l’avviso di conclusione delle indagini e loro potranno chiedere di essere interrogati. Nel frattempo sia gli indagati che il giovane vittima dei fatti sono stati licenziati al termine di un’inchiesta interna della società.
Tutti i licenziamenti sono stati impugnati.
Omphalos pensa di costituirsi parte civile
“Questo ulteriore episodio di omofobia ci ricorda quanto lavoro c’è ancora da fare sul territorio – commenta Stefano Bucaioni, presidente di Omphalos – chi, all’epoca della discussione della legge regionale contro l’omotransfobia, andava raccontando che questo genere di discriminazioni non esistono, è ancora una volta smentito dai fatti e da una triste realtà che è prima di tutto responsabilità delle istituzioni affrontare seriamente. La Regione Umbria si è dotata di una legislazione avanzata in tema di omofobia e transfobia, che contiene disposizioni importanti anche per il mondo del lavoro. È ora il momento di metterle in pratica”.
Omphalos, che da oltre 25 anni si occupa di discriminazioni e diritti delle persone LGBTI (lesbiche, gay, bisessuali, trans* e intersex), è iscritta nel Registro delle associazioni legittimate ad agire in giudizio a tutela delle vittime di discriminazione e ha dato mandato ai propri legali di valutare la costituzione di parte civile dell’associazione, nell’eventuale processo che si aprirà a seguito della chiusura delle indagini preliminari.
“Come associazione che si occupa di discriminazioni e violenze stiamo valutando la nostra costituzione di parte civile in questo processo – continua Bucaioni – l’omofobia è una vera e propria piaga sociale, che oltre ad arrecare un gravissimo danno alle vittime, alimenta lo stigma e i pregiudizi verso le persone omosessuali. Non siamo più disposti a tollerare simili episodi e continueremo a fare tutto il possibile per dare aiuto e sostegno concreto alle vittime e per contrastare culturalmente e legalmente omofobia e transfobia”.
“Chiediamo inoltre che la stessa valutazione sulla costituzione di parte civile venga fatta anche dalla Regione Umbria – conclude Bucaioni – che in base all’articolo 11 della recente legge regionale contro l’omofobia e la transfobia approvata nell’aprile di quest’anno, può costituirsi parte civile nei casi di violenza commessa contro una persona a motivo dell’orientamento sessuale, che siano di particolare impatto e rilevanza sociale nella vita della comunità regionale”.
(modificato alle ore 16.13)