È partito da Spoleto, dove vive, per arrivare fino alla vetta più alta della cordigliera delle Ande, il monte Aconcagua, ben 6.962 metri sul livello del mare, una delle 7 montagne più alte del mondo e la più alta di tutto il continente americano e di tutto l’emisfero meridionale. Davide Salimbene ha 28 anni, è messinese di origine ed è primo caporal maggiore dei Granatieri di Sardegna, effettivo presso la Caserma Garibaldi di via Cerquiglia. La sua passione sono le escursioni e le arrampicate: da tre anni è iscritto al Cai di Spoleto, dove ha frequentato un corso di arrampicata su roccia presso la scuola di alpinismo di Monteluco.
La prima esperienza in Ecuador – Dopo una prima spedizione in Ecuador, dove aveva superato i 5.000 metri, questa volta l’impresa è stata ben più ardua. Davide Salimbene, infatti, in passato era riuscito a “conquistare” il Los Ilinizas Nord (5.116 metri), quindi, con il suo gruppo, aveva tentato di arrivare anche in cima al Cotopaxi, sempre in Ecuador, alto 5.897. Arrivati a circa 5.300 metri, però, il gruppo era dovuto tornare indietro a causa del malessere che aveva colto uno dei membri della spedizione. Questa volta, però, è riuscito nell’obiettivo, ben più difficile, insieme ad un gruppo composto da persone provenienti da ogni parte del mondo.
Spedizione da tutto il mondo – Oltre al 28enne spoletino acquisito Davide, per l’impresa in Argentina, c’erano infatti: Brian, Bret, Mary, Eliau dagli Usa, Moritz dalla Germania, Francisco dalla Svizzera e Kazuki dal Giappone. Ad accompagnarli alla “conquista” della vetta Argentina tre guide “eccellenti, preparate e molto forti”, racconta Salimbene: “Mariano, argentino, ha iniziato a soli 20 anni a fare la guida. Vladimiro, origini ecuadoriane, trasferitosi in argentina, inizia la carriera da portatore d’alta quota, divenuto guida esperta e veramente forte. Andres detto il Turco (per la sua carnagione scura e barba foltissima), origini calabro-siciliane, guida validissima e divertente”.
Il racconto giorno per giorno – La spedizione verso la conquista del monte Aconcagua (6.962) ha quindi visto l’avvio il 14 febbraio, con l’incontro con Mariano e Vladimiro. Il giorno successivo sono stati fatti i permessi per entrare nel parco provinciale di Aconcagua. Quindi il viaggio con bus da Mendoza a Puente del Inca (2725 mslm) e preparazione dei muli. Il 16 febbraio trekking da Puente del Inca a campo base 1 Confluencia (3300 mslm). Il 17 febbraio trekking da campo base 1 a Plaza Francia (4000) e ritorno al campo base 1. Il 18 da campo base 1 a campo base 2 Plaza de Mulas (4260). Il 19 giornata di riposo. Il 20 salita al monte Bonete (5100) necessario per accelerare il processo di acclimatazione. Il 21 trasporto viveri (circa 15 kg) al campo 1 Canadá (4910) e ritorno al campo base 2. Il 22 spostamento al campo base 1. Il 23 spostamento campo base 1 a campo base 2 Nido de Condores (5250). Il 24 giornata di riposo. Il 25 trasporto viveri (circa 6 kg) dal campo base 2 al campo base 3 Berlin (5900). Il 26 spostamento da campo base 2 a campo base 3. Il 27 febbraio finalmente il raggiungimento della vetta monte Aconcagua (6962) e rientro al campo base 3. Il 28 spostamento da campo base 3 Berlin (5900) a Plaza de Mulas (4260). Il 29 lungo trekking da Plaza de Mulas a Puente del Inca (circa 8 ore).
La giornata della vetta – Questa è stata, racconta Davide Salimbene, la giornata in cui finalmente è stato raggiunto l’ambizioso obiettivo: “Sveglia (sveglia per modo di dire, notte insonne a causa delle fortissime raffiche di vento ed ai malesseri degli altri componenti) alle 3:15, colazione misera per via dell’altitudine, dal giorno prima soffrivo un senso di inappetenza. Partenza dal campo 5:30 in punto. Marcia ed arrampicata su facili roccette praticata alla sola luce delle frontali, freddo e vento estremo. L’alba è stata emozionante. Arrivato il sole, aumenta il vento e con esso la percezione del freddo che ha abbondantemente superato i -20 C`. Continua l’estenuante salita tra rocce, detriti e ghiaccio. In certi tratti il vento sembra sollevarci da terra. Dopo i 6500 mslm la rarefazione dell’aria inizia a farsi sentire, si arranca, c’è chi vomita e tossisce rabbiosamente. Domanda comune: perché? Ma si continua, mancano solo 3-4 ore dove si trova il tratto più impegnativo “la canaleta”…calzati i ramponi iniziamo la salita, mi convinco “mancano solo 3 ore! Dai!”, 20 passi e 5 secondi di riposo, cosi per 3 ore! Ore 13:44 raggiungo la vetta del cerro Aconcagua! Attendiamo il resto del gruppo e dopo le foto di rito con i visi euforici ma distrutti riprendiamo la discesa, forse la parte più impegnativa di tutta la spedizione. 5 lunghe ore ci attendono prima di poter riposare (male) nelle nostre tende. Incredibile esperienza!”.